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Ravenna, 23 Settembre 2006

  Altro che nomine, nella nostra tv troppi programmi
  sono al di sotto del "livello minimo di decenza"

   Il prossimo anno la Pasqua cadrà ai primi di aprile e dunque è prematuro parlare di pulizie pasquali, ma il presidente della Rai Claudio Petruccioli ha annunciato che nella nostra tivù un po’ di pulizia pasquale non farebbe proprio male. Anzi. La nostra programmazione non è tutto da buttare, ha detto il presidente, ma sicuramente esistono fasce dove si scende, sono parole sue, “al di sotto del livello minimo di decenza”. Meglio tardi che mai.
   E’ da un bel pezzetto, infatti, che siamo scesi al di sotto del livello della decenza. Evidentemente gli addetti ai lavori non guardano la tivù o la guardano poco. Per quel che mi riguarda faccio uso della tivù solamente per qualche partita di calcio e per vedermi un film, ma di tanto in tanto mi capita di dare uno sguardo furtivo a certi programmi. Già in un’altra “bollicina” ho parlato di quel programma che va in onda nel primissimo pomeriggio e che si chiama, mi sembra, l’”Italia sul due”. Lasciamo perdere. E poi noto che l’”Isola dei famosi” è giunta alla terza edizione. Sì, è proprio vero. Mi consola, però, il fatto che in tre puntate lo share sia calato di quasi 5 punti (-4.42%) e ciò potrebbe essere un indicatore della crescita del tasso di intelligenza dei nostri connazionali o, purtroppo più verosimilmente, una fuga di ascoltatori verso un programma ancora più insulso.
   Siamo sempre al di sotto del livello del buon gusto. E poi le varie missitalie, con ore e ore di bla bla e le “pupate” e le patetiche “sanrenmate” che vogliono a tutti i costi dar da bere agli italiani che il festival canoro sia il non plus ultra, quando invece è un povero dinosauro già estinto da un bel pezzo.
   Ma più che parlare di pulizie pasquali, chi ha in mano le leve del potere dovrebbe fare un attento esame di tutta la situazione. Il ragionamento che propongo alla loro meditazione è molto elementare. Seguitemi. La televisione è una macchina formidabile per creare i divi. Ci sono tanti pincopallini che girano per la strada e che per tutta la vita resteranno tali. Se un pincopallino qualsiasi, però, mostra il suo faccione alla tivù per un numero sostanzioso di volte, il pincopallino diventa un divo.
   Mi avete seguito nel ragionamento? Bene. Adesso andiamo avanti.
   Il pincopallino, grazie ai passaggi dentro al tubo catodico, diventa famoso. Non sa fare a scrivere, però si mette in testa di scrivere un libro e la cosa più sorprendente è che il libro viene venduto e fa intascare al pincopallino sostanziosi diritti d’autore. Poi il pincopallino divenuto famoso viene invitato a destra e manca, diventa testimonial, fa la pubblicità (non certo gratis) a certi prodotti e intasca soldi. Tutto merito della televisione.
   D’accordo? Bene.
   E adesso arriviamo alla conclusione. Il pincopallino diventato famoso chiede a mamma tivù sostanziosi contratti (parliamo di miliardi di vecchie lire, tanto per capirci, mica di brustoline) e la cosa più sorprendente è che la tivù glieli concede senza fare una piega. Una tivù sensata, invece, a mio avviso dovrebbe ragionare così: tu eri un pincopallino qualsiasi e io ti ho innalzato sugli altari della celebrità e dunque tu mi sei debitore della tua popolarità e di tutti i tuoi guadagni. Bene. Se tu vuoi venire da me per condurre un programma (che ti aumenterà il tasso di popolarità) devi pagare queste tariffe: se è un programma di prima serata ci dovrai corrispondere un miliardo a sera, se il programma andrà in onda il sabato sera la tariffa passerà a due miliardi e così via. Così ragionerebbe qualsiasi persona sensata. E invece…
   Ricordo tutto il can can che fa da contorno alle dimissioni dei divi o al loro passaggio ad altre reti. Io augurerei a loro semplicemente “buon viaggio”. E invece… Ecco allora che, tanto per tornare alla metafora delle pulizie pasquali, vorrei tanto che si facesse pulizia di un modo di ragionare distorto che non ha fatto altro che creare il nocivo fenomeno del divismo.
   Facciamoli pagare, questi divi, se vogliono mostrare la loro bella faccia in tivù! E la nostra televisione non deve preoccuparsi più di tanto. Il popolo televisivo mangia di tutto, davvero. Si sparapanza in poltrona e segue di tutto, prima di addormentarsi. Dategli la Carrà e “mangerà” la Carrà, dategli Baudo e “mangerà” Baudo… ma se gli offrite un pincopallino sconosciuto “mangerà” anche quello, e il pincopallino diventerà famoso e busserà alla cassa della Rai per chiedere sostanziosi compensi. Avete mai pensato, signori della Rai, di invertire questa tendenza? Oppure siete dell’avviso che la gente sia talmente cretina da non poter vivere senza i divi?
   A proposito di divi, mi viene in mente quel calciatore della nostra nazionale che qualche settimana fa reclamizzava una storia della letteratura italiana citando Giacomo Leopardi.
   Il calciatore, come è noto, usa i piedi e probabilmente quel messaggio voleva far passare il seguente concetto: questa pubblicità, cari amici, è davvero fatta con i piedi!

Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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