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183 Ravenna, 5 dicembre 2005
La sapete l'ultima? Dante e Petrarca
pubblicati sulla carta igienica...
A
questo mondo non bisogna stupirsi di nulla. State a sentire.
Leggo su un ritaglio di giornale recapitatomi dalla sede centrale della Dante
Alighieri che una non ben definita casa produttrice di carta igienica ha fatto
la proposta di stampare sui suoi rotoli il “Canzoniere” di Francesco Petrarca.
L’idea luminosa, ahinoi, avrà un seguito e infatti dopo Petrarca sarà anche la
volta di Dante, che avrà la soddisfazione di veder stampigliate le sue immortali
terzine sugli stessi rotoli. Vedremo presto, dunque, un set di rotoli,
ovviamente indivisibili? Robe da matti.
Ricordo che quando ero ragazzo qualcuno aveva
lanciato l’idea di stampigliare sui rotoli di carta igienica delle barzellette e
chi ne faceva uso si accorgeva di usare un intero rotolo alla volta perché una
barzelletta tirava un’altra e così si srotolava tutto il cilindro e uno si
trovava letteralmente sepolto in mezzo alla cellulosa. Adesso la stessa sorte
dovrebbe toccare a Petrarca e a Dante e io mi chiedo: con tutte le facce che ci
sono in giro e che sicuramente meriterebbero di finire stampigliate sulla carta
igienica, c’era proprio bisogno di scomodare Petrarca e Dante? Evidentemente non
c’è limite al pessimo gusto.
La scorsa estate la sede centrale di Roma della Dante ha inviato a
tutti i presidenti dei comitati questo ritaglio di giornale e chiedeva qualche
consiglio per contrastare l’idea folle. Non è facile, però, contrastare questa
idea né è possibile boicottarla proclamando uno sciopero generale e astenendosi
dal fare quell’azione che una persona sana compie in genere una volta al giorno.
Mah! Povero Petrarca e povero Dante e a proposito di Dante sabato sera ho acceso
per caso la tivù e a un’ora indecente, le due di notte, sui nostri canali
nazionali (Rai uno e Rai due) stavano andando in onda due trasmissioni
interessanti.
La prima, benché fosse condotta da Marzullo, non
era la solita marzullata e parlava di libri di poesie con tanto di interviste a
scrittori e critici (c’erano Walter Mauro, Mario Castellaneta, Claudio Marabini,
Romano Battaglia…), l’altra, che si intitola “Il Caffè”, sembrava dimostrare che
esiste un approccio a Dante migliore dei rotoletti di carta igienica e infatti
l’intervistatrice dialogava con un professore della Sapienza di Roma e con
Vittorio Sermonti sul tema della popolarità di Dante e del grande successo che
stanno riscuotendo le letture integrali della Commedia che Sermonti va a
proporre in giro per l’Italia.
Dalla trasmissione, però, non è affatto emerso
che il boom della lettura integrale della “Divina Commedia” nacque a Ravenna,
all’interno della basilica di San Francesco, la chiesa dove sono stati ufficiati
i funerali di Dante. L’idea luminosa, battezzata “Progetto Dante”, fu di Walter
Della Monica che ha avuto il coraggio di proporre alla città cento serate,
distribuite nell’arco di alcuni anni, per chiamare a raccolta la gente attorno
al verbo di Dante. Sì, Sermonti ha fatto un accenno a Ravenna, agli amici
ravennati, ai frati (che sarebbero i Francescani, custodi della basilica), ma si
è guardato bene dal fare dei nomi per dare a Cesare quello che è di Cesare e
poi, ricordando la Tomba di Dante, ha affermato che i ravennati la chiamano un
po’ irriverentemente “la Zuccheriera” e invece non è vero niente. I ravennati,
infatti, a partire dagli anni Venti del secolo scorso l’hanno sempre chiamata
“la Pivarola”, come la chiamò quello straordinario poeta che fu Olindo Guerrini,
che in un famoso sonetto dedicato a Dante definisce l’opera dell’architetto
Camillo Morigia, autore del disegno del tempietto che ospita le ceneri del
Poeta, una Pivarola e in effetti il tempietto ha tutta l’aria di un trita-pepe.
Quello che volevo dirvi, però, è che un teleutente per poter vedere
una trasmissione decente deve accendere il televisore nel cuore della notte.
Sembra che dietro al palinsesto dei programmi ci sia un programma diabolico o
una specie di occulto (beh, occulto mica tanto) mandato di istupidire per bene
la gente, offrendole programmi di alta valenza culturale. E lasciamo stare le
isole dei famosi. Basterebbe solo “L’Italia sul due”, i cui dibattiti fanno
veramente piangere e inducono umori lattei intorno alle rotule. La risposta più
comune è questa: “La gente vuole queste trasmissioni e dunque sia fatta la
volontà della gente”. Ma non è affatto vero.
La gente, ad esempio, scende anche in piazza per
ottenere aumenti di stipendi e ottiene poco o niente e dunque non è affatto vero
che i desiderata della gente siano sacri. E poi mica è detto che la gente
capisca. Si legge in un passo del “De ignorantia” di Francesco Petrarca (ignaro
che qualcuno lo volesse appiccicare ignobilmente sulla carta igienica); “Prima
di tutto, obiettarono che l’opinione pubblica stava dalla mia parte, ma
risposero che questa non era una garanzia sufficiente: e in ciò non hanno
mentito, dato che il volgo assai raramente sa distinguere la verità”. Vulgus
rarissime verum cernat. Il “De ignorantia”, infatti, è scritto in latino, lingua
che è stata eliminata dai programmi della scuola media inferiore perché si
temeva che la gente ne sapesse troppa. Ma allora non bisogna stupirsi se certi
giornalisti fanno gaffes colossali, come quella volta quando un telecronista udì
un prete recitare “Nunc dimittis Domine…” si sentì in grado di avvertire i
telespettatori che “il papa stava per dimettersi”. E invece quella frase è
tratta dal cosiddetto “Cantico di Simeone” che si trova nel secondo capitolo del
Vangelo di Luca e che inizia: “Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum
verbum tuum in pace”. Se ricordate, l’incipit del “Canto di Simeone” chiude
anche “Il male oscuro” di Berto: “…e poi sarà tempo di dire Nunc dimittis servum
tuum Domine, forse è già tempo”. Grande libro. La Rai potrebbe dedicargli una
trasmissione. Alle tre di notte, ovviamente.
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
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