A seguire giornali e televisioni sembra che solamente le brutte notizie abbiano il diritto alla prima pagina, per cui uno si chiede, giustamente, se il mondo sia veramente fatto così male o se viceversa ne esista un altro, parallelo, dove invece succedono cose gentili. A farla corta, chi pensava che il libro “Cuore” di De Amicis fosse morto e sepolto si sbagliava di grosso, perché le storie alla De Amicis esistono ancora e sono tanti fiori che danno profumo a un mondo che sembra essere davvero un letamaio. E l’ultimo fiore è spuntato a Ravenna, la città dove abito, e ditemi voi se questa notizia non meriterebbe la prima pagina di tutti i giornali. Protagonista è una professoressa di matematica, Luciana Baldini, morta nel maggio scorso a ottantadue anni, che lascia come erede universale la scuola dove ha insegnato matematica per tanti anni. A conti fatti si tratta di quasi un milione di euro, quasi due miliardi delle vecchie lire per capirci, che la scuola dovrà trasformare in tante borse di studio per i suoi studenti “bisognosi e meritevoli”.
Questa è la storia da libro “Cuore”. Ma il cuore, come è noto, ha delle ragioni che la ragione non conosce e adesso sono proprio curioso di sapere come si muoverà la nostra burocrazia che di cuore, notoriamente, non ne ha nemmeno un po’. E il preside, che fra l’altro è anche un mio vecchio amico, è tutto preoccupato e teme che buona parte del patrimonio vada disperso in impicci burocratici. Fa parte della cospicua eredità anche una villa sul litorale, e questa, ad esempio, non potrà essere venduta con trattativa privata ma dovrà seguire l’iter dell’asta pubblica, sicuramente meno conveniente. E poi chissà quali altri impicci verranno fuori. Sarà proprio una bella storia, da seguire con attenzione.
La professoressa Baldini è andata in pensione nel 1991 dopo avere insegnato per quasi quarant’anni, ma è sempre stata legata alla sua scuola, l’Istituto Tecnico “Camillo Morigia”, e ovviamente è sempre rimasta affezionata ai suoi ex alunni, che non l’hanno mai dimenticata. Una insegnante esigente e precisa, come lo sono tradizionalmente le insegnanti di matematica, almeno quelle di una volta, spesso dipinte come delle streghe crudeli, e invece… Pensate, impartiva lezioni di matematica a chi aveva bisogno e non si faceva dare una lira. Storie veramente di altri tempi.
Il Provveditore agli studi Giancarlo Mori ha commentato molto favorevolmente questo gesto dicendo che l’insegnante di matematica ha dato una mano allo Stato. E l’augurio di tutti è che lo Stato agisca con un po’ di criterio, lasciando da parte certe interpretazioni cavillose. Quei due miliardi di vecchie lire andranno solo e soltanto a beneficio della scuola e degli alunni meritevoli e dunque sarebbe quasi un sopruso decurtare un patrimonio del genere per mere questioni burocratiche. Ma la burocrazia è la burocrazia. Non si scappa. Ricordate il gustoso aforisma di Marcello Marchesi? Bolli, sempre bolli, fortissimamente bolli…
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Ma lasciamo perdere i tristi pensieri e godiamoci questa bella favola. È la fine di settembre, le scuole sono appena iniziate.
Ricordo il mio ingresso al Liceo scientifico, con l’emozione per la nuova scuola mescolata a quel clima di pericolo diffuso dalla influenza “asiatica”. Erano i primi di ottobre del 1957 e mezza Italia era a letto con febbroni da cavallo. Io, ragazzino di quattordici anni, facevo gli scongiuri per non beccarmi questa influenza perché non volevo assolutamente perdere l’emozione di quel primo giorno di scuola.
Poi arrivò il lancio dello Sputnik (lanciato fra il 4 e il 5 ottobre) a distogliere la gente dalla preoccupazione dell’influenza. Molti, infatti, cominciarono a preoccuparsi dell’influenza… russa.
La storia, dunque, si ripete e se nel 1957 dilagava la “asiatica”, adesso dobbiamo fare i conti con la “suina”. C’è una sola differenza: allora avevo quattordici anni e adesso ne ho sessantasei. Un bel numero, non c’è che dire. È pure palindromo e divisibile per “3” e dunque è un numero dantesco.
Ma lasciamo stare questi discorsi e pensiamo alla bella storia della professoressa di matematica che sul letto di morte non ha voluto dimenticare la sua scuola e soprattutto gli alunni meritevoli. Una bella storia, una stella che illumina questo nuovo anno scolastico. Il mondo è brutto, siamo d’accordo. Ma a volte sa ancora stupire. Ed è questo, in fondo, il bello della vita.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).