La
Ison, spacciata come la cometa talmente grande che “più grande non si può”, ha girato in questi giorni attorno alla boa Sole e questo ha immediatamente ristabilito le gerarchie celesti.
Del resto anche nell’operetta morale di Leopardi “Il Copernico” il nostro Sole non l’aveva presa bene per quell’essere stato messo al servizio della Terra e confida all’“Ora prima” tutto il suo sdegno: “Io sono stanco – sbotta il Sole – di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su un pugno di fango tanto piccino, che io, che ho buona vista, non lo arrivo a vedere…”.
Insomma, a farla corta, il Sole ruba le parole ad Alfredo Panzini e dice “qui in cielo il padrone sono me” e la stessa cosa deve averla detta in faccia alla impertinente cometa che stava per togliergli la scena del cielo. E così, detto e fatto, come si è avvicinata a lui, la povera Ison ha fatto la fine di Icaro e ci ha lasciato le penne, anzi la coda.
Rassegniamoci, dunque, a un Natale senza la cometa né ci può consolare il fatto che in questo momento nel nostro cielo ne stanno transitando altre tre, poco visibili però dal grande pubblico e dunque assai poco spettacolari.
Comunque dalla storia delle apparizioni delle comete si è imparato una cosa. Le comete sono lunatiche e dispettose e una delle loro caratteristiche è proprio la imprevedibilità. Sono oggetti troppo piccoli rispetto alle dimensioni dei pianeti (non parliamo, poi, delle stelle come il Sole!) e dunque soggetti più di ogni altro agli insulti delle forze che permeano lo spazio. Non è dunque la prima volta che una cometa delude le aspettative.
Proprio quarant’anni fa, nel 1973, la famosa Kohoutek doveva far sfracelli e anche in quell’occasione si disse che finalmente il Natale avrebbe avuto la sua brava cometa. Ci fu un grande trambusto e ci fu qualcuno che organizzò perfino una crociera per poter veder meglio la cometa nel bel mezzo dell’Oceano ma chi si imbarcò non vide un bel nulla perché la cometa deluse tutte le aspettative. E allora ci si accontentò delle comete di carta che si mettono ogni anno sui presepi (A proposito: smettiamo di chiamarle “stelle comete”, come purtroppo si sente sempre dire. Le comete non sono stelle e dunque bisogna chiamarle con il loro nome, vale a dire “comete”).
Può sembrar strano che proprio in cielo debbano accadere di queste cose. Il nostro universo, infatti, è regolato da leggi molto precise che non solo descrivono puntualmente tutto quello che vi succede ma soprattutto consentono di fare delle previsioni esattissime. Quando gli astronomi, ad esempio, annunciano che Mercurio o Venere transitano sul disco del Sole il tal giorno alla tal’ora e al tal minuto, la gente osserva il Sole (non direttamente, ma su uno schermo) e si accorge che al tal giorno, alla tal’ora e al tal minuto Mercurio e Venere transitano per davvero sul bel faccione del Sole.
Il comportamento delle comete, dunque, sembra essere una stonatura nella grande orchestra dell’universo, una “stonatura” che però ci suggerisce qualche pensierino.
D’accordo, noi osserviamo, misuriamo e calcoliamo tutto ma resta pur sempre qualcosa che appartiene alla sfera dell’imprevedibilità, qualcosa che ci sfugge e che appartiene al mistero.
Questa cometa ha lasciato una lunga coda di delusioni e quanti hanno pensato di poter ammirare in cielo la storia di Davide (cometa) che vince Golia (il Sole) sono rimasti con un palmo di naso.
Inchiniamoci dunque davanti al mistero.
Anche una cometa può impartirci una bella lezione di umiltà.
Franco Gàbici
Ho citato il titolo del famosissimo romanzo di Alfredo Panzini (“Il padrone sono me”) perché a fine dicembre ricorrono i centocinquant’anni della nascita dello scrittore. Dimenticato dalla critica per le sue idee di destra, Panzini è stato invece uno scrittore straordinario. Se proprio lo volere sapere, in questi ultimi mesi mi sono letteralmente divorato quasi tutti i suoi romanzi e vi assicuro che è stata una esperienza piacevolissima. Fatelo anche voi. f.g.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).