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di memoria, cultura e molto altro...      Ravenna, 13 Luglio 2010



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Franco Gàbici è Premio Guidarello di Giornalismo.

ESTATE

  Estate… sei calda come i baci che ho perduto… sei piena di un’amore già passato… Ricordate? Sono i versi che aprono la mitica “Estate” di Bruno Martino, una canzone “cult” (il testo è di Brighetti) che proprio in questi giorni ha festeggiato il mezzo secolo di vita. Sul vinile del “45” della “Voce del padrone”, infatti, che reca il numero “7 MQ 1461”, è impressa la data dell’incisione: 12 luglio 1960. A questo successo di Martino ho dedicato ben 5 “capitoli” (dall’11 al 15 agosto) nel mio “Una canzone al giorno” (Simonelli Editore, 2007), un libro che vi consiglio caldamente di leggere perché è unico nel suo genere. Provare, anzi “leggere” per credere. Lo scorso inverno sono andato a presentare questo libro perfino in Svizzera, a Bellinzona, e tutti sono rimasti felici e contenti. In Italia invece… mah, eppure tutti quelli che lo hanno letto ne sono rimasti entusiasti per quell’aria di giusta nostalgia che vi si respira. Ogni giorno una canzone, legata a un vecchio “45”, e ogni “45” è un ricordo, di quelli belli.
  Ma torniamo a “Estate” e a quel fantastico 1960 che per la musica leggera italiana è da considerare un vero “annus mirabilis”. Molte canzoni che hanno fatto epoca sono targate 1960. Volete qualche esempio? Cominciamo da “Il nostro concerto” di Umberto Bindi (musica di Bindi e testo di Giorgio Calabrese). Ovunque sei, se ascolterai, accanto a te, mi rivedrai… La canzone è veramente un piccolo concerto e dimostra come Bindi fosse veramente un grande della musica.
  L’introduzione, cosa insolita per una canzonetta, dura un minuto e tutto “Il nostro concerto” oltrepassa i quattro minuti quando la media delle canzoni era intorno ai due minuti e mezzo. Voi capite, allora, come mai quando nei festini veniva messo sul piatto “Il nostro concerto”, tutti si davano da fare per invitare l’amica del cuore perché voleva dire stare abbracciati con lei per più di quattro minuti.
  Il 1960 è l’anno di “Sassi”, de “La gatta” ma soprattutto è l’anno de “Il cielo in una stanza”, tre colpi messi a segno da Gino Paoli. Uno di questi, però, finì nel repertorio di Mina che fece de “Il cielo in una stanza” un successo mondiale. Quando sei qui con me, questa stanza non ha più pareti, ma alberi, alberi infiniti… Poi si viene a sapere che il “soffitto viola” appartiene a una di quelle case che la senatrice Merlin aveva chiuso qualche anno prima, ma tutto questo non guasta l’atmosfera di questa canzone (che sia nata da questa situazione l’espressione corrente: “bello un casino!”?), una suggestiva aria di sapore gregoriano che ancora oggi, quando la ascolti, fa correre robusti brividi dall’Atlante al Coccige. L’Atlante, se non lo sapete, è la prima vertebra del rachide, quella specie di chiodo che si innesta nell’Epistrofeo per darci l’opportunità di far ruotare il collo. Atlante ed Epistrofeo sono due personaggi della mitologia. Questo per farvi sapere che so tante cose e che queste cose le ho imparate a scuola, al liceo scientifico di Ravenna (la mia professoressa di scienza era terribile, si chiamava Carolina Surdi Moro ed era nata a Udine nel 1890), mentre Leo Longanesi diceva che a scuola aveva imparato le cose che non sapeva (famosissimo il suo aforisma: “Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola”).

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  Ma torniamo all’”annus mirabilis”. Il 1960 è l’anno di “Impazzivo per te” cantata da Adriano Celentano, di “Apache” degli Shadows e di “Nessuno al mondo” cantata da Peppino di Capri, che nello stesso anno incide “I te vurria vasà”, “’A pianta ‘e stelle”, “Luna caprese” e “Per un attimo”. E scusate se è poco.
  Il 1960 segna anche l’esordio di Nico Fidenco con la canzone “What a sky”, inserita nella colonna sonora del film di Maselli “I delfini”. Per la verità nella colonna sonora doveva entrare “Crazy love” di Paul Anka ma la Columbia chiese una cifra spropositata e così in fretta e furia si pensò alla canzonetta di Fidenco per la quale non era stata prevista l’incisione in vinile. Dopo l’uscita del film, invece, la gente si recava nei negozi di dischi a chiedere la canzone del film e ciò indusse la Rca a confezionare il “45”. E per fare uscire il disco in fretta e furia, la Rca decise di sbattere sul “lato B” la stessa canzone cantata in italiano (“Su nel cielo”).
  E “Mule skinner blues dove la mettiamo? I Fenderman ne fecero una chiassosa e simpaticissima interpretazione e il disco uscì con una copertina disegnata da Guido Crepax.
  Nel 1960 Domenico Modugno incide “Nuda”.Languida, morbida, purissima… Nuda! Mia! Ti sento ancora fra le mie braccia… Il “45” fu immediatamente ritirato dalla circolazione per evitare gli incrementi dei cattivi pensieri e sostituito con “Più sola”. Meglio “sola” che “nuda”. Oggi il disco potrebbe essere distribuito alle educande di un collegio di suore.
  Molte altre canzoni sono uscite nel 1960, cinquant’anni fa (o, se preferite, mezzo secolo fa). E molte sono ricordate nel mio libro “Una canzone al giorno”, che uscì con la prefazione di Edmondo Berselli. Oggi Edmondo non c’è più e la cosa fa tristezza. Così come non c’è più Lelio Luttazzi (scomparso pochi giorni fa) che fece una simpatica parodia alla canzone “Estate” cantando “Odio le statue”.
  “Estate”… L’estate sta impazzando in questi giorni e la nostra tivù, come una brava mamma premurosa, ripete l’antico ritornello che le persone anziane non devono uscire nelle ore calde, che si deve bere molto e che bisogna indossare vestiti leggeri… Io invece nel 1960 avevo diciassette anni e nel mese di luglio andavo a giocare a tennis a Marina di Ravenna alle due del pomeriggio sotto il sole che spaccava le pietre. Ancora la tivù non elargiva i suoi consigli materni e io mi godevo la vacanza. Avevo studiato l’Atlante e l’Epistrofeo. Quel 1960 sarebbe stato anche l’ultimo anno di insegnamento della terribile Moro, che incontrai alcuni anni dopo alla stazione, un luogo dove spesso i cammini si dipartono. Mi sorrise, la vecchia prof, e in quel sorriso colsi tenerezza e affetto. Oggi, a distanza di mezzo secolo, ricordo ancora l’Atlante e l’Epistrofeo. E penso con un po’ di nostalgia che cinquant’anni fa ascoltavo “Estate” di Bruno Martino.

Franco Gàbici

Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.


















 

Simonelli Editore consiglia di leggere:
Una Canzone al Giorno  di Franco Gàbici
Gadda - Il dolore della cognizione  di Franco Gàbici
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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).



 


Franco Gabici

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