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di memoria, cultura e molto altro...      Ravenna, 11 Gennaio 2010



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Franco Gàbici è Premio Guidarello di Giornalismo.

 Tranquilli:
 La Fine del Mondo
 è spostata
 al 2036...


  Nel luglio del 1959 ero in vacanza a Marina di Ravenna e, se non ricordo male, proprio in quel periodo si sparse la voce della imminente fine del mondo. Se proprio lo volete sapere avrei preferito che la fine del mondo fosse arrivata in un altro momento, magari a ottobre, quando sarebbero iniziate le scuole, ma il pensiero che la fine del mondo ti capitava fra capo e collo proprio in mezzo alle vacanze era una cosa che mi disturbava non poco anche perché stavo facendo il filo a una mia compagna di scuola che era proprio carina e pareva che le cose si stessero mettendo per il meglio e allora sarebbe stata una bella carognata che proprio sul più bello fosse arrivata la fine del mondo a metter fine alla mia storiellina amorosa.
  La faccenda della fine del mondo, però, pareva proprio una cosa seria perché il grande Walter Molino dedicò all’argomento una delle sue famose tavole della prima pagina della “Domenica del Corriere” dove, sempre se non ricordo male, aveva raffigurato un mare di gente che si era andata ad appollaiare sul monte Bianco perché, a detta dei profeti, le acque di un secondo diluvio universale avrebbero ricoperto tutta la terra e la gente avrebbe finito di soffrire.
  Ma ricordo anche che alla sera, il lettore del telegiornale, esordì con l’annuncio che la fine del mondo era stata rinviata a data da destinarsi. E tutti tirarono un sospiro di sollievo. Tutto questo per dire che da che mondo è mondo la storia della sua fine ogni tanto fa capolino e ai nostri giorni tiene banco la storia dell’asteroide malefico che il 13 aprile del 2036 ci piomberà addosso facendo della terra un bel mucchio di polpette. Si sono divertiti anche a fare i conti, tanto per dare qualche dimensione alle nostre paure e alla fine è venuto fuori che un asteroide come quello, chiamato Apophis e che ha un diametro di 270 metri, se impattasse contro la Terra svilupperebbe un disastro equiparabile a quello di 39.230 bombe atomiche del tipo Hiroshima, tanto per capirci. E allora di fronte a questi numeri da Apocalisse si spiega anche il nopme attribuito a questo sasso cosmico. Apofi, infatti, non è un nome a caso, ma quello del dio egizio che tenta di distruggere il Sole. Insomma un nome che è tutto un programma.

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  Ma che sia proprio vera questa faccenda?
  Altri invece sostengono che la fine del mondo dovrebbe arrivare il 21 dicembre del 2012 e dunque sarebbe dietro l’angolo. Lo avrebbe previsto il calendario dei Maya. Mah. Poi però qualcuno avrebbe detto che non si tratterà della fine del mondo ma della fine di un’epoca, insomma si volterebbe pagina, gli uomini come per incanto diventerebbero tutti più buoni, alla sera non ci saranno più alla televisione i “Porta a porta” di Bruno Vespa e nemmeno il gioco delle “scatole” (“che scatole!” sarebbe proprio il caso di dire), i politici smetteranno di litigare, i calciatori non si sfileranno più la maglietta dopo aver segnato un gol, i treni arriveranno in orario… insomma proprio un bel mondo. E allora ci sarebbe proprio da augurarsi che questa “fine” arrivasse al più presto anche se è difficile credere che possano accadere le cose che ho accennato più sopra. E poi, dai, tutto questo can can sul 2012! Ma a nessuno è mai venuto in mente di leggere questa data in maniera diversa? Io mi son fatto un’idea precisa e mi sono immaginato un bel santone Maia che armato di carta penna e calamaio si sia buttato a scrivere profezie su profezie e così scrivi oggi e scrivi domani a un bel momento, quando giunse al 2012, si è accorto che aveva finito la carta. E allora mise punto anche perché gli era venuto un bel crampo alla mano ma se non gli fosse venuto il crampo lui avrebbe continuato a scrivere profezie fino al 3025 e così i futurologi avrebbero messo in ansia la gente dicendo che la fine del mondo sarebbe avvenuta nel 3025.
  Però, vi assicuro, che in quel lontano 1959 tanta gente si era proprio spaventata e ricordo che una mia conoscente era pure andata in chiesa a confessarsi perché diceva non si sa mai, se deve venire questa fine del mondo voglio andare di là con la coscienza pulita e altri la pensarono come lei perché il prete notò file inconsuete al confessionale, insomma proprio una roba da fine del mondo e invece dopo cinquant’anni siamo ancora qua a ricordare quell’estate del 1959 con la gente sul Monte Bianco per paura del diluvio universale che poi non si verificò.
  Però credo che ogni tanto faccia bene alla salute ricordare che il mondo potrebbe finire, così la gente comincia a pensare a cose un pochino più serie. Ecco perché adesso si tirano fuori i Maia e il loro calendario per far ragionare la gente. E magari anche per spaventarla. Ma va a finire che poi non succede niente, come quella volta dell’estate del 1959, quando si sparse la voce che il mondo doveva finire e invece non finì proprio un bel niente e ai primi di ottobre ritornai a scuola, felice come una pasqua perché avevo conquistato il cuore della mia compagna di classe.

Franco Gàbici

Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.


















 

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Una Canzone al Giorno  di Franco Gàbici
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).



 


Franco Gabici

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