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                 Ravenna, 6 settembre 2005



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...ma io ribadisco
la grandezza di Freud

  Beh devo ammettere che un po’ mi spiace, perché il “vecchio” Freud mi è sempre stato simpatico e poi lo considero uno dei grandi del Novecento e pertanto vederlo trattato così mi fa un po’ male. Leggo infatti che in Francia è uscito recentemente un libro dall’eloquentissimo titolo “Il libro nero della psicanalisi: vivere, pensare e stare meglio senza Freud”, della serie “la psicanalisi è quella cosa con la quale e senza la quale il mondo va tale e quale”, un aforisma che fu coniato, mi sembra, per la filosofia, ma che andrebbe a pennello anche per molte altre discipline. Sta di fatto che molti autorevoli studiosi hanno affermato che la psicanalisi non possa essere considerata una scienza, a cominciare da Karl Popper e via via fino a Richard Feynmann che paragona addirittura gli psicanalisti agli stregoni e in effetti chi ha a che fare con la parte sfuggevole e imperscrutabile dell’io deve avere sicuramente qualche virtù particolare tale da farsi considerare come una specie di stregone.
   Il “Male oscuro” di Giuseppe Berto e la “Coscienza di Zeno” di Italo Svevo stanno a testimoniare due famosissime esperienze psicanalitiche ma altri romanzi hanno affrontato lo stesso tema, a cominciare dallo “Scrutatore di anime” di George Walter Groddeck, che si autodefinì “psicanalista selvaggio”. Ma anche Franziska zu Reventlov uscì tempo fa con “Il complesso del denaro” (1916) dove avverte di stare attenti al termine “freudiani” perché “si potrebbe pensare che la parola alluda a qualcosa di particolarmente gioioso o magari di equivoco” e la cosa è carinuccia assai perché l’autrice gioca sui termini Freud e Freude. Quest’ultimo termine, infatti, in tedesco significa “gioia” (ricordato il famoso “Inno alla gioia”, “An die Freude”, elevato a inno europeo?) e pertanto “Freudianer” anziché essere considerato un “fiasco” potrebbe essere scambiato per un “fischio” e così i “Freudiani” potrebbero essere scambiati per una combriccola di “allegroni” e magari lo saranno anche specie se si considera l’alto costo della terapia che sicuramente un povero disgraziato non potrebbe permettersela a dimostrazione che i poveracci resteranno tali in eterno, ma il mondo è fatto così e se uno è nato “paperina” non gli resta che la consolazione di un amarissimo “che cosa ci vuoi far?”.
   Ma a parte tutte queste considerazioni che ci stanno portando fuori dal seminato volevo ribadire la grandezza di Freud. D’accordo, Io, Es e SuperIo possono anche essere considerati delle invenzioni ma se è per questo anche il “campo gravitazionale” è un qualcosa che ci sfugge e di fronte alla gravitazione ci troviamo alquanto intrigati perché noi possiamo misurare le “conseguenze” e gli “effetti” di un “campo”, ma quale sia l’origine di questo “campo” nessuno lo può sapere e dunque anche parlando di concetti fisici si può andare a finire dentro alla metafisica.
   Resta il fatto che Freud ha inventato la struttura della personalità sulla regola del tre e questi tre regni freudiani mi richiamano gli analoghi danteschi (Es=Inferno, Io=Purgatorio, SuperIo=Paradiso) per cui una avventura psicanalitica potrebbe essere paragonata a un viaggio attraverso i regni che sono dentro di noi guidati da un Virgilio camuffato da psicanalista. Un viaggio difficile, impervio e anche doloroso, perché ci conduce dentro ai meandri di noi stessi dove staziona il magma fumante di esperienze, ricordi e sensazioni passate.
   “A rivangare tutti questi ricordi mi sentivo malissimo ­ scrive ancora Franziska zu Reventlow ­ ma ho dovuto resistere…poiché le vicende che hanno influenzato il complesso devono essere riprodotte, ossia rivissute in maniera cosciente affinché il medico possa fare in modo che noi ce ne sbarazziamo”. L’autrice di questo romanzo psicanalitico aveva il “complesso del denaro”, ma di complessi ne esistono una gamma infinita. Uno dei più diffusi è il “complesso di inferiorità”. Ci fu un tale che fece ricorso allo psicanalista e quest’ultimo, dopo aver ascoltato tutte le vicende della sua vita, lo rassicurò con queste parole: “Caro amico, lei non è affetto da complesso di inferiorità. Lei è veramente inferiore”. Fine della seduta. Il caso è risolto.

  Franco Gàbici

Il romanzo “Il complesso del denaro” è stato pubblicato da Adelphi nel 1983. Le citazioni sono alle pagg. 10 e 54.

 

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Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002) .

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