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Ravenna, 5 dicembre 2005


La sapete l'ultima? Dante e Petrarca
pubblicati sulla carta igienica...

  A questo mondo non bisogna stupirsi di nulla. State a sentire. Leggo su un ritaglio di giornale recapitatomi dalla sede centrale della Dante Alighieri che una non ben definita casa produttrice di carta igienica ha fatto la proposta di stampare sui suoi rotoli il “Canzoniere” di Francesco Petrarca. L’idea luminosa, ahinoi, avrà un seguito e infatti dopo Petrarca sarà anche la volta di Dante, che avrà la soddisfazione di veder stampigliate le sue immortali terzine sugli stessi rotoli. Vedremo presto, dunque, un set di rotoli, ovviamente indivisibili? Robe da matti.
   Ricordo che quando ero ragazzo qualcuno aveva lanciato l’idea di stampigliare sui rotoli di carta igienica delle barzellette e chi ne faceva uso si accorgeva di usare un intero rotolo alla volta perché una barzelletta tirava un’altra e così si srotolava tutto il cilindro e uno si trovava letteralmente sepolto in mezzo alla cellulosa. Adesso la stessa sorte dovrebbe toccare a Petrarca e a Dante e io mi chiedo: con tutte le facce che ci sono in giro e che sicuramente meriterebbero di finire stampigliate sulla carta igienica, c’era proprio bisogno di scomodare Petrarca e Dante? Evidentemente non c’è limite al pessimo gusto.
   La scorsa estate la sede centrale di Roma della Dante ha inviato a tutti i presidenti dei comitati questo ritaglio di giornale e chiedeva qualche consiglio per contrastare l’idea folle. Non è facile, però, contrastare questa idea né è possibile boicottarla proclamando uno sciopero generale e astenendosi dal fare quell’azione che una persona sana compie in genere una volta al giorno. Mah! Povero Petrarca e povero Dante e a proposito di Dante sabato sera ho acceso per caso la tivù e a un’ora indecente, le due di notte, sui nostri canali nazionali (Rai uno e Rai due) stavano andando in onda due trasmissioni interessanti.
   La prima, benché fosse condotta da Marzullo, non era la solita marzullata e parlava di libri di poesie con tanto di interviste a scrittori e critici (c’erano Walter Mauro, Mario Castellaneta, Claudio Marabini, Romano Battaglia…), l’altra, che si intitola “Il Caffè”, sembrava dimostrare che esiste un approccio a Dante migliore dei rotoletti di carta igienica e infatti l’intervistatrice dialogava con un professore della Sapienza di Roma e con Vittorio Sermonti sul tema della popolarità di Dante e del grande successo che stanno riscuotendo le letture integrali della Commedia che Sermonti va a proporre in giro per l’Italia.
   Dalla trasmissione, però, non è affatto emerso che il boom della lettura integrale della “Divina Commedia” nacque a Ravenna, all’interno della basilica di San Francesco, la chiesa dove sono stati ufficiati i funerali di Dante. L’idea luminosa, battezzata “Progetto Dante”, fu di Walter Della Monica che ha avuto il coraggio di proporre alla città cento serate, distribuite nell’arco di alcuni anni, per chiamare a raccolta la gente attorno al verbo di Dante. Sì, Sermonti ha fatto un accenno a Ravenna, agli amici ravennati, ai frati (che sarebbero i Francescani, custodi della basilica), ma si è guardato bene dal fare dei nomi per dare a Cesare quello che è di Cesare e poi, ricordando la Tomba di Dante, ha affermato che i ravennati la chiamano un po’ irriverentemente “la Zuccheriera” e invece non è vero niente. I ravennati, infatti, a partire dagli anni Venti del secolo scorso l’hanno sempre chiamata “la Pivarola”, come la chiamò quello straordinario poeta che fu Olindo Guerrini, che in un famoso sonetto dedicato a Dante definisce l’opera dell’architetto Camillo Morigia, autore del disegno del tempietto che ospita le ceneri del Poeta, una Pivarola e in effetti il tempietto ha tutta l’aria di un trita-pepe.
   Quello che volevo dirvi, però, è che un teleutente per poter vedere una trasmissione decente deve accendere il televisore nel cuore della notte. Sembra che dietro al palinsesto dei programmi ci sia un programma diabolico o una specie di occulto (beh, occulto mica tanto) mandato di istupidire per bene la gente, offrendole programmi di alta valenza culturale. E lasciamo stare le isole dei famosi. Basterebbe solo “L’Italia sul due”, i cui dibattiti fanno veramente piangere e inducono umori lattei intorno alle rotule. La risposta più comune è questa: “La gente vuole queste trasmissioni e dunque sia fatta la volontà della gente”. Ma non è affatto vero.
   La gente, ad esempio, scende anche in piazza per ottenere aumenti di stipendi e ottiene poco o niente e dunque non è affatto vero che i desiderata della gente siano sacri. E poi mica è detto che la gente capisca. Si legge in un passo del “De ignorantia” di Francesco Petrarca (ignaro che qualcuno lo volesse appiccicare ignobilmente sulla carta igienica); “Prima di tutto, obiettarono che l’opinione pubblica stava dalla mia parte, ma risposero che questa non era una garanzia sufficiente: e in ciò non hanno mentito, dato che il volgo assai raramente sa distinguere la verità”. Vulgus rarissime verum cernat. Il “De ignorantia”, infatti, è scritto in latino, lingua che è stata eliminata dai programmi della scuola media inferiore perché si temeva che la gente ne sapesse troppa. Ma allora non bisogna stupirsi se certi giornalisti fanno gaffes colossali, come quella volta quando un telecronista udì un prete recitare “Nunc dimittis Domine…” si sentì in grado di avvertire i telespettatori che “il papa stava per dimettersi”. E invece quella frase è tratta dal cosiddetto “Cantico di Simeone” che si trova nel secondo capitolo del Vangelo di Luca e che inizia: “Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace”. Se ricordate, l’incipit del “Canto di Simeone” chiude anche “Il male oscuro” di Berto: “…e poi sarà tempo di dire Nunc dimittis servum tuum Domine, forse è già tempo”. Grande libro. La Rai potrebbe dedicargli una trasmissione. Alle tre di notte, ovviamente.

Franco Gàbici

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).

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Franco Gabici

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