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Ravenna, 19
Febbraio 2007
Anniversari:
qualcuno ricorda che 50 anni fa moriva Giuseppe Tomasi di
Lampedusa?
In
questo 2007 cadono i cinquant'anni della morte di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa, avvenuta nell'estate del 1957 e mi auguro che qualcuno abbia
pensato di celebrare degnamente l'avvenimento con qualche
manifestazione. Tomasi di Lampedusa, come tutti dovrebbero sapere, è
l'autore del romanzo "Il Gattopardo", un titolo che ha dato il nome al
neologismo "gattopardismo" che secondo il De Mauro significa:
"atteggiamento politico di tipo conservatore, proprio di chi non teme le
trasformazioni e i cambiamenti della società, nella convinzione che essi
siano solo apparenti e non compromettano le posizioni di privilegio
acquisite da determinate classi".
Nel romanzo, infatti, don Fabrizio Corbera principe di Casa Salina
si lascia andare a quella famosa considerazione: "Se vogliamo che tutto
rimanga come è, bisogna che tutto cambi", una di quelle massime che da
sola sarebbe bastata a dar lustro al suo autore. Il Principe mi richiama
la figura del gaddiano Gonzalo della “Cognizione del dolore” e non solo
per le sue inclinazioni matematiche e astronomiche, ma anche per quei
suoi atteggiamenti “collerici” che gli facevano piegare in cerchio
forchette e cucchiai durante i pranzi e per l’origine tedesca della
madre e per tutte quelle “essenze germaniche” che fermentavano nel suo
sangue. Ma non è di questi aspetti che voglio parlare (magari ne
parleremo un’altra volta, anzi senz’altro ne parleremo perché
l’argomento è troppo intrigante) e nemmeno del “Gattopardo”, che uscì
postumo nel 1958 quando io frequentavo la seconda liceo e dunque
affaccendato in tutt’altre faccende che mi inducevano a non pensare ai
gattopardi.
Voglio parlarvi, invece, dei "Racconti" di Tomasi di Lampedusa e in
particolare di quello intitolato "I luoghi della mia prima infanzia"
perché contiene una proposta intrigantissima e che è talmente sensata
che nessuno l’ha mai presa in considerazione. In linea con il pensiero
di Freud, Tomasi di Lampedusa è convinto che l’infanzia sia un paradiso
(“Per me l’infanzia è un paradiso perduto. Tutti erano buoni con me, ero
il re della casa”) e invita a “raccogliere il più possibile delle
sensazioni che hanno attraversato questo nostro organismo”. E
naturalmente a pochi riuscirà di cavarne fuori un capolavoro, ma ciò non
toglie che la farina che ne uscirà non sia interessante. Anzi.
Ed ecco la proposta di Tomasi: “Quello di tenere un diario o di
scrivere ad una certa età le proprie memorie dovrebbe essere un dovere
‘imposto dallo Stato’: il materiale che si sarebbe accumulato dopo tre o
quattro generazioni avrebbe un valore inestimabile: molti problemi
psicologici e storici che assillano l’umanità sarebbero risolti. Non
esistono memorie, per quanto scritte da personaggi insignificanti, che
non racchiudano valori sociali e pittoreschi di prim’ordine”.
Fantastica! Lavorando attorno ai ricordi d’infanzia si lascia
andare a una straordinaria dichiarazione d’amore per la sua vecchia
casa, che purtroppo le bombe della seconda guerra mondiale mandarono
all’aria il 5 aprile del 1943. Ricordando la sua casa, Tomasi di
Lampedusa scrive che “la amavo con abbandono assoluto e la amo ancora
adesso quando essa da 12 anni non è più che un ricordo” perché “in
nessun punto della terra, ne sono sicuro, il cielo si è mai steso più
violentemente azzurro di come facesse al di sopra della nostra terrazza
rinchiusa, mai il sole ha gettato luci più miti di quelle che
penetravano attraverso le imposte socchiuse nel ‘salone verde’, mai
macchie di umidità su muri esterni di cortile hanno presentato forme più
eccitatrici di fantasia di quelle di casa mia”.
Tomasi ha proprio ragione. Tutti dovrebbero scrivere per affidare
alla carta le proprie sensazioni ma, attenzione, Tomasi dice che lo
stato dovrebbe imporre di “scrivere”, non di “pubblicare”. Il fatto è
che quasi tutti scrivono per pubblicare e ciascuno di noi è convinto di
tenere dentro il cassetto il capolavoro. E tutti pubblicano. Provate ad
entrare in una libreria. Titoli e titoli. Un mare magnum di carta che ti
accoglie e che ti fa l’occhiolino attraverso il rutilare di mille
copertine. Toh, guarda, si è messo a scrivere anche lui. Ci vuol poco.
Basta avere qualche passaggio in televisione e il successo è assicurato.
E l’editore è dietro l’angolo a chiederti di scrivere un instant book,
per non perdere l’onda. E mentre considero a questo strano sistema non
posso non pensare al “Gattopardo” che uscì postumo dopo essere stato
rifiutato da alcuni editori. Perfino Elio Vittorini lo rifiutò e non
volle accoglierlo nei suoi “Gettoni”. Anche gli eroi piangono e
sbagliano. Correva il 1957 e Tomasi di Lampedusa sarebbe morto il 23 di
luglio senza avere la soddisfazione di veder pubblicato il suo
manoscritto. La nostra storia della lettura presenta altri casi di
rivalutazioni postume. Guido Morselli, ad esempio. Bussò alle porte di
editori ed ottenne dinieghi. Poi decise di togliersi la vita e qualcuno
si accorse che non era niente male. Anzi. E fu successo postumo. Il suo
“Dissipatio H.G.” è un libro allucinante che racconta le desolazioni
dell’uomo (H.G. sta per “Humanis Generis”, se proprio lo volete sapere).
Diceva il principe Salina del “Gattopardo” che "se vogliamo che tutto
rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Gli fa eco Morselli, che in un
diario scrisse: “Tutto è ugualmente inutile”. Tomasi di Lampedusa e
Guido Morselli: due incompresi che viaggiavano sulla stessa lunghezza
d’onda.
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon
Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).
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