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alle mie parti (la Romagna) si è sempre detto che i preti ne sanno una più del diavolo ma, anche senza scomodare il diavolo, il detto si potrebbe aggiornare dicendo che i preti ne sanno una più del Mit, il prestigioso Massachussets Institute of Thecnology. Dal Mit, infatti, è uscita in questi giorni una notizia secondo la quale sarebbe possibile costruire una “macchina del tempo” che consentirebbe viaggi nel passato alla ricerca delle cose perdute. Il desiderio di costruire macchine del genere, per la verità, non è molto originale. Mi vengono in mente, così sui due piedi, “Un americano alla corte di re Artù” (ci fu anche una versione cinematografica con il protagonista interpretato da Bing Crosby) e il più “scientifico” romanzo di Wells “La macchina del tempo” uscito nel 1895. Ma pochi conoscono il padre benedettino Pellegrino Alfredo Maria Ernetti, scomparso quasi settantenne nel 1994 nel convento dell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, che fece scalpore con il suo “cronovisore”, un marchingegno da lui inventato con il quale riusciva a captare gli eventi del passato per poi rivisionarli nel presente. Ecco dimostrato che i preti ne sanno una più del diavolo.
E siccome, quando si parla di certe cose, un po’ di mistero non guasta mai, fu subito confezionata la leggenda metropolitana secondo la quale la “macchina” di padre Ernetti, regolarmente funzionante, sarebbe conservata gelosamente in Vaticano con tanto di divieto di usarla.
La storia del “cronovisore” venne messa in giro da un altro prete, il teologo Francois Brune, che pubblicò in Francia un volume, tradotto anche in italiano con il titolo “Il nuovo mistero del Vaticano”, che fece ovviamente un gran scalpore al punto che lo stesso pontefice avrebbe vietato di parlarne e così attorno al “cronovisore” sono cresciute le ragnatele e oggi nessuno ne parla più.
Padre Ernetti, in certe interviste rilasciate, dichiarava di aver costruito la sua macchina negli anni Cinquanta del secolo passato avvalendosi anche della collaborazione di Fermi e di Von Braun. Ovviamente dietro a questo congegno ci stava la teoria secondo la quale ogni essere umano, mentre cammina nel tempo, si lascia dietro una specie di bava che però non è come quella che vediamo dietro le lumache, ma è un qualcosa di più complicato, una mistura di energia che, proprio in virtù dei grandi principi di conservazione, non andrebbe smarrita. Sarebbe come dire che la sabbia che si accumula nella parte inferiore delle nostre clessidre non va sciupata, ma è possibile recuperare. E padre Ernetti con la sua macchinetta riuscì a vedere Mussolini e Napoleone e addirittura si trovò fra gli spettatori di una tragedia di Quinto Ennio, il “Tieste”, rappresentata nel 169 a.C. e della quale oggi si conoscono solamente alcuni frammenti.
Ma la cosa più straordinaria è che padre Ernetti confidò a padre Brune di avere assistito a tutto lo svolgimento della passione, morte e resurrezione di Gesù.
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Se proprio lo volete sapere, una macchinetta del genere piacerebbe anche a me. Mi ha sempre affascinato il viaggio a rovescio nel tempo, proprio per quella sua impossibilità dimostrata anche scientificamente. Sarebbe proprio bello sedersi in poltrona e, armati di telecomando, passare in rassegna il film della nostra vita. Oppure andare indietro alla ricerca degli eventi passati. Sarebbe uno spettacolo sicuramente molto più bello di quelli che ci passa la televisione.
Pensavo che la notizia piovuta dal MIT avesse interessato i mass media di tutto il mondo e invece il tutto si è risolto in una brevissima notizia diffusa da un telegiornale. Stai a vedere che si tratta di una di quelle notizie tipiche dell’estate quando i giornalisti non sanno mai cosa raccontare se non che d’estate fa caldo, che nei week end il traffico è da bollino rosso, che bisogna bere molta acqua e che non bisogna uscire durante le ore calde.
Ricordo che l’estate era la stagione in cui i giornali riportavano le notizie degli avvistamenti degli Ufo e io, ragazzino, ricordo che me ne stavo a fissare la bella tavola azzurra del cielo per vedere se mai mi riusciva di vedere quelle cose delle quali i giornali chiacchieravano tanto. Mai visto un Ufo in vita mia e anche le persone che frequento mi dicono di non aver mai assistito a spettacoli del genere. Magari aveva ragione Jung quando diceva che gli Ufo sono dentro di noi. Però, a ben pensarci, è molto strano che gli esseri umani si trovino solamente sulla terra, che è un granellino insignificante nel grande mare dell’universo. Ma non è tempo di pensare a queste cose. Fuori fa troppo caldo e poi, come diceva Luigi Malerba, pensare confonde le idee. E in quanto alle idee, diceva Ennio Flaiano, io ne ho poche ma confuse. E chiudo qui la mia Bollicina numero 299. Con la prossima faranno 300. È un numero pazzesco.
Se avessi a disposizione il “cronovisore” lo userei per vedere il giorno in cui scrissi la prima “Bollicina”. Era il settembre del 2001. Quasi dieci anni fa. E la cosa più sorprendente è che qualcuno le legge. Incredibile.
Tempo fa, stimolato da una mia “Bollicina”, mi scrisse Ugo Fangareggi, l’attore che impersonò lo scudiero Mangold nella fantastica “Armata Brancaleone” di Monicelli. Mi ringraziò per aver ricordato la figura di Pietro Marra, insuperabile addestratore di animali nel mondo del cinema. A volte succede anche questo. Scrivi una Bollicina e ti risponde Mangold. Il mondo è proprio strano!
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).