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Ravenna, 29 maggio 2006


 ORISKANY
 storia di una portaerei

   Nel 1964 il complesso musicale dei Giganti portò a Sanremo una canzone intitolata “Proposta”, forse meglio conosciuta con il sottotitolo “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. La canzone era firmata da Enrico Maria Papes, che era proprio uno del complesso. Sono passati più di quarant’anni, ma ancora i cannoni non portano fiori, però qualcosa di simile si è verificato anche se i protagonisti di questa storia non sono né i cannoni né i fiori, bensì una famosa portaerei e due specie di coralli.
   Detta così penso proprio che non avrete capito nulla e allora vediamo di procedere con ordine. Intanto diciamo che questa portaerei si chiamava (si chiamava? Sì, poi capirete anche il perché) Oriskany ed era uno dei fiori all’occhiello della U.S.Navy. Lunga 270 metri con 32 mila tonnellate di stazza, la portaerei si guadagnò l’appellativo di “Migty O”. Era stata varata nel 1945 e per un pelo non riuscì a scrivere il suo nome nelle imprese della seconda guerra mondiale. Poco male. La stupidità umana non ha limiti e infatti una quindicina di anni dopo, nel 1962, il presidente John Kennedy, in pieno clima di “guerra fredda”, fu costretto ad usarla in quella famosa operazione che fece tenere al mondo intero il fiato sospeso e che è passata alla storia come “il blocco di Cuba”.
   Poi venne usata durante la guerra in Vietnam e dal suo ponte si alzò in volo anche il senatore John McCain, uno dei candidati alla nomination alla Casa Bianca del 2008 e gli andò pure bene perché venne abbattuto, ma riuscì ugualmente a salvare la pelle.
La portaerei, in disarmo dal 1976, è tornata ­ come si dice ­ alla ribalta della cronaca proprio alcuni giorni fa quando la sua vecchia carcassa è stata trascinata in un punto del Golfo del Messico, 40 chilometri al largo di Pensacola, per il suo ultimo viaggio. Sulla nave, infatti, sono state collocate una ventina di cariche esplosive che hanno causato delle falle in virtù delle quali la nave piano piano si è andata ad adagiare sul fondo, a una settantina di metri dal pelo dell’acqua. L’operazione, però, non è stata condotta a capocchia, ma con tutte le dovute precauzioni e soprattutto dopo che l’Agenzia federale americana per la protezione dell’ambiente aveva verificato che i tre quintali e passa di materiali residui potenzialmente dannosi per l’ambiente non potevano causare rischi per l’ambiente. All’affondamento di questo colosso hanno assistito ex marinai e quanti, in passato, furono legati alle vicende di questa portaerei.
La storia della gloriosa portaerei finisce dunque qui? Niente affatto.
  Per la vecchia bagnarola si apre invece una nuova storia e finalmente siamo arrivati al punto: con la sua capienza di acqua pari a 45 milioni di litri, la Oriskany si trasformerà in un affascinante scenario marino per la delizia dei pesci e soprattutto dei coralli, che potranno crescere e moltiplicarsi su questo relitto consolidando così quella barriera corallina oggi seriamente minacciata. I dati relativi a questo ambiente non sono infatti rosei (come i coralli) ma preoccupanti, perché sembra che il 97% delle specie coralline conosciute come “corna d’alce” e “corna di cervo” sia scomparso.
   Dietro a questa operazione non si cela solamente una azione ambientalista, ma anche un notevole affare turistico. La zona, infatti, potrà diventare un vero paradiso artificiale per sub e fotografi che potranno ammirare le varietà di specie che al passar del tempo andranno a popolare il relitto. La vecchia portaerei, dunque, si trasformerà nella più grande barriera corallina artificiale mai creata e che a dare una mano in questo senso sia una ex macchina da guerra è davvero singolare! Ai coralli è legata una famosa battaglia fra americani e giapponesi, prima battaglia che ebbe per protagonisti solamente aerei e con le navi talmente lontane al punto che nessuna flotta avvistò l’altra. Ci scappò anche il film, dal titolo “La battaglia del mar dei coralli”, che uscì nel 1959 per la regia di Paul Wendkos.
  La grande portaerei, dunque, ora è in fondo al mare. Come capitò al nostro transatlantico Andrea Doria che proprio cinquant’anni fa, il 25 luglio del 1956, andò a picco come un ferro da stiro. Verrebbe proprio da dire: “sic transatlantic gloria mundi!”.

Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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