Solidarietà a tutto il popolo abruzzese sconvolto dal terremoto
In questi ultimi anni sono stato due volte a L’Aquila, una città che sa affascinare e coinvolgere. La città delle novantanove chiese, delle novantanove borgate. La città della fontana delle “novantanove cannelle”: “Se L’Aquila si rallegra di monumenti potenti scrive Giorgio Manganelli in un bellissimo elzeviro dedicato a questa straordinaria città nessuno è forse più delicato e leggero del tempietto ché certo fu luogo votivo, disegnato dalla fontana delle novantanove cannelle. Equoreo tempietto: oso dire che ai miei occhi riporta il ricordo di talune fontane dell’oriente islamico, sia di Granata che di Lahore. L’acqua che disegna, che costruisce. Molto orientale”.
L’Aquila, scrive ancora Manganelli, è la città che ogni anno, a ottobre, manda un mazzo di rose in Svizzera sulla tomba di Arthur Rubinstein, suo cittadino onorario. L’Aquila
“città sommamente musicante, tra le più musicanti d’Italia”.
L’Aquila ogni anno, alla fine di agosto, celebra la festa della “Perdonanza”,
un antico rito legato a papa Celestino V che si conclude con una straordinaria sfilata davanti alla stupenda basilica di Santa Maria di Collemaggio, simbolo di questa città. Mi sono sempre portato dentro i colori e le allegrie di questa sfilata insieme al proposito di ritornare.
“Passeggiando per l’Aquila continuamente ci si trova chiamati da immagini preziose, nobili di severa antichità”. E chi ha passeggiato per le strade di questa città può confermare le impressioni di Manganelli così come non può non condividere le considerazioni sul “Castello”, che lo scrittore dice essere “arrivato quassù tre secoli dopo la nascita della città” diventandone “la summa grafica, il colmo costruttivo, quasi lo stemma”. E secondo Manganelli il castello è proprio “arrivato”, “e veramente ha qualcosa di metallizzato, l’immagine di una macchina impietosa calata aquilescamente dallo spazio”.
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Scrivo tutto questo mentre mi passano davanti agli occhi le immagini impietose di questa città “dal nome rapace e regale” (Manganelli) tutta sventrata e dove le cupole delle sue chiese in un attimo fatale si sono aperte per accogliere l’antico dolore del cielo sulle miserie umane.
Già la città era stata devastata da sismi in tempi remoti, ma sempre è risorta, più bella e più suggestiva.
Fa male al cuore vedere questa città ferita nei suoi affetti, nella sua storia, nella sua dignità. Fa male al cuore vedere tanta gente accampata che in un attimo ha perso famigliari, amici, case… ma soprattutto fa male vedere il cinismo e la vigliaccheria che non si inchinano nemmeno di fronte al dolore.
“Senti raspar fra le macerie e i bronchi/la derelitta cagna ramingando/su le fosse e famelica ululando…”: questi versi dei “Sepolcri” di Foscolo richiamano efficacemente gli sciacalli umani, trista genìa che degrada il nostro essere uomini.
E qui vorrei ricordare soprattutto l’opera instancabile e preziosa dei vigili del fuoco. D’accordo, altre forze e altri corpi dedicano il loro tempo in questo terribile frangente (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanzia, Esercito, polizie locali…) ma consentitemi un po’ di partigianeria per i “pompieri”, perché li sento miei più di ogni altri. Mio padre Guido era uno di loro e io li ricordo tutti ad uno ad uno, i loro volti, la loro generosità, la loro dedizione al servizio. Ricordo in tempi lontani quando mio padre mi salutava perché insieme ai suoi colleghi doveva andare a soccorrere gli alluvionati del Polesine. C’era da star sereni e tranquilli con un padre così, che sapeva amare e aiutare.
Giorni fa un servizio televisivo ci ha mostrato un “pompiere” che aveva tratto in salvo un crocifisso di legno dalle macerie di una chiesa. Lo teneva in mano come se avesse un bambino e all’intervistatore il “pompiere” offrì la sua commozione. Ecco, i “pompieri” sono proprio così, come quello morto a soli cinquant’anni stroncato dalla fatica.
Ricordi e ricordi…
Ricordo la lunga notte della tragedia di Vermicino quando sull’orlo di quella maledetta buca c’era sempre un “pompiere” a parlare con il piccolo Alfredino. Il cuore dei “pompieri” non cessa mai di battere. Mio padre e i suoi colleghi erano uomini pratici, romagnoli doc, buoni e generosi. Non erano certo dei baciapile, ma sono sempre stati rispettosi delle idee altrui. Mio padre e un suo collega, durante la seconda guerra mondiale, sfidarono le bombe per trarre in salvo la Madonna Greca venerata nella basilica di Santa Maria in
Porto Fuori, la “casa di Nostra Donna in sul lito Adriano” cantata da Dante e di questo andava orgoglioso. I “pompieri” erano fatti di una pasta così. “Flammam estinguere flamma” era il loro motto. Il motto dei pompieri dell’Aquila è invece “Aliis serviendo consumor”. Mi struggo servendo gli altri. Proprio come stanno facendo adesso.
Franco Gàbici
Le citazioni sono tratte da: G.Manganelli, La favola pitagorica, Milano, Adelphi, 2006.
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).