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Ravenna,
11 Aprile 2007
Ti sei perso una cosa...Le
VideoConversazioni di Luciano Simonelli. Se hai un collegamento ADSL,
Guardale
Ricordate? Qui New
York. Vi parla Ruggero
Orlando...
In
questo 2007 ricorrono i cento anni della nascita del grande giornalista
Ruggero Orlando, che moltissimi ricordano come corrispondente della
televisione da New York, che lui però chiamava secondo un'altra
accezione. Salutando i telespettatori con il classico sventolio della
mano, infatti, il giornalista esordiva con la frase: "Qui Nuova York, vi
parla Ruggero Orlando". "Nuova", dunque, e non "New", e ciò forse per
salvare la musicalità della frase, che può essere considerata un verso,
un dodecasillabo, che non avrebbe tollerato il "New".
Orlando, che fu uno dei bersagli preferiti dell'insuperabile
Alighiero Noschese, aveva tutta l'aria dello zio d'America al quale gli
italiani offrivano il salotto buono per ascoltare dalla sua viva voce
ciò che succedeva al di là dell'oceano. Ruggero Orlando parlava a
braccio e sottolineava i passaggi del suo eloquio con una mimica
facciale che richiamava il grande attore Gilberto Govi. Grandissimo
Ruggero! Fu uno dei protagonisti di quella fantastica notte
dell'allunaggio di Armstrong sulla Luna (era il 21 luglio del 1969) ed
ebbe un battibecco con Tito Stagno sulla priorità dell'annuncio del
contatto dello scarpone di Armstrong col suolo lunare. Il momento era
storico e Tito Stagno probabilmente fu colto dalla sindrome, tipica dei
giornalisti, di arrivare sempre primi. E ricordando la lunga diretta di
quella sera rimasi colpito dalla proprietà di linguaggio di Orlando, che
si muoveva con una navigata dimestichezza in un terreno generalmente
poco praticato dai nostri giornalisti (quello del linguaggio
scientifico), poi venni a sapere che Orlano aveva cominciato a studiare
matematica all’università e non saprei dire se si sia o no laureato, ma
sta di fatto che il piccolo Ruggero respirò in casa aria scientifica
perché suo padre, che morì sull’Isonzo nel 1915, era un docente di
matematica dell’università La Sapienza, esperto algebrista, specialista
della “teoria dei gruppi” e fondò la prima cattedra italiana di
costruzioni aeronautiche. Ma una pallottola nemica cancellò per sempre
il suo nome.
Mi piaceva Orlando per quella sua spontaneità che ostentava senza
leziosaggini. Lui era così e basta. Prendere o lasciare. Fu sicuramente
un grande del nostro giornalismo e mi piace qui ricordarlo dal momento
che, mi sembra, non lo abbia ancora ricordato nessuno. Ma spero di
sbagliarmi. Ruggero finì anche nel testo di una canzone di Bruno Lauzi.
Si chiamava "Arrivano i cinesi" e iniziava così: "Tutte le sere/al
solito posto/io resto nascosto/dai vieni anche tu/se mi vuoi trovare/son
dentro l'armadio/ascolto la radio/e non esco più". E ci credo! Il
protagonista, infatti, continua: "Arrivano i cinesi/arrivano
nuotando/dice Ruggero Orlando/che domani sono qui". Lauzi, dunque,
immagina una invasione dei Cinesi e questa, tanto per cambiare, è
raccontata da Orlando, che fu il primo corrispondente televisivo
italiano dagli Usa, dove rimase dal 1954 al 1970.
Ruggero Orlando appartiene alla prima stagione della televisione e
ha il fascino del bianco e nero. Orlando non aveva bisogno del colore
perché le sue corrispondenze erano di per sé colore. Morì a Roma
nell’aprile del 1994 a 87 anni e con lui se ne andava veramente un pezzo
della nostra storia. Frase banale, certo, ma non ne ho trovato una
migliore.
Aveva iniziato come corrispondente della Eiar a Londra e molti
italiani cominciarono a conoscerlo attraverso “Radio Londra”. Aveva
scritto nel 1935 una biografia dell’eroe socialista del nostro
Risorgimento Carlo Pisacane. Quando lavorava alla Eiar, dopo aver
scritto nel 1937 i necrologi di Guglielmo Marconi e di Angelo Musco,
uscì con questa battuta: “Meno male, siamo giunti alla lettera ‘m’”. Era
chiaro che fra le righe si leggesse “il mio macabro augurio a Mussolini”,
ma stranamente nessuno lo denunciò. Ma dietro la maschera del
giornalista cosa c’era? C’era un uomo straordinario, attaccatissimo alla
famiglia, al lavoro, alla sua Italia. Amante dell’arte e delle cose
belle. E forse il modo migliore per ricordarlo è ascoltare questa specie
di testamento spirituale: “Vivo ai margini della politica, della
letteratura e dell’arte; mi addolorano le sofferenze altrui; mi dispiace
di non cercare abbastanza loro rimedi: mi indispettisce quando me ne
manca la possibilità; ho rimorsi quando me ne manca la volontà. Spero di
lasciare un’esperienza di vita che è stata poco governata dall’interesse
personale e mai dalla malafede…”.
Qui Nuova York.
Vi ha parlato Ruggero Orlando.
Franco Gàbici
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Franco Gàbici
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del
Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista
pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani
Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze"
de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante
Alighieri".
Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di
cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col
Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di
don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano
("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli
Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon
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