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"Nessuna idea, nelle parole e nei motivi"
Così Ennio Flaiano giudicava il Festival di Sanremo
del 1968...e quello di quest'anno?
Per
fortuna c’è il festival di Sanremo, sennò in questo periodo non saprei proprio
cosa scrivere, a differenza dei miei colleghi della carta stampata e
televisiva che invece riempiono colonne su colonne coi discorsi sul freddo,
ovviamente denominato “polare”, come se un inverno freddo dovesse fare notizia.
Da che mondo è mondo l’inverno è sempre stato freddo e dunque siamo nella norma.
Siamo nel 2005, proclamato “anno mondiale della fisica”, ma vuoi mettere la
“fisica” con “Sanremo”? Nemmeno per sogno, meglio Sanremo, una manifestazione
canora che occupa tutta una settimana costringendo gli italioti a lunghissime
maratone. Ma per fortuna il Festival consente anche di fare un po’ di cultura e
mentre tutti cospargono di incenso la manifestazione io voglio andare
controcorrente passandovi queste considerazioni che il grande Ennio Flaiano
scrisse nel 1968 e che si possono leggere in “Diario degli errori” e che io
sottoscrivo in pieno “Ho visto alla televisione scrive dunque Flaiano - una
delle serate di Sanremo. Ero a cena in casa di amici e non ho potuto sottrarmi.
Questi amici intendevano vedere la trasmissione per ragioni di studio, essendo
psicologhi (sic) e interessati ai fenomeni della cultura di massa. Alla fine mi
sono accorto che a loro quella roba piaceva. Il fatto che a cantare fossero dei
giovani, serviva a garantirli che la loro approvazione rientrava nell’aspetto
giovanile del fenomeno. La verità è che a me lo spettacolo, non so più se
ridicolo o penoso, di quella gente che urla canzoni molto stupide e quasi tutte
uguali, lo spettacolo mi è parso di vecchi. Comunque, se la gioventù è questa,
tenetevela. Non ho mai visto niente di più anchilosato, rabberciato, futile,
vanitoso, lercio e interessato. Nessuna idea, nelle parole e nei motivi.
Nessuna idea nelle interpretazioni. E alcune mi venivano segnalate come
particolarmente buone. C’era un tale per esempio, coi capelli alla bebè che
sembrava protestare contro il fatto che dei malintenzionati gli tirassero delle
pietre. Non si capiva perché si lamentasse tanto. Avrebbe voluto che gli
tirassero delle bombe? Oppure? Che un tipo simile venga lapidato dovrebbe essere
normale. E’ brutto, sporco e probabilmente velenoso.
So bene che è inutile lamentarsi sui risultati di una politica
produzione-consumo. Interessi economici molto forti possono modificare non
soltanto il
gusto, ma la biologia di un popolo che cade in questa impasse. La trasmissione
era ascolta, dicono, da 22 milioni di telespettatori, che è quasi dire tutta
Italia il paese dei mandolinisti”.
Flaiano fa riferimento all’edizione del 1968, che vide l’esibizione di Antoine
(il soggetto delle “pietre”!) ma anche il successo finale di Sergio Endrigo
con “Canzone per te”, il cui testo era stato scritto da Sergio Bardotti,
laureato in lettere all’Università di Pavia e uno dei personaggi più importanti
della nostra musica leggera. Fu anche direttore artistico dell’Arc, che era la
linea giovane della Rca (Arc era l’anagramma di Rca) che aveva l’etichetta
verdina e che lanciò Dalla, il gruppo The Rockes e Dino, che interpretava la
bellissima “Te lo leggo negli occhi” firmata dalla premiata ditta Bardotti-
Endrigo. Però tutto questo non toglie nulla alle insulsaggini sanremesi e del
resto non è detto che un Endrigo debba fare necessariamente primavera, anzi, e
poi questa primavera proprio non ne vuol sapere di uscire, io me la immagino,
questa bella fanciulla tutta inghirlandata di fiori come la donzelletta di
Leopardi che se ne sta a scalpitare dietro le quinte del tempo in attesa che
questo vecchio inverno si tolga dai piedi con la sua barba bianca di neve, con
gli alberi spogli e tutto il resto… ma arriverà, oh sì se arriverà e dopo la
primavera la grassa estate e qui ritorno a Flaiano, che scrisse “non c’è che
una stagione l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la
ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia”. Così si legge a
pagina trenta del suo “Diario degli errori” mentre nella pagina successiva, al
paragrafo sessantuno, il grande Ennio ricorda la morte di Leo Longanesi “Ieri
è morto Longanesi a Milano. Mi dispiace molto. Era il più vivace e sincero di
tutti…”. Di Longanesi ricorderemo invece il centenario della nascita, che cade
proprio quest’anno. Certo, se fosse stato di sinistra gli avrebbero preparato
delle celebrazioni coi fiocchi, ma purtroppo era fascista, ancorché “sui
generis”, sì perché Leo era un fascista antifascista e poi, via, prima di
giudicare la gente si abbia la compiacenza di leggerla. E se una persona è
intelligente lo è a prescindere dal suo “colore”. Ma di Leo avremo occasione di
parlare ancora. Ovviamente, dopo Sanremo.
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002) .
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