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Ravenna, 18 ottobre 2005


Aspettando Celentano...
Poveri noi, come stiamo cadendo in basso.

  Dunque, se ho capito bene, l’Italia tutta starebbe col fiato sospeso in attesa di Celentano, che giovedì sera, alle 21, offrirà alla mandria “tutto-ingoia” dei tele-italioti il suo show all’interno del quale è previsto un’ora di parlato (un’ora di parlato? E tutto il resto? Ma quanto dura?).
  Allucinanti, e irresponsabili, a mio modo di vedere, le dichiarazioni del direttore generale della Rai: “Celentano è un grande artista e può dire ciò che vuole”.
  Celentano è un grande artista e qui possiamo anche essere d’accordo, ma non siamo affatto d’accordo sul “può dire ciò che vuole”, a meno ché non si voglia ripristinare l’antica pubblicità di Carosello, quella con Virna Lisi, ricordate?, che si concludeva con la frase diventata famosa: “con quella bocca può dire ciò che vuole”. E Celentano non è mica Virna Lisi. E non solo non può dir nulla, ma non deve nemmeno scrivere nulla. Del Celentano televisivo, infatti, ricordo solamente quella sua frase sgrammaticata che mandò in onda anni fa. Una “e” senza l’accento.
  Cosa sarà mai un accento, voi direte, ma è pur sempre indicativo di una formazione culturale. Va bene, direte ancora, l’istruzione non è fondamentale, perché a volte può bastare anche la saggezza e poi lo diceva anche Longanesi quando affermava “tutto quello che non so l’ho imparato a scuola”. Però affidare il microfono per una telepredica a una persona che non conosce le più elementari regole di grammatica mi sembra un po’ avventato. E poi che male hanno fatto gli italiani per aggiungere a tutti i loro guai anche una predica di Celentano? Mistero.
  Intanto Biagi gli ha già fatto sapere che non sarà della partita. In compenso entreranno nel carrozzone tanti altri. Avanti c’è posto, tanto paga mamma Rai, che deve avere un portafoglio senza fondo, davvero, per sfamare tutta la sua famigliola. Nella seconda puntata ci sarà anche Benigni che per quella famosa serata dantesca alla Rai intascò, secondo quanto scrisse Aldo Grasso, qualcosa come 12 miliardi di vecchie lire. Sì, avete letto bene, dodici miliardi di lirazze ed ha declinato l’invito del sindaco di Ravenna che lo aveva contattato per declamare un canto davanti alla tomba dell’”altissimo poeta”.
  Immaginavo che un grande artista appassionato di Dante sarebbe venuto a piedi e senza compenso a Ravenna pur di provare quella emozione. Macché. I soldi innanzi tutto. E qui mi viene in mente una dichiarazione di Charlie Chaplin che una volta confidò ad un giornalista che i critici vedevano nelle sue opere molta poesia e intenzioni profonde e invece lui faceva film solamente per guadagnar soldi. Valli tu a capire gli artisti. Per questo, forse, preferisco la coppia “Stanlio e Ollio”. Mi piaceva assai anche Benigni, come comico però e non come regista. Il suo premio Oscar per “La vita è bella” per me fa il paio con il Nobel a Dario Fo. Ma posso anche sbagliare. Una cosa comunque è certa: non guarderò più Benigni alla tivù (e nemmeno al cinema) e quando lo vedrò apparire cambierò canale.
  Non si fanno sgarbi a Dante. Dodici miliardi per leggere e commentare un canto!
  Aldo Grasso scrive pure che il suo professore lo faceva altrettanto bene, ma con minore compenso. Ci troviamo di fronte, dunque, ad uno scompenso dei compensi! Che è un male comune. Ma tutto è relativo e questa affermazione richiama il grande Einstein, anche se i grande fisico non si è mai sognato di affermare che tutto a questo mondo è relativo, anzi. Ma la gente continua a crederlo.
  Proprio ad Einstein sono state dedicate tre bellissime giornate a Forlì organizzate dalla associazione “Nuova civiltà delle macchine”, un carrozzone trainato dall’infaticabile Igino Zavatti, al quale tempo fa, se ricordate, dedicai una bollicina perché nel nome della scienza inscenò uno sciopero della fame. Certe cose succedono solamente qua da noi, in questa terra grassa di Romagna che in questi giorni è squarciata dagli aratri che mettono in mostra i suoi sapori azzurrini. E’ bello vedere squarciare la terra, così come è bello in questo periodo osservare il pianeta Marte che rosseggia e disfavilla. Ma pochi osservano Marte. In compenso gli occhi sono puntati sulle isole dei famosi e sugli amorazzi dei divi.
  Poveri noi, come stiamo cadendo in basso.

Franco Gàbici

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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