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Ravenna, 3 Agosto 2007
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Ricordando
Primo Levi

  Vent’anni fa moriva Primo Levi, schiacciato da ricordi pesanti come l’ala bagnata di un gabbiano. Levi appartiene a quella combriccola di scrittori che non proviene dalle aule delle facoltà di lettere e filosofia o dagli istituti di italianistica, ma che ha alle spalle robusti studi scientifici. Nel 1941, infatti, ad appena ventidue anni, si laurea a pieni voti in chimica all’università di Torino (dove era nato il 31 luglio 1919), dopo aver frequentato il liceo classico D’Azeglio. Per qualche mese ebbe come insegnante di lettere Cesare Pavese (che lo avrebbe preceduto nel suo triste destino) e, udite udite, alla maturità fu spedito a settembre proprio in “italiano”. Mi immagino il giudizio della austera commissione: il ragazzo pur dimostrando buone capacità scientifiche, presenta difficoltà ad esprimersi… Lungimiranza della nostra scuola!
Penso a Levi e contemporaneamente mi viene da pensare al contenuto di una mia recente “Bollicina”, più precisamente quella in cui parlavo di quella pillola che cancellava i ricordi e tutto questo torna buono per ricordare Levi e il suo racconto intitolato “I mnemagoghi”, alias “suscitatori di memorie”. Il racconto di Primo Levi apre il volume “I racconti” che Einaudi ha pubblicato nel 1996 e che la cortesia dell’amico Ernesto Ferrero (all’epoca direttore editoriale dell’Einaudi e oggi manager della Fiera del libro) fece recapitare anni fa sulla mia scrivania. Oggi torna buono per ricordare Levi, che in questo racconto parla di un vecchio medico di nome Montesanto che confida al suo successore, il poco più che ventenne dottor Morandi, un suo segreto. Il vecchio medico, che in gioventù aveva praticato la farmacologia, lo mette al corrente di certe sue boccette all’interno delle quali aveva rinchiuso profumi e sapori.
“Morandi – dice il vecchio medico – ha mai notato con quale potenza certi odori evochino certi ricordi?”. Beh, gli odori e i sapori vellicano la fantasia e ne sapeva qualcosa il grande Marcel Proust che assaporando il suo biscottino (la famosa madeleine) mise in atto tutta la sua straordinaria “Recerche”. Continua ancora il vecchio medico: “C’è chi non si cura del passato, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti. C’è chi, invece, del passato è sollecito, e si rattrista del suo continuo svanire. C’è ancora chi ha la diligenza di tenere un diario, giorno per giorno, affinché ogni sua cosa sia salvata dall’oblio, e chi conserva nella sua casa e sulla sua persona ricordi materializzati; una dedica su un libro, un fiore secco, una ciocca di capelli, fotografie, vecchie lettere…”.
Nelle boccette di Montesanto, dunque, è racchiuso lo struggente sapore del passato. Del resto, dice ancora il medico, “è di osservazione comune che i ricordi, per essere suggestivi, devono avere il sapore dell’antico”. Eh sì, sennò che ricordi sono? Sta di fatto che è difficile ficcare i sapori e gli odori dentro a boccette, per cui sapori e odori sono racchiusi dentro alla grande boccetta del nostro cervello. E se ne stanno lì, annidati, in attesa che qualcuno li vada a stuzzicare. Ed ecco che come per incanto un ricordo lontano si materializza, diventa palpabile…
Queste, dunque, sono le storie del “chimico” Primo Levi che appartiene alla genìa degli scrittori con la laurea scentifica in tasca (faccio due nomi, Carlo Emilio Gadda e Leonardo Sinisgalli, entrambi ingegneri). E nella introduzione ai “Racconti” l’amico Ferrero intende infrangere un antico pregiudizio, molto radicato nella scuola e soprattutto nel sentire comune. L’ho sentito ripetere tante volte che chi “va bene” in matematica non può “andar bene” anche in italiano. Troppa grazia Sant’Antonio! Chi “va bene” in entrambe le discipline è un genio oppure si chiamano Levi, Gadda, Sinisgalli… E Ferrero inizia: “Un diffuso pregiudizio vuole che chi pratica le scienze esatte e le tecniche sia un uomo arido, negato alle altezze dello spirito e all’emozione della creatività vera”. E invece leggi certe pagine di gente che per guadagnarsi il pane faceva il chimico o l’ingegnere e resti di stucco. E ti accorgi come sarebbe bella la nostra scuola se esistessero ponti fra scienza e letteratura.
Al liceo si fa conoscenza con il numero immaginario “i”, che è un qualcosa veramente fuori di testa, ma questo “i” ti diventa subito simpatico se qualcuno ti insegna che un certo Robert Musil (toh, pure lui ingegnere!) nel suo romanzo “I turbamenti del giovane Törless” li innalza a personaggi! Anche le scienze naturali potrebbero trarre beneficio da questo connubio. La “conchiglia fossile” di Giacomo Zanella è sicuramente uno degli esempi più famosi. Meno famose, ma di certo non meno interessanti, le poesie entomologiche di Guido Gozzano che potrebbero dare qualche sapore aggiunto allo studio delle farfalle. Ma purtroppo nella scuola le materie sono rigidamente separate e non c’è osmosi. Poi arriva dal Ministero la grande scoperta: gli studenti italiani sono dei somari e allora ripristiniamo il “rimandare a settembre”. Bravo ministro.
Ma se gli studenti sono somari la colpa non è degli studenti. Se io, che pure non mi sono mai definito uno studente modello, ricordo dopo cinquant’anni che esistono meduse “craspedote” e “acraspedote”, che le tenie si attaccano all’intestino con gli “scolici” e che l’atlante e l’epistrofeo sono rispettivamente la prima e la seconda vertebra della colonna Vertebrale è perché la mia insegnante di scienze, la terribile Carolina Moro, ci insegnava bene e soprattutto ci faceva studiare. Ma qui – potrebbe obiettare qualcuno - si sta andando fuori tema e tutto questo con Levi non c’entra proprio nulla.
Beh, forse avete ragione. Ma qui mica siamo a scuola. Questa è una “Bollicina” e alle “Bollicine” si perdona tutto.

Franco Gàbici

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Giornalista Professionista, pluriennale esperienza, anche di direzione, in quotidiani, periodici e case editrici di libri, profonda conoscenza del Web e di tutti i maggiori software (da QuarkxPress a Word, OpenOffice, Front Page, BBedit, Adobe PhotoShop, Adobe Acrobat, Scansoft Pdf Converter Professional, DNL, ReaderWorksPublisher, Transmit, Fetch, Eudora,  WinZip, WinRAR, StuffIt, ABBYY Fine Reader), in grado di operare professionalmente sia in ambiente Windows che Mac, utilizzando collegamenti FTP in ambedue le piattaforme,  mette a disposizione la sua competenza esperienza e professionalitˆ come content webmaster,  come coordinatore in remoto di team operativi per l'ideazione, lo sviluppo e l'aggiornamento di portali, come docente in corsi o master per la preparazione di professionisti della comunicazione online. Se interessati a questa figura professionale inviare una e-mail ad ed@simonel.com specificando nel Soggetto: Inserzione 4247A. Sarete direttamente contattati dall'interessato.

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Franco Gàbici (Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino-La Nazione-Il Giorno, Avvenire e all'inserto "Tuttoscienze" de La Stampa. E' presidente della sezione ravennate della "Dante Alighieri". Oltre a una ventina di saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005).



 


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