Dieci mila miliardi è un numero pazzesco, di quelli che si fa fatica ad immaginare. Ed è il numero di operazioni che “Tier 1”, il supercalcolatore entrato in funzione alcuni giorni fa all’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) di Bologna, è in grado di elaborare in appena un secondo. Un secondo! I nostri occhi battono le ciglia e “Tier 1” ha già esaminato 10 mila miliardi di operazioni. È semplicemente pazzesco.
“Tier 1” fa parte di una combriccola di dieci cervelloni sparsi un po’ in tutto il mondo. Sei sono in Europa, due negli Stati Uniti, uno in Canada e un altro è a Taipei, in Taiwan, dove tra l’altro si trova anche il grattacielo più alto del mondo, uno spilungone di oltre 500 metri alto quanto quattro volte il Pirellone di Milano. Lo hanno chiamato “Taipei 101” dal numero dei suoi piani.
E se dieci mila miliardi di operazioni al secondo vi sembrano una faccenda spropositata, pensate che nei prossimi dieci anni il “Tier 1” raddoppierà anno dopo anno le sue prestazioni. Il tutto per raccogliere la quantità incredibile di dati che l’LHC di Ginevra, l’acceleratore di particelle più potente del mondo, comincerà a diramare a partire dalla fine del 2009.
E tutto questo sapete perché? Per cercare di carpire e di capire l’attimo fuggente della creazione, quel “Fiat lux” che sta all’origine del tutto. Si andrà anche alla ricerca del cosiddetto “bosone di Higgs”, detto anche la “particella di Dio”, che sarebbe l’anello mancante per far quadrare i conti della struttura della materia. Non è il caso, ovviamente, di fare una lezione sulle particelle elementari, ma vi dico solamente che i fisici le hanno divise in due gruppi, i “bosoni” e i “fermioni”. Le prime in onore del fisico indiano Satyendra Nath Bose, le seconde in onore del nostro Enrico Fermi.
LHC aveva segnato il passo a causa di un incidente, ma adesso è stato rimesso a nuovo e dentro al suo grande anello di 27 Km di diametro sotto il confine fra la Francia e la Svizzera le minuscole particelle, i cosiddetti “adroni” (dal termine greco “adros” che significa “pesante”), correranno allegre a velocità prossime a quelle della luce. La velocità della luce! 300 mila Km al secondo! Anche questo è un numero straordinariamente grande.
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E se ci vogliamo ancora baloccare coi grandi numeri pensate che i magneti di questo LHC se ne stanno in ammollo dentro all’elio liquido a una temperatura di 271 gradi sotto zero, che è un valore assai vicino al cosiddetto “zero assoluto”, la temperatura limite oltre la quale non è possibile andare. E durante l’incidente che causò l’arresto temporaneo del sistema si registrò una fuoruscita di ben 6 tonnellate di elio.
Abbiamo fatto passi da gigante sulla strada della conoscenza, abbiamo dimostrato che il nostro universo è in espansione e che le galassie si stanno allontanando le une dalle altre. Facendo scorrere all’incontrario il film dell’universo abbiamo scoperto che tutte le galassie si avvicinano e convergono in un unico punto, quell’”uovo primordiale” (o “uovo cosmico” o “atomo primevo”) dove stava concentrata tutta la materia e lo spazio.
Il nostro filmato, però, si arresta all’istante dello scoppio (quello che fu chiamato il “Big bang”). La navicella del nostro ingegno si arena proprio lì, sul limitare del mistero della creazione. La nostra testolina è troppo piccola e proprio non ce la fa. Per questo chiediamo l’aiuto ai cervelloni che senza farsi venire l’emicrania sono in grado di elaborare dieci mila miliardi di operazioni al secondo. Lavoreranno senza soste ventiquattro ore al giorno. Non conosceranno né sabati né domeniche. Si lavora a zappa bassa e stop.
Il Padreterno dopo sette giorni si riposò, ma il cervellone “Tier 1” non potrà concedersi nemmeno un attimo di riposo. E non è detto che arrivi a scoprire il mistero del “Fiat lux”, quell’atto della creazione che intriga non poco i cosmologi. E se mai arriveranno alla soluzione, c’è chi ha già pronto un altro quesito: cosa faceva Dio prima del Big Bang? Ma a questa domanda un astronomo ha già dato la risposta: “Prima del Big Bang il Padreterno stava creando l’inferno per cacciarvi dentro chi avrebbe fatto domande così stupide!”.
Franco Gàbici
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(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).