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di memoria, cultura e molto altro...      Ravenna, 30 Maggio 2008



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  Orbitando
  intorno
  alla sonda Phoenix

  La sonda “Phoenix” è sbarcata felicemente su Marte il 25 maggio e uno potrebbe dire embé cosa c’è di strano, i veicoli spaziali ormai non fanno più storia.
  Invece, se andaste a farvi un giretto sul pianeta, vi accorgereste che buona parte della sua superficie è tutta cosparsa di rottami spaziali delle macchine che in trent’anni si sono avvicinate senza successo al “pianeta rosso” schiantandosi al suolo per cui Marte sembra quasi una discarica, non proprio come le vie di Napoli, no quella è una faccenda troppo esagerata e poi queste cose bisogna dirle sottovoce perché a qualcuno potrebbe venire in mente di fare una bella astronave piena di spazzatura e spedirla su Marte tanto lassù non c’è nessuno.
  Ma che discorsi. E la proposta, che sembra assurda e balorda, non sarebbe nemmeno una novità perché già l’idea era stata ventilata, con buona pace di Cicerone che ebbe a dire a suo tempo che non c'è niente di così ridicolo che non sia stato detto da qualche filosofo, in questo caso al posto del filosofo dovrebbe starci il tecnico astronautico ma la sostanza del discorso non cambia.
  Insomma, a farla breve, una trentina di anni fa fu davvero avanzata l’idea di una astronave spazzina non certo per pulire le strade di Napoli ma per ripulire le orbite dei satelliti artificiali, tutte ingombre di rottami pericolosi per tutti i satelliti a venire e dopo aver appreso la notizia la Luna divenne immediatamente tutta scura di rabbia e disse fra sé: "voglio proprio vedere se avranno il coraggio di fare una cosa simile".
  Per fortuna non l’hanno fatta sennò sapete voi che muso ingrugnato avrebbe messo su la nostra Luna che sicuramente, Marinetti consenziente, avrebbe messo in onda un clamoroso sciopero del plenilunio, con qual dispetto dei romantici e degli innamorati in genere potete immaginare.

Perché non capite “Una Canzone al Giorno”?
  La sonda “Phoenix”, dunque, è atterrata e lo ha fatto in un modo nuovo, non usando i tradizionali “air bags” ma atterrando su tre piedi metallici molleggiati per attutire l’intensità dell’impatto. Gli “air bags” infatti avrebbero sicuramente prodotto un effetto rimbalzo e la sonda anziché atterrare nel punto stabilito sarebbe volata chissà dove e invece adesso è lì, in una zona ben definita del polo nord marziano e si è subito messo al lavoro col suo braccio meccanico che scaverà il suolo fino a una profondità di quasi un metro per andare alla ricerca di tracce d’acqua.
  L’acqua è il pallino di queste missioni perché acqua vuol dire vita e allora chissà se su Marte esistono, o sono esistite, forme di vita, magari primordiali. Sì, perché non puoi pretendere di trovare lassù della gente come noi - pensate che brutta cosa pensare che anche su Marte potrebbe esserci della gente come noi, in tutto l’universo bastiamo, e avanziamo noi - e intanto, nell’attesa di scovare il vagito di qualche microbo, la sonda si è messa scattare foto e il paesaggio non è granché.
  Del resto lo si sapeva che Marte è triste e brullo, però questa volta le foto hanno messo in evidenza una speciale struttura del suolo, fatto a poligoni irregolari per cui di primo acchito ti sembra quasi di vedere una strada romana, sul tipo della via Sacra.
  Se proprio lo volete sapere è la via che inizia presso il Colosseo e che una volta era calpestata dagli antichi romani mentre adesso è feudo dei venditori ambulanti che ti vorrebbero appioppare monili di vetro illuminati dall’interno, cavalletti per macchine fotografiche e altra cianfrusaglia, quella via Sacra ricordata da Orazio nella sua famosa satira dello scocciatore, “Ibam forte via Sacra, sicut meus est mos…”, ma questo è solamente un ricordo scolastico.
  Non credo che Marte sia stato colonizzato dai Romani, i romani certo sono stati dei grandi conquistatori ma da qui a dire che sono andati anche a invadere Marte ce ne passa.
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  Oh, sì, se ce ne passa anche se ci fu un periodo in cui qualcuno pensava veramente che su Marte ci fossero dei canali costruiti se non proprio dai romani almeno dai marziani, sì proprio loro, i marziani, che popolavano i romanzi di fantascienza, i marziani che erano cattivi e pericolosi e mentre noi ce ne stavamo tranquilli sulla terra loro se ne stavano nascosti a lustrare le loro astronavi per assalirci alla traditora e conquistare la terra.
Insomma, non c’era molto da stare allegri e in effetti la chiusa di un famoso film di fantascienza recitava: “Attenti al cielo!” e tutti a guardare il cielo con ansia e forse per questo motivo la gente vedeva gli Ufo, che altro non erano se non proiezioni delle nostre ansie e paure.
  Non lo dico io ma lo disse Carl Gustav Jung che proprio un centinaio di anni fa (1909) si staccò dal maestro Freud troppo legato alle letture in chiave sessuale e infatti Jung diceva che al mondo non esisteva solamente il sesso mentre per Freud sì. Ma questo è un altro discorso che non c’entra nulla coi marziani e con la sonda “Phoenix” che fu lanciata il 4 agosto dell’anno scorso e che in questi giorni, dopo un viaggio di 600 e passa milioni di chilometri è arrivato nel luogo esattamente previsto.
  E gli strumenti della sonda dovranno lavorare in tutta fretta perché dietro all’angolo incombe l’inverno marziano che coprirà ogni cosa trasformando il luogo in una specie di Caina dantesca.
  Verrebbe proprio da dire tanta fatica per nulla.
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Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).



 


Franco Gabici

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