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                  Ravenna, 18 luglio 2005



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...e di anniversario in anniversario,
ecco quello di Augusto Frassineti

Scrittore satirico e raffinato traduttore. A una sua commedia si ispiurò Dario Fo. Il suo libro più famoso? «Misteri dei Ministeri».

Centenari, bicentenari, tricentenari, multipli di dieci o di venticinque porgono la guancia alla carezza degli anniversari. Chissà perché. Che ne direste se uno attaccasse un pezzo così centodiciannove anni fa nasceva… oppure settantuno anni fa moriva…? Ma va! Fossimo vissuti nel Medioevo, però, le cose sarebbero andate diversamente perché loro, i medioevali, avevano la mania del “tre” e così eventuali giornalisti avrebbero scritto “novantanove anni fa… eccetera, eccetera”.
Dante ha scritto la Commedia tenendo presente il “tre” e i suoi multipli tre cantiche di 33 canti ognuna (però, poi, ne ha aggiunto uno per fare cento!). Comunque, noi siano figli del nostro tempo e dobbiamo attenerci alle regole del dieci e dei suoi multipli e così andando a rimestolare dentro al pentolone del tempo passato resta attaccato al mestolo un altro anniversario. E’ un ventennale vabbè, però è pur sempre meglio di nulla, il convento non passa altro e poi ci dà l’occasione di parlare di un personaggio straordinario, per quanto pochissimo conosciuto.
Si chiama Augusto Frassineti, romagnolo di Faenza (la città della ceramica, che ha un teatro molto carino nel quale, udite udite, Umberto Bindi trasse ispirazione nel 1960 per scrivere la sua meravigliosa canzone Il nostro concerto. Scommetto che questa non la sapevate!). Dunque Frassineti, nato a Faenza nel 1911 e morto a Roma nel 1985, scrittore satirco ma anche raffinato traduttore. A una sua commedia si è pure ispirato Dario Fo.
Frassineti è fratello di Orazio e Giovenale nel senso che si è dedicato soprattutto alla satira, un genere poco amato da noi, che abitiamo un paese dove in mezzo a tante cose che fanno ridere pochissimi trovano invece il gusto di riderci sopra. Lui, il Frassineti, ci ha provato e il suo nome è scritto oggi a chiare lettere nel gran libro della letteratura, anche se pochi intimi lo conoscono e lo apprezzano. Il suo libro più famoso è del 1952. Si chiamava “Misteri dei Ministeri” e il titolo è tutto un programma. Einaudi ne fece una versione aggiornata nel 1973 con la bandella di copertiuna scritta da Italo Calvino, che inneggiava al libro e soprattutto al genere.
Ma Frassineti ha scritto anche “Lo spirito delle leggi” (Il Mulino, 1989), un libretto che mette il dito nella piaga di certi umorismi involontari che annidano nei meandri delle pubbliche amministrazioni. Si legge, ad esempio, nel capitolo Leggina Leggina Legge Regina, che “veleggiava ancora a quell’epoca, nel flusso quotidiano dei carteggi tra gabinetto e gabinetto, un annoso progetto di legge per la soppressione di alcune migliaia di Enti sopravvissuti alle loro funzioni o addirittura nati senza funzione alcuna, per pura attitudine a godere della vita parastatale in sé”. Non è fantastico? Frassineti scriveva queste cose nel 1962, ma nel 1983 aggiungeva ai suoi racconti delle note nelle quali si legge quest’altra notizia straordinaria “Mi piacerebbe sapere scrive Frassineti cosa ne è stato (o ne è) dell’Ente Spielberg, il cui fine istituzionale era (o è?) di portare ogni anno una rosa in America sulla tomba di Piero Maroncelli e il cui contributo governativo si trovava (o si trova?) iscritto nel bilancio del Ministero della Difesa”.
Succede anche che il Provveditore Generale dello Stato “al fine di conseguire economie nei consumi dei materiali d’uso, è venuto nella determinazione di sostituire le matite nere di legno con speciali portamine metallici”. Questa, però, è una invenzione di Frassineti, ma è talmente squinternata che avrebbe potuto essere vera. Ma allora, si chiede uno zelante funzionario, perché risparmiare il legno e sperperare i metalli? Quindi, conclude il funzionario, “basta organizzare razionalmente la raccolta dei trucioli di matita, facendoli confluire in un apposito collettore centrale”. E via a tutta una serie di comicissime (viste dall’esterno, si capisce) considerazioni e bene vada (questo lo aggiungo io) che qualche solerte funzionario non abbia scambiato il “porta-mine” per qualche pericoloso ordigno di guerra, sennò la pratica sarebbe finita dritta dritta sul tavolo del Ministro della difesa…
Leggete Frassineti e sorridete del gran barnum della Burocrazia, che non riuscirà mai a ragionare in maniera ortogonale, ma a trincerasi dietro slogan della serie “non si può” oppure “è così” e se non ci credete provate ad andare in Municipio a farvi la carta d’identità. Oggi fare una carta d’identità è una pratica velocissima, ma quello che non si capisce è l’entità della spesa che viene chiesta al cittadino. L’impiegato, infatti, ti spara una cifra con degli assurdi decimali al che il cittadino risponde ma perché non avete fatto cifra pari? Non si può, risponde l’impiegata, forse perché dietro le quinte della burocrazia ci sarà qualche ufficio che sovrintende ai centesimi, “ai resti” o a chissà quale altra assurda diavoleria.
Scrivo queste righe dentro a un assolato pomeriggio di luglio, col cielo terso e le foglie degli alberi immobili. In questo meridiano ozio anche le cicale hanno cessato di sbattersi le elitre per regalare un silenzio che sa di azzurro. E io penso a Frassineti e alle sue satire, ma penso anche a quella bellissima lettera che scrisse a suo figlio quando nacque. Una lettera che il figlio avrebbe dovuto leggere una volta divenuto adulto. Ecco cosa dovrebbero fare i padri. Seguire l’esempio di Frassineti e scrivere lettere ai loro figli. Purtroppo anche internet è un grande ministero coi suoi bravi misteri perché quella lettera l’avevo trovata “navigando” e adesso, seguendo gli stessi criteri della navigazione, non la trovo più. I misteri, dunque, sono sempre esistiti. E tutto il mondo non è altro che un gran ministero.

  Franco Gàbici

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

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Franco Gàbici  

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