Quasi quasi mi faccio un bel nodo al fazzoletto perché la notizia merita di essere memorizzata con questo sistema antico ma pur sempre assai efficace. Allora state a sentire. Il solito pool di scienziati che lavora per l’ente spaziale americano (la Nasa) è convinto che Marte, il “pianeta rosso”, potrà essere abitabile fra mille anni. Rendere abitabile un pianeta disabitato non è cosa da niente però gli scienziati sono convinti che ci riusciranno purché ovviamente si conceda loro il tempo necessario per creare un habitat che possa andar bene all’uomo. Il discorso è molto semplice. Basterebbe provocare su Marte un fenomeno analogo al nostro “effetto serra” utilizzando la caduta di meteoriti e mettendo in orbita attorno a Marte degli specchi. Oppure basterà industrializzare Marte, creando nel pianeta delle fabbriche per la produzione di gas riscaldanti e una volta raggiunto il livello sufficiente di anidride carbonica per portare la temperatura sopra allo zero, comincerebbe a piovere e l’acqua tornerebbe a scorrere sulla superficie del pianeta. E dall’acqua, che a buona pace del filosofo Talete resta sempre e comunque il principio di tutte le cose, nasceranno la vegetazione e la vita.
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Ma che sia proprio vera questa faccenda?
La nostra Terra, ovviamente, non se ne starà a guardare ma ci metterà del suo per realizzare il programma. In che modo? Semplicissimo. Invierà sul “pianeta rosso” batteri e alghe e successivamente piante e alberi.
Tutto facile, d’accordo, ma quando leggo queste cose mi viene sempre in mente la favola dei topi che decidono di mettere attorno al collo del gatto un collare provvisto di campanellino così quando il gatto si muove il campanello annuncia il suo arrivo e i topi hanno tutto il tempo per mettersi in salvo. L’idea sembra davvero luminosa, ma poi alla fine va a finire che nessun topo se la sente di andare a mettere il collare al gatto. E qualcosa del genere potrebbe succedere anche per Marte, un pianeta che non è di certo dietro l’angolo e che per raggiungerlo occorrono mesi e mesi di navigazione.
Eppure queste notizie circolano e alimentano la fantasia. E magari andrà a finire che fra mille anni su Marte ci si andrà per davvero e il “pianeta rosso” potrà ospitare colonie di terrestri. Mi sembra già di vedere, fra mille anni, Bruno Vespa che si stropiccia le mani presentando la stramiliardesima puntata di “Porta a porta” per annunciare all’universo intero che finalmente Marte potrà essere abitato. Ovviamente non bisogna pensare che un terrestre sbarchi su Marte e vi possa camminare come se si trovasse sulla terra. All’inizio, infatti, si dovranno usare degli autorespiratori perché la componente di ossigeno nell’aria crescerà molto lentamente. Non si può avere sempre tutto e subito, ma occorre armarsi di pazienza. Però mille anni, onestamente, mi sembrano un po’ troppi e previsioni a così lunga scadenza penso proprio che non interessino nessuno.
È vero che dobbiamo pensare su larga scala e che mille anni non sono nulla se confrontati ai lunghissimi tempi dell’universo ma noi purtroppo siamo ancora legati ai nostri schemi e pensare a cosa succederà da qui a mille anni sembra un esercizio abbastanza gratuito.
Ciò non toglie, tuttavia, che qualche ottimista decida per davvero di farsi un nodo al fazzoletto. Non si sa mai. Il nostro mondo è pieno di cose strampalate e ciò che oggi sembra impossibile, domani, chissà, potrebbe anche realizzarsi. C’è un verso di Eliot che dice più o meno così: “La razza umana non può sopportare troppa realtà”. Per questo abbiamo bisogna di fantasia o di illusioni. E forse per questo quando leggiamo che fra mille anni Marte potrebbe essere abitato pensiamo che la cosa potrebbe anche essere possibile.
Ne riparleremo, comunque, nel 3010.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).