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Ravenna, 21 febbraio 2005


di memoria, cultura e molto altro...

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Come siamo caduti in basso in TV!
Capisco il livello medio dei miei connazionali...

Io capisco, perché sono persona comprensiva, che ventiquattro ore siano lunghe e che di conseguenza la programmazione non possa mantenere sempre livelli di qualità eccelsa, ma io vorrei invitare i miei lettori a riflettere intorno ai programmi della nostra televisione e poi trarre assennate conclusioni. Lo spunto mi viene da un programma di intrattenimento della nostra Rai (io lo chiamerei di “maltrattamento”, del buon senso) che va in onda intorno alla 14 e che mi son sorbito recentemente e distrattamente fra un boccone e l’altro, ma non tanto distrattamente da non percepirne in tempo reale l’alto tasso di insulsaggine perché questo programma, state a sentire, trattava degli uomini “avuti” da una certa “valletta”, tutti uomini importanti si capisce, perché una valletta mica può farsi fotografare in compagnia del Carlo Rossi di Casalpusterlengo, e tutto questo dipanarsi di sciocchezze veniva offerto al pubblico dello studio dove trovavano giusta e onesta collocazione l’immancabile psicologo da salotto, la psicologa (per la par condicio, si capisce), lo scrittore sconosciuto che non legge nessuno, il giornalista free lance e altra fauna che evidentemente quel pomeriggio non aveva nulla di meglio da fare che starsene sotto gli infernali riflettori di uno studio televisivo a prendere una tintarella. Io non ce l’ho con le “vallette”, per carità, però chi organizza i palinsesti della Rai deve spiegarmi lo scopo e le finalità di questi programmi perché io da solo proprio non ce la faccio.
Quasi senz’altro questi programmi continueranno anche nei prossimi giorni e magari avranno un carattere giornaliero e allora io mi chiedo Dio mio come siamo caduti in basso e capisco il livello medio dei miei connazionali che vanno instupidendosi vieppiù con programmi di questo genere. Ma l’amenità più grande era costituita dai soliti discorsi che vorrebbero far credere alla gente che si è raggiunta una posizione facendo leva esclusivamente sulle proprie forze e che la strada che ha portato al loro successo è lastricata di pietre refrattarie ai compromessi quando anche una persona di intelligenza mediocre sa benissimo che si fa strada solamente se si hanno conoscenze. E se non ci credete provate a pensare al figlio di Piero Angela e poi ditemi se non ho ragione. Anch’io nel mio piccolo sono riuscito a ottenere un po’ di spazio perché la vita mi ha fatto incontrare le persone giuste al momento giusto, fino agli anni Settanta scrivevo solamente per la cronaca locale del Resto del Carlino ma mi sarebbe piaciuto assai poter collaborare alle pagine nazionali e, ingenuamente, avevo pure tentato di inviare qualche pezzo pensando che il mio nome fosse noto ancorché limitatamente alla cronaca locale e naturalmente tutti finirono nel cestino poi un bel giorno succede che qui a Ravenna conferiscono il premio Guidarello a don Francesco Fuschini e alla sera, durante la cena che immancabilmente chiude ogni premio che si rispetti, incontro il critico letterario che a quei tempi curava la pagina dei libri del quotidiano e il caso volle che il vino mi avesse un po’ allentato i freni inibitori e così gli dissi, senta un po’, non è che le dispiacerebbe di ospitare nella sua pagina la recensione di qualche libro scientifico, a questo punto mi aspettavo un bel no e invece il critico letterario ci pensa un po’ e poi mi dice e perché no, me ne mandi uno e così partì la mia collaborazione alle pagine nazionali e un bel giorno torno a casa e mia suocera, capitata per caso ad accudire i miei bambini, mi dice sai ti ha chiamato il direttore del Carlino e io anziché osannare pensai ad uno scherzo di pessimo gusto e invece chiamo al numero che aveva lasciato ed era proprio lui in persona che mi dice, vedo spesso la sua firma nella pagina dei libri, perché non mi scrive qualcosa per la terza pagina e così è partita la mia collaborazione alle pagine nazionali ma state pur certi che se io telefonavo al giornale per offrire la mia collaborazione alla terza pagina mi avrebbero sicuramente riso in faccia e tutto questo per dire che quei discorsi della “valletta” erano proprio sballati a meno che non ritenesse tutti cretini quelli che la stavano ad ascoltare.
Mentre scrivo nevica e io purtroppo non ho più l’età da starmene alla finestra col naso schiacciato sul vetro a vedere lo spettacolo né domani ci sarà la maestra che mi imporrà di scrivere qualche pensierino sulla neve, scende la neve, lenta lenta e mi viene in mente la “zangola” di Pascoli e quel quadretto di vita domestica che mi induceva tristezze infinite, ero bambino e mi obbligavano a imparare a memoria la Cavallina storna, il Valentino vestito di nuovo e il Passator cortese che era il re della strada e della foresta, ma io avevo nel cuore il desiderio del sole e delle corse nei campi a rincorrere le farfalle, parevano petali di fiori cullati dal vento e io mi divertivo a cacciarle col retino per poi appiccicarle con uno spillo su un cartone e poi cacciavo anche ragni, insetti, coleotteri, ditteri… nevica e io penso a Omar Sivori che non è più, era l’idolo di noi ragazzini, specie di quelli juventini, grande Omar, funambolo del calcio che insieme a John Charles e a Giampiero Boniperti formò uno dei tris d’attacco più esplosivi della Juve… Omar Sivori, la neve che scende… ma l’assedio dell’inverno non fa più paura perché sui rami spogli già si sentono fremere di vita le gemme e presto i muri accoglieranno il verde palpitare delle lucertole.

Franco Gàbici


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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .


 

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