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                  Ravenna, 25 luglio 2005



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...e di anniversario in anniversario,
ecco quello di Augusto Frassineti

Scrittore satirico e raffinato traduttore. A una sua commedia si ispiurò Dario Fo. Il suo libro più famoso? «Misteri dei Ministeri».

Prima o poi questa bollicina dovevo scriverla, anche se mi rendo conto che sicuramente mi farò una nutrita schiera di nemici, ma dire la verità a volte fa soffrire e pertanto mi getto stoicamente fra le braccia dei miei nemici che mi faranno a pezzettini e mi diranno dell’insensibile. Ma io insisto col dire che certe cose si debbano esternare, le sento come un imperativo e allora voi mi direte ma cosa avrà mai da dirci questo “bollicinaro” e io vi accontento subito e vi dico che intendo dedicare qualche considerazione sui cani, ma soprattutto sui padroni di queste carissime bestiole.
Ogni estate, puntuali come le rondini a primavera, arrivano le notizie sui cani abbandonati con tanto di commento che chi abbandona gli animali non è persona degna di essere annoverata nel consorzio degli uomini perché fa male al cuore vedere queste povere bestie lasciate a se stesse, abbandonate lungo le strade e autostrade, sole e solette e con dentro agli occhi tutte le malinconie dell’universo e questi servizi, ahimé, li ascoltiamo un giorno sì e un giorno no (d’estate non si sa proprio cosa scrivere, ma una volta, almeno, intendo dire gli anni Cinquanta, d’estate si tiravan fuori gli Ufo, che era pur sempre un argomento molto più elettrizzante dei cani abbandonati, oh sì) ma non ho mai ascoltato un servizio, dico uno, che ponga sul tappeto il problema dello "starnazzare" dei cani che in certi momenti assume proporzioni bibliche.
Voi sapete che esiste l’Enpa (Società protezione degli animali), un sodalizio al quale una volta venivano iscritti automaticamente i ragazzini delle scuole medie inferiori così la avrebbero piantata di andare a caccia di lucertole, di tirar la coda ai gatti e via discorrendo, ma accanto a questo ente che protegge gli animali vorrei che ne esistesse uno che si prendesse la briga di proteggere anche gli uomini, nella fattispecie dagli urli, latrati, guaiti e "starnazzamenti" vari di questi cani. Chi lascia che il proprio cane offra gratuitamente al vicinato un concerto è un vero maleducato e io vorrei tanto che venissero istituiti degli appositi servizi formati da persone, regolarmente provviste di licenza si capisce, che se ne andassero in giro coi lanciafiamme e una volta individuato il cane lo incenerissero dopo una latrata di cinque minuti consecutivi (ovviamente oltre al laciafiamme questa task force che lavora in nome dell’educazione dovrebbe essere munita anche di uno strumento, il cinometro, in grado di misurare l’estensione temporale della latrata). Amen. Mi rendo conto di avere esagerato, però quando per tutto un giorno un cane ti ha martoriato i timpani senza che il padrone abbia ritenuto necessario intervenire per far smettere l’ugola pelosa, beh, certe cose vengon fuori spontanee e del resto anche il grande Gadda ce l’aveva su coi cani eccome, tant’è che aveva pure trovato un rimedio che consentiva in una operazione tutto sommato complicata (i geni, si sa, non sono per le cose semplici) che si esplicava in due tempi. Primo gettare burro fritto dentro alle orecchie dei cani. Secondo versare lo stesso liquido nell’ombelico dei loro padroni. E a considerare il gran can can dei cani c’è da dire che l’industria casearia ne trarrebbe sicuramente non poco beneficio. A me piacciono i cani, li ritengo animali nobili e intelligenti (il gatto, però, lo è sicuramente di più, questo detto per inciso), però vorrei che altrettanto nobiltà e intelligenza si trovasse nelle zucche dei loro padroni.
Mentre sto scrivendo la mia settimanale bollicina il cagnazzo che sta ad un tiro di sasso da casa mia continua a guaire e a mugolare perché è solo, mentre i loro padroni, che la peste li colga, sono lontani, magari al mare a prendere il sole. E allora mi vien voglia di urlare un proclama rivolto a tutti quelli che non possiedono cani affinché venga istituito immediatamente un sodalizio che ci perseveri dalla maleducazione dei padroni dei cani, uniamoci tutti e magari lanciamo la proposta di un referendum. Ma credo sia praticamente impossibile combattere contro la maleducazione. Si sono estinti i dinosauri, è caduto l’impero romano, ma imbecillità e maleducazione prospereranno sempre. Il fatto è che, come diceva la buon’anima di Longanesi, la mamma degli imbecilli (e dei maleducati) è sempre incinta e allora bisogna arrangiarsi da soli. Andrò a comprami un fornellino da campo con tanto di bombola, una padellina e una buona scorta di burro. Poi tenterò di mettere in pratica il suggerimento di Gadda, versando il burro fritto dentro alle orecchie dei cani e agli ombelichi dei loro stramaledetti padroni. Gliela farò vedere io, oh sì se gliela farò vedere.

  Franco Gàbici

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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

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Franco Gàbici  

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