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                  Ravenna, 4 luglio 2005



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Il Missile sulla Cometa
Per l'Indipendence Day 2005 gli Usa hanno fatto le cose in grande, "hanno preso a cannonate" la cometa Tempel 1, naturalmente per motivi di studio ... Missione riuscita e prova generale se un giorno la Terra corresse il rischio di qualche impatto pericoloso.

Per la grande festa dell’indipendenza gli americani hanno fatto le cose alla grande, all’americana come si dice in questi casi. Nel gennaio scorso, infatti, la Nasa ha lanciato una sonda per realizzare una impresa spaziale che fino ad oggi nessuno si era mai sognato di fare: prendere a cannonate una cometa!
Sembrava una di quelle cose fuori di testa che potevano accadere solo in tempi passati. Fa parte della aneddotica di ogni buon divulgatore, infatti, l’episodio di un re che aveva preso alla lettera i versi del “Giulio Cesare” (atto II, scena II) di Shakespeare “Quando muoiono i derelitti non appaiono comete: i cieli preannunciano, invece, la morte dei prìncipi”. Il re, allora, infastidito dall’arrivo della cometa (penso si trattasse della Halley), preparò uno scherzetto all’astro chiomato: salì sulla torre più alta del suo castello e ordinò ai suoi artiglieri di prendere a cannonate la cometa. Così la menagrama sarebbe stata sistemata.
La storia, per strampalata che sia, si è ripetuta e oggi sono gli Usa a prendere a cannonate la cometa, non certo perché la considerano una menagrama ma per capire cosa nasconda dentro alla sua pancia. Per questo motivo lanciarono la sonda “Deep Impact” e fecero le cose in modo che da questa partisse un proiettile che andasse a colpire la cometa “Tempel 1” non in un giorno qualsiasi, ma proprio il 4 luglio, festa dell’indipendence day.
Il proiettile, un cubo di un metro di spigolo, pesa 362 Kg e andrà a impattare contro la cometa ad una velocità di 37.000 Km/h causando un cratere grande quanto un campo di calcio e profondo una ventina di metri. Ovviamente farà un gran polverone e la cometa dovrebbe aumentare la sua luminosità di una quarantina di volte e con un po’ di fortuna potrebbe anche essere osservabile ad occhio nudo, nella costellazione della Vergine, fra Giove e Spica. Ma non contateci troppo, queste osservazioni son robe da astrofili e poi i nostri cieli sono troppo inquinati.
Scopo della missione, che è costata 333 milioni di dollari, non è certo quello di mostrare a tutto il mondo un bel fuoco d’artificio cosmico, ma di tentare di carpire qualche segreto sulla composizione delle comete. E siccome a buona parte della gente interessa poco o nulla come sia costrutta una cometa, ecco che la missione ha un risvolto emotivamente più spendibile: Deep Impact, in sostanza, sarebbe una prova generale di tiro al bersaglio che in un futuro più o meno prossimo potrebbe tornar buono per preservare il nostro vecchio pianeta da eventuali impatti cosmici, sicuramente improbabili ma tuttavia possibili. Detto in altre parole, se una cometa o un asteroide diventano minacciosi per noi, potremo bombardarli e farli deviare dalle loro orbite e allontanare il pericolo. Ciò non succederà per la “Temple 1” perché il proiettile causerà un botto corrispondente a 4 tonnellate di tritolo che farà deviare la cometa solamente di una decina di metri.
Dunque non succederà nulla di grave e praticamente la cometa continuerà a danzare attorno al Sole. Però non si sa mai e in nome del vecchio detto “scherza coi fanti e lascia stare i santi”, dove per “santi” possiamo intendere più in generale le “cose celesti”, si è levata la protesta di un a astrologa che ha perfino preteso un risarcimento di 240 milioni di dollari perché quel bombardamento è da considerare un attentato contro lo stato naturale dell’universo e distrugge l’equilibrio naturale delle forze del cosmo. E invece ogni cosa, per quanto brutta possa sembrare, presenta sempre un aspetto positivo. Se un oroscopo si presenta negativo perché Giove o Saturno si trovano in una certa zona di cielo o se qualcuno si alza al mattino con la Luna storta, in un prossimo futuro si potrebbero inviare proiettili per disturbare i pianeti o per raddrizzar la Luna e così un oroscopo negativo potrebbe trasformarsi per incanto in positivo.
Bombardare i pianeti, allora, significherebbe anche diventare padroni del nostro destino. Sarebbe la conquista più grande del nostro tempo!

  Franco Gàbici

Le Monnier ha pubblicato un volume di Pierpaolo Antonello, "Il ménage a quattro. Scienza, filosofia, tecnica nella letteratura italiana del Novecento", dove a pag. 25 si legge:"Nello sceverare la 'tettonica' della vicenda conoscitiva e espressiva di Gadda, conviene cominciare, anche per ragioni cronologiche, da quella che Franco Gàbici chiama la "placca" dell'ingegnere, ovvero dalla "saviezza tecnica" su cui si dovrebbe fondare la vita civile dell'uomo... " (Franco Gàbici, "Gadda, il dolore della cognizione", Simonelli Editore). Grazie della corretta citazione a Pierpaolo Antonello che insegna letteratura italiana a Camdridge (Inghilterra). La sua esemplare correttezza è encomiabile visto che molti suoi colleghi, che evidentemente non hanno respirato aria inglese, hanno nei circa dieci anni di vita della Simonelli Editore attinto a tanti dei nostri libri considerandoli libero terreno di caccia loro...


Simonelli Editore consiglia di leggere:
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 


 

 

 

 

 

Franco Gàbici

 

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