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di memoria, cultura e molto altro...      Ravenna, 10 Marzo 2008



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  La sapete
  la storia
  dell’Apriscatole?

  Se permettete, oggi parliamo dell’apriscatole. D’accordo, non sarà una invenzione che ha rivoluzionato la storia dell’umanità, ma è pur sempre un aggeggio che ha una sua dignità e solamente per il fatto di essere presente in tutte le case merita che la sua storia sia raccontata. Ed è una storia abbastanza lunga, e pure curiosa, che inizia proprio centocinquant’anni fa, nel 1858, e precisamente a Waterbury, nel Connecticut.

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Ma il fatto più curioso è che l’invenzione di questo importantissimo attrezzo domestico sia successiva a quella della lattina, o scatoletta di latta, che fu ideata in Inghilterra nel 1810 da un commerciante di nome Peter Durand per risolvere il problema del rifornimento di provviste alimentari alla Royal Navy. Come tutte le invenzioni anche questa stentò a farsi strada tant’è che le prime scatole cominciarono a girare nel 1817 (oggi, invece, le scatole girano sempre…) ma furono adottate in massa solamente a partire dal 1861, al tempo delle famose battaglie fra sudisti e nordisti.
  Durand, però, non aveva capito che la sua invenzione delle scatole di latta sarebbe stata più completa se avesse contemporaneamente inventato anche il modo di aprirle. Di fronte a una lattina, infatti, si rimaneva alquanto perplessi.
  Qualcuna, però, aveva le istruzioni per l’uso.
Su una scatoletta che faceva parte del corredo di William E. Parry, che fra il 1821 e il 1823 esplorò l’artico orientale canadese, si leggeva la scritta: “Tagliate tutt’intorno la parte superiore con martello e scalpello”. La stessa scritta, evidentemente, non figurava invece sulle scatolette in dotazione ai soldati inglesi perché questi le aprivano usando le baionette. E c’è chi giura che la baionetta, inventata da un fabbro francese di Bayonne (da cui il nome), fosse stata inventata proprio per aprir le scatolette. Ma dai... Se, però, non riuscivano nell’intento passavano ad azioni violente ma assai efficaci. Ponevano le scatolette, infatti, a debita distanza e le aprivano a colpi di fucile.
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  Va anche ricordato che le prime scatolette erano robuste e molto spesse. Una scatoletta, una volta svuotata, poteva pesare anche mezzo chilo e pertanto l’apriscatole si affacciò sulla grande scena della storia quando le scatolette si presentarono con dimensioni e spessori più abbordabili.
  E si arriva così al 1858 quando Ezra J.Marner inventa l’apriscatole, un arnese che assomigliava a un punteruolo e che non dava molte garanzie. Molti polpastrelli, infatti, sono stati sacrificati in nome della apertura di una scatola. L’attrezzo fu poi perfezionato ma era sicuramente poco pratico. Qualcuno di questi apriscatole si trova ancora fra le cianfrusaglie delle nostre cucine e ricordo bene che aprire una scatola era faccenda da adulti. Occorrevano mano ferma e occhio vigile perché se il diabolico strumento scivolava erano dolori. Così andava il mondo. Poi arrivarono le modifiche.
  William W.Lyman introdusse il meccanismo della ruota dentata che avanzava lungo il bordo della scatoletta divorando la latta. Questo tipo di apriscatole fu brevettato nel 1870.
  Adesso le scatolette si aprono a strappo e prima ancora si aprivano arrotolando una apposita chiavetta che veniva data in dotazione e che occorreva disporre perpendicolarmente alla scatoletta. Ricordate? La chiavetta aveva all’estremità una specie di cruna nella quale si doveva infilare una piccola linguetta di latta e poi si procedeva all’apertura senza troppe difficoltà. L’unica difficoltà era… rigar dritto. Se poi la linguettina di latta si rompeva erano guai e allora occorreva far ricorso al vecchio arnese mettendo a repentaglio le nostre dita.
  Nel 1931 qualcuno inventò anche l’apriscatole elettrico, ma non credo abbia avuto molta fortuna. Ne esistono ancora oggi sul mercato, ma non mi sembrano molto diffusi nelle nostre cucine. Le scatole, infatti, continuano ad essere aperte nella maniera tradizionale e sicura, vale a dire con uno strappo e via!
  Esistono poi incredibili variazioni sul tema. Lo scorso anno, infatti, gli ambientalisti giapponesi avevano piazzato sulla nave Farley Mowatt una gigantesca lama apriscatole per speronare le baleniere e salvare la vita a centinaia e centinaia di cetacei. La nave, inoltre, era affiancata da una imbarcazione veloce che un tempo apparteneva alla guardia costiera americana. E per difendersi dagli attacchi si serviva di una squadriglia di piccoli aerei radiocomandati e perfino di cannoni. I cannoni, però, non sparavano proiettili, ma miscele di cioccolato e crema!
  Con questi mezzi gli ambientalisti nipponici, dunque, non intendevano danneggiare le baleniere ma volevano limitarsi a spaventarle e a indurle a lasciare il campo. E se qualcuna non rientrava nel porto veniva presa a bordate di cioccolato! Il gigantesco apriscatole, dunque, serviva solamente da spauracchio.
  Un secolo e mezzo fa il suo inventore non avrebbe di certo immaginato che la sua creazione sarebbe servita per proteggere le balene. Ma questo è il bello della vita. Non bisogna stupirsi di nulla. Nemmeno di fronte a un apriscatole che diventa paladino di una balena.
L’apriscatole, poi, è entrato perfino nel titolo di un libro per ragazzi.
  Hopkins Cathy, infatti, ha scritto: “Si può ridere con un’apriscatole in bocca?”. Non credo ci sia molto da ridere in quelle condizioni. Ma si può sempre provare. Cosa ne dite?

Franco Gàbici

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).



 


Franco Gabici

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