Grande stupore ha suscitato l’altro ieri la presenza di un individuo, dall’aspetto gracile e con un principio di gobba, che era riuscito a intrufolarsi all’interno del Palazzo di Vetro dell’Onu eludendo, come si dice in questi casi, i controlli messi in atto dai servizi di sicurezza.
Immediatamente fermato dagli uomini addetti al servizio, lo sconosciuto sul principio non ha voluto declinare le proprie generalità e questa sua ritrosia non era di certo dovuta a una sua precisa volontà di nascondersi, quanto al fatto che nessuno gli avrebbe creduto. Dall’esame dei documenti, infatti, l’omino risultava essere un italiano, nato a Recanati il 29 giugno del 1798 e già la cosa puzzava di bruciato.
Anche i servizi segreti, messi al corrente, non sapevano più che pesci pigliare perché l’omino, nonostante risultasse già deceduto a Napoli nel 1837, dati alla mano, aveva un’età presunta di 211 anni. Eppure l’omino dimostrava una certa sicurezza e diceva di essere molto vicino al segretario generale che aveva un nome, Ban Ki-moon, che glielo rendeva famigliare. Anche su questo punto i servizi segreti si dettero parecchio da fare e alla fine giunsero a scoprire che l’omino di 211 anni si chiamava Giacomo Leopardi, che di professione era poeta e che molte sue poesie erano dedicate alla Luna, che in inglese si dice Moon, proprio come il cognome del segretario.
«Ma io», disse Giacomo Leopardi, di professione poeta, «non sono qui per parlarvi della Luna, ma del clima e per dimostrarvi che le storie sul clima son sempre le stesse, da che mondo è mondo: “Io credo che ognuno ricordi di aver udito dai suoi vecchi più volte, come mi ricordo io dai miei, che le annate sono divenute più fredde che non erano, e gli inverni più lunghi; e che, al tempo loro, verso il dì di Pasqua si solevano lasciare i panni dell’inverno; la qual mutazione oggi, secondo essi, appena nel mese di maggio, e talvolta di giugno, si può patire”».
A questo punto Ban Ki-moon si alza, cede la sua poltrona al poeta e lo invita a continuare.
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Il discorso, infatti, si fa interessante perché il poeta annuncia di parlare del rapporto fra il clima e i caratteri: «Il clima d’Italia e di Spagna è clima da passeggiate e massime nelle loro parti più meridionali. Ora queste nazioni non hanno conversazione affatto, né se ne dilettano: e quel poco che ve n’è in Italia, è nella sua parte più settentrionale, in Lombardia, dove certo si conversa assai più che in Toscana, a Napoli, nel Marchigiano, in Romagna, dove si villeggia e si fanno tuttodì partite di piacere, ma non di conversazione, e si chiacchiera assai, e si donneggia assaissimo, ma non si conversa». Giacomo si accorge di essere in un consesso mondiale e allora allarga la sua analisi: «Il clima d’Inghilterra e di Germania chiude gli uomini in casa propria, quindi è loro nazionale e caratteristica la vita domestica, con tutte l’altre infinite qualità di carattere e di costume e di opinione, che nascono o sono modificate da tale abitudine. Pur vi si conversa più assai che in Italia e Spagna (che son l’eccesso contrario alla conversazione) perché il clima è per tale sua natura meno nemico alla conversazione, poiché obbligandoli a vivere il più del tempo sotto tetto e privandoli de’ piaceri della natura, ispira loro il desiderio di stare insieme, per supplire a quelli, e riparare al vôto [leggi “vuoto”, n.d.r.] del tempo ec.».
Beh, cari amici lettori, avrete capito che questa è una storiella inventata, ma le citazioni sono originali e provengono dai “Pensieri” e dallo “Zibaldone” del poeta di Recanati.
Per dirvi che il genio di Leopardi si è interessato anche di clima e qui anch’io voglio parlarvi del clima, ma del clima autunnale e invito ancora una volta Leopardi a dire la sua: «Nell’autunno par che il sole e gli oggetti sieno d’un altro colore, le nubi di un’altra forma, l’aria d’un altro sapore. Sembra assolutamente che tutta la natura abbia un tuono, un sembiante tutto proprio di questa stagione più distinto e spiccato che nelle altre anche negli oggetti che non cangiano gran cosa nella sostanza…».
Autunno! E come si fa a non ricordare Cardarelli?
Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti,
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Non mi stanco mai di ascoltare questi versi, che sono l’essenza dell’autunno.
Li recitavo dentro di me l’altro ieri, mentre me ne stavo a contemplare la gran quiete marina e li mescolavo al ricordo dei gabbiani inquieti in perpetuo volo che balenano in burrasca.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).