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Come siamo caduti in basso in TV!
Capisco il livello
medio dei miei connazionali...
Io capisco, perché sono persona comprensiva, che
ventiquattro ore siano lunghe e che di conseguenza la programmazione non possa
mantenere sempre livelli di qualità eccelsa, ma io vorrei invitare i miei
lettori a riflettere intorno ai programmi della nostra televisione e poi trarre
assennate conclusioni. Lo spunto mi viene da un programma di intrattenimento
della nostra Rai (io lo chiamerei di “maltrattamento”, del buon senso) che va in
onda intorno alla 14 e che mi son sorbito recentemente e distrattamente fra un
boccone e l’altro, ma non tanto distrattamente da non percepirne in tempo reale
l’alto tasso di insulsaggine perché questo programma, state a sentire, trattava
degli uomini “avuti” da una certa “valletta”, tutti uomini importanti si
capisce, perché una valletta mica può farsi fotografare in compagnia del Carlo
Rossi di Casalpusterlengo, e tutto questo dipanarsi di sciocchezze veniva
offerto al pubblico dello studio dove trovavano giusta e onesta collocazione
l’immancabile psicologo da salotto, la psicologa (per la par condicio, si
capisce), lo scrittore sconosciuto che non legge nessuno, il giornalista free
lance e altra fauna che evidentemente quel pomeriggio non aveva nulla di meglio
da fare che starsene sotto gli infernali riflettori di uno studio televisivo a
prendere una tintarella. Io non ce l’ho con le “vallette”, per carità, però chi
organizza i palinsesti della Rai deve spiegarmi lo scopo e le finalità di questi
programmi perché io da solo proprio non ce la faccio.
Quasi senz’altro questi programmi continueranno anche nei prossimi giorni e
magari avranno un carattere giornaliero e allora io mi chiedo Dio mio come siamo
caduti in basso e capisco il livello medio dei miei connazionali che vanno
instupidendosi vieppiù con programmi di questo genere. Ma l’amenità più grande
era costituita dai soliti discorsi che vorrebbero far credere alla gente che si
è raggiunta una posizione facendo leva esclusivamente sulle proprie forze e che
la strada che ha portato al loro successo è lastricata di pietre refrattarie ai
compromessi quando anche una persona di intelligenza mediocre sa benissimo che
si fa strada solamente se si hanno conoscenze. E se non ci credete provate a
pensare al figlio di Piero Angela e poi ditemi se non ho ragione. Anch’io nel
mio piccolo sono riuscito a ottenere un po’ di spazio perché la vita mi ha fatto
incontrare le persone giuste al momento giusto, fino agli anni Settanta scrivevo
solamente per la cronaca locale del Resto del Carlino ma mi sarebbe piaciuto
assai poter collaborare alle pagine nazionali e, ingenuamente, avevo pure
tentato di inviare qualche pezzo pensando che il mio nome fosse noto ancorché
limitatamente alla cronaca locale e naturalmente tutti finirono nel cestino poi
un bel giorno succede che qui a Ravenna conferiscono il premio Guidarello a don
Francesco Fuschini e alla sera, durante la cena che immancabilmente chiude ogni
premio che si rispetti, incontro il critico letterario che a quei tempi curava
la pagina dei libri del quotidiano e il caso volle che il vino mi avesse un po’
allentato i freni inibitori e così gli dissi, senta un po’, non è che le
dispiacerebbe di ospitare nella sua pagina la recensione di qualche libro
scientifico, a questo punto mi aspettavo un bel no e invece il critico
letterario ci pensa un po’ e poi mi dice e perché no, me ne mandi uno e così
partì la mia collaborazione alle pagine nazionali e un bel giorno torno a casa e
mia suocera, capitata per caso ad accudire i miei bambini, mi dice sai ti ha
chiamato il direttore del Carlino e io anziché osannare pensai ad uno scherzo di
pessimo gusto e invece chiamo al numero che aveva lasciato ed era proprio lui in
persona che mi dice, vedo spesso la sua firma nella pagina dei libri, perché non
mi scrive qualcosa per la terza pagina e così è partita la mia collaborazione
alle pagine nazionali ma state pur certi che se io telefonavo al giornale per
offrire la mia collaborazione alla terza pagina mi avrebbero sicuramente riso in
faccia e tutto questo per dire che quei discorsi della “valletta” erano proprio
sballati a meno che non ritenesse tutti cretini quelli che la stavano ad
ascoltare.
Mentre scrivo nevica e io purtroppo non ho più l’età da starmene alla finestra
col naso schiacciato sul vetro a vedere lo spettacolo né domani ci sarà la
maestra che mi imporrà di scrivere qualche pensierino sulla neve, scende la
neve, lenta lenta e mi viene in mente la “zangola” di Pascoli e quel quadretto
di vita domestica che mi induceva tristezze infinite, ero bambino e mi
obbligavano a imparare a memoria la Cavallina storna, il Valentino vestito di
nuovo e il Passator cortese che era il re della strada e della foresta, ma io
avevo nel cuore il desiderio del sole e delle corse nei campi a rincorrere le
farfalle, parevano petali di fiori cullati dal vento e io mi divertivo a
cacciarle col retino per poi appiccicarle con uno spillo su un cartone e poi
cacciavo anche ragni, insetti, coleotteri, ditteri… nevica e io penso a Omar
Sivori che non è più, era l’idolo di noi ragazzini, specie di quelli juventini,
grande Omar, funambolo del calcio che insieme a John Charles e a Giampiero
Boniperti formò uno dei tris d’attacco più esplosivi della Juve… Omar Sivori, la
neve che scende… ma l’assedio dell’inverno non fa più paura perché sui rami
spogli già si sentono fremere di vita le gemme e presto i muri accoglieranno il
verde palpitare delle lucertole.
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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