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Ravenna, 16 Gennaio 2007


Ma che c'entra
Margherita Hack
col Festival di Sanremo?

   Ogni anno, più o meno in questo periodo, viene tolto dalla cella frigorifera dove riposano in pace le cose inutili, il Festival di Sanremo e la nostra tivù impazzisce e vuole farne un evento a tutti i costi. In realtà credo che il Festival sia morto da un bel pezzo ma ciò non toglie che ogni anno debbano sequestrare spazi televisivi per mandare in onda questo evento. Misteri.
   L’altro ieri, per caso, mentre stavo cercando un canale che informasse sull’andamento delle partite di calcio, il telecomando ha frenato su una trasmissione che aveva un parterre di ospiti di tutto riguardo. In collegamento c’era nientepopodimenoché l’astrofisica Margherita Hack mentre in studio ho notato il mio amico filosofo Giulio Giorello, il critico musicale Mario Luzzatto Fegiz, il giornalista Dario Salvatori che indossava una giacca sfarzosissima, l’immancabile Alba Pairetti che portava nelle dita due anelli per i quali avrebbe dovuto chiedere il permesso speciale per "trasporti pesanti", Orietta Berti e altra gente. Argomento l’imminente festival di Sanremo e il tema del pomeriggio verteva sulla questione se le canzonette fossero da considerare o no un fatto culturale. E mentre gli ospiti discutevano sollecitati da Giletti su di un monitor giravano le immagini che riportavano titoli di giornali con le affermazioni di Superpippo (Baudo ovviamente).
   La Hack guardi le stelle, sentenzia Pippo e dal canto suo la stellare Margherita fa sapere che a lei del Festival della canzone non gliene frega proprio nulla e che preferisce i telefilm del "commissario Rex". Ma allora, le chiedono, perché ha scritto il testo di una canzone se Sanremo le fa così schifo? E la galattica Margherita a rispondere che l’ha fatto per fare un favore ad un giovane amico e ciò non toglie che a lei del Festival non interessa nulla. Dibattiti accesi, discussioni animate… ragazzi, questi sono i problemi dell’Italia. Poi alla fine della trasmissione è sceso in studio "a miracol mostrare" il Pippo che subito si è messo a dialogare con la Margherita che continuava a ripetere il suo ritornello.
   Insomma, da quel che ho capito, su Sanremo non si possono far critiche e a tutti i costi deve essere considerato un evento. E in effetti lo è anche se i signori della tivù non sanno che in quelle sere potrebbero mandare in onda un qualsiasi altro programma che sarebbe la stessa cosa. Basterebbe mandare in onda una trasmissione con Pippo che fa la televendita di una batteria di pentole, farla precedere da un tam tam mediatico e l’auditel schizzerebbe subito in alto. Ma Sanremo è Sanremo.
   Sono anni che non seguo più il festival per il motivo che non ha più senso. Le trasmissioni nascono vivono e muoiono. Lascia o raddoppia?, Il Musichiere, Telematch, Un due tre, Studio Uno, Rischiatutto… hanno fatto furore ai loro tempi e adesso fanno parte dell’archeologia televisiva. Abbiamo abbandonato le caverne e le palafitte, si sono estinti i dinosauri, tutto passa e invece questo festival della canzone continua a proporsi, infrangendo le sacre regole dell’evoluzione. Non guardo il festival nemmeno per curiosità perché non mi piace la fauna canora che sfila davanti ai microfoni. E poi, nessuno lo ha mai detto, ma il festival è sempre stato snobbato. Alla fine degli anni Cinquanta imperversava Peppino di Capri, ma "la voce dell’isola" si guardò bene dal prender parte alla kermesse, che ancora propinava papere, papaveri, vecchi scarponi e, come cantava il grande Endrigo,  "rime scucite fra cuore e dolore".
   Poi esplose Modugno con Volare e Piove e dopo poco il festival morì. Qualcuno ha voluto anche stabilire la data del decesso, identificandola con l’edizione di quarant’anni fa, quando Luigi Tenco la fece finita. Quello sparo nel buio fu uno sparo contro il perbenismo e contro un certo modo di intendere la vita, ma sicuramente non aveva niente a che fare con un festival che aveva promosso Io tu e le rose e La rivoluzione e aveva lasciato fuori Ciao amore ciao. Nel 1967 avevo ventiquattro anni e in quel lontano gennaio una abbondante nevicata aveva ricoperto le strade facendole diventare bianche. Anche Luigi ricordava ad occhi chiusi "una strada bianca come il sale”, ma la platea di Sanremo non lo capì. Dentro di noi vive sempre un Sanremo che non capisce le cose. Era il gennaio del 1967 e l’amico Piergiorgio, che era uno sfegatato "tenchiano”, in una mattina grigia prese il treno e andò fino a Ricaldone per seguire i funerali del suo idolo. Tornò il giorno dopo. Deluso. Non c’erano nemmeno i fratelli Reverberi, mi disse. Poi si strinse nel cappotto e se andò nella nebbia. Il ricordo della neve già era lontano e la strada stava diventando "grigia come il fumo". Dentro di noi vive sempre un Sanremo che non capisce le cose.

Franco Gàbici

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Giornalista Professionista, pluriennale esperienza, anche di direzione, in quotidiani, periodici e case editrici di libri, profonda conoscenza del Web e di tutti i maggiori software (da QuarkxPress a Word, OpenOffice, Front Page, BBedit, Adobe PhotoShop, Adobe Acrobat, Scansoft Pdf Converter Professional, DNL, ReaderWorksPublisher, Transmit, Fetch, Eudora,  WinZip, WinRAR, StuffIt, ABBYY Fine Reader), in grado di operare professionalmente sia in ambiente Windows che Mac, utilizzando collegamenti FTP in ambedue le piattaforme,  mette a disposizione la sua competenza esperienza e professionalità come content webmaster,  come coordinatore in remoto di team operativi per l'ideazione, lo sviluppo e l'aggiornamento di portali, come docente in corsi o master per la preparazione di professionisti della comunicazione online. Se interessati a questa figura professionale inviare una e-mail ad ed@simonel.com specificando nel Soggetto: Inserzione 4247A. Sarete direttamente contattati dall'interessato.

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).



 


Franco Gabici

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