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                  Ravenna, 14 giugno 2005



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Il mistero di "The Piano Man"
Forse lo smemorato trovato sull'isola di Sheppey (Kent) e che si esprime soltanto suonando il piano ha preso alla lettera la conclusione del Giovane Holden: “Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti”.

Certe notizie, come direbbe Holden Caufield (più noto come “il giovane Holden”), mi lasciano secco. Leggo sul giornale una vicenda che ha dell’incredibile. Ve la racconto un po’ per volta, giusto così, per creare un po’ di suspence. Perché, se non conoscete già la vicenda, questa storia ha davvero dell’incredibile.
Dunque, state a sentire. E’ il 7 aprile, è una notte buia e tempestosa e le onde sferzano senza misericordia le cose dell’isola di Sheppey (Kent), uno dei luoghi vacanzieri più “in” dell’Inghilterra. In questo clima di burrasca i fari di un'auto della polizia illuminano un giovanotto di circa trent’anni, bagnato fradicio e con lo sguardo perso. E’ vestito tutto elegante ma non riesce a spiccicare nemmeno una parola. E’ stravolto e muto. Lo ricoverano in un pronto soccorso, ma il giovanotto continua a non parlare, anzi mostra fastidio e a volte si raggomitola su se stesso come un animale. A un certo punto uno psicologo ha l’illuminazione giusta. Dice che forse sarebbe il caso di lasciarlo in pace e di metterlo in una camera, da solo, non prima però di avergli affidato un foglio di carta e una matita. Qualcosa dovrebbe succedere.
E infatti il giorno dopo il foglio presenta un incredibile messaggio, il disegno di un pianoforte a coda.
Per sua fortuna, nella cappella dell’ospedale c’è proprio un pianoforte e la sua tastiera sembra un larghissimo sorriso in bianco e nero, il canto di una sirena alla quale il pianista smemorato sembra non restare indifferente. E infatti si siede alla tastiera e continua a suonare, come trasformato. La notizia, ovviamente, corre per tutta l’Inghilterra e il giovanotto viene subito battezzato “the piano man”. Suona divinamente bene, pezzi noti e sconosciuti e qualcuno pensa che i brani sconosciuti potrebbero essere sue composizioni. Che sia un pianista, dunque, non c’è nessun dubbio e immediatamente si cerca di individuare un’orchestra che abbia perso un pianista.
Detta così la cosa fa un po’ ridere perché un pianista mica è un soprammobile e non credo che esista nessuna orchestra al mondo che si accorga all’ultimo minuto di aver perso un concertista. Sapevo, per una mia antica consuetudine alla visione di film western, che sul pianista non si dovesse sparare, ma non ero affatto a conoscenza che un pianista si potesse smarrire così come si perde un mazzo di chiavi.
Nel frattempo lo hanno trasferito in un manicomio mentre si continua a lanciare appelli sui giornali e il fatto incredibile è che ai centralini di giornali e televisioni giungono continuamente notizie di smarrimenti, come se smarrire un pianista fosse la cosa più naturale del mondo. E poi mica è detto che questo giovanotto sia un pianista. Sì, d’accordo, è tutto vestito di nero ed è molto elegante, ma potrebbe essere un distinto signore che ha l’hobby del pianoforte.
Il cappellano Amos sostiene invece che il giovanotto è vestito così non per via del suo mestiere di concertista, ma perché poteva essere reduce da un funerale.
Ma dal momento che il giovanotto è stato raccolto sulla spiaggia si presume che la sua provenienza potrebbe essere una nave e, che io sappia, non si fanno funerali sulle navi. E poi perché proprio un funerale? Non poteva essere vestito così perché reduce da un matrimonio, o da una serata di gala, o da una festa di laurea?
Mistero. “The piano man”, nel frattempo, continua a suonare e il direttore dell’ospedale psichiatrico è tutto felice perché nessuno dei suoi pazienti suona come lui e magari pensa che sarebbe stato molto peggio se il giovanotto, anziché essere un pianista, fosse stato un suonatore di trombone!
Il giornale ha pubblicato anche la foto. Ha due occhi tristi e il volto del bravo ragazzo. E io lo immagino seduto al suo pianoforte e penso a quella musica che lo fa rivivere e che gli dà una identità. Può anche darsi che sia veramente felice e che abbia bisogno solo di musica per poter vivere. La musica è la sua dimensione e forse l’unica via per entrare dentro se stesso. Non gli interessa altro. Le dita accarezzano la tastiera e lui immagina cieli stellati e rossi tramonti. E’ felice così.
Ma a questo mondo nessuno ha il diritto di essere felice. Per questo lo hanno sbattuto in uno stramaledetto manicomio in attesa che riveli la sua identità. E intanto il pianista misterioso continua ad accarezzare la tastiera, dimentico di tutto. Forse, inconsciamente, ha preso alla lettera la conclusione del “Giovane Holden”:
“E’ buffo. Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti”.

  Franco Gàbici


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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

 


 

 

 

 

 

Franco Gàbici

 

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