Questo pessimo tempo non invita di certo a compiere quelle azioni che in genere si compiono d’estate. L’estate, infatti, non c’è. E la chiamano estate… cantava il vecchio e insuperabile Bruno Martino, da non confondere però con Estate, che è un’altra canzone dello stesso Martino.
Dunque, dicevo, l’estate non c’è e non invoglia affatto, ad esempio, ad assistere allo spettacolo dell’alba. Ma, a parte il tempo pessimo (magari ti svegli all’alba e trovi l’orizzonte tutto ingombro di nuvole e così addio spettacolo…), aveva ragione Achille Campanile quando scriveva, all’inizio del suo Se la luna mi porta fortuna, che “è un peccato che lo spettacolo della levata del sole si svolga la mattina presto”. E sapete perché è un peccato? Perché, continua Campanile, “non ci va nessuno. D’altronde, come si fa ad alzarsi a quell’ora?”. Già. “Se si svolgesse al pomeriggio o, meglio, di sera – aggiunge Campanile – sarebbe tutt’altro. Ma così come stanno le cose, va completamente deserto ed è sprecato”. Per fortuna ci resta lo spettacolo del tramonto che, a differenza dell’alba, viene messo in scena in ore più ragionevoli. Eppure dopo tanti anni, scrive ancora Campanile in Cantilena all’angolo della strada, “il tramonto del sole ci trova ancora impreparati. L’improvvisa scomparsa del nostro amico e protettore che, dopo una giornata di compagnia, ci lascia soli, di fronte al buio della notte che viene avanti, ci sgomenta”.
Ma la notte non giunge subito. Si fa precedere dal crepuscolo. “È l’ora dei crepuscoli estivi” – scrive Vincenzo Cardarelli – “quando il giorno pellegrino/si ferma e cade estenuato./ Dolcezza e meraviglia di queste ore!”. Sono le ore che volgono “il disio ai navicanti” e che inteneriscono il core. E queste ore vengono scandite ogni sera, qui a Ravenna, mia città, dalla campana di Dante. Quattordici rintocchi che si spandono nell’aria sul far della sera per ricordare agli uomini la tenerezza di un momento… l’altro ieri, qui, ha fatto una sorta di tornado ma poi il cielo si è aperto.
Come, allora, non ricordare Pascoli?
“Il giorno fu pieno di lampi/ma ora verranno le stelle,/le tacite stelle…”. Le stelle!
Ormai siamo giunti al mitico 10 agosto, che per antonomasia è la notte delle stelle cadenti. Per tanti anni mi sono spolmonato sotto la cupola del mio Planetario per ficcare in testa alla gente che per una serie di motivi che qui non sto a spiegare la “vera” notte delle stelle cadenti si verifica qualche giorno dopo. Macchè, tutto fiato sprecato. La gente è affezionata al 10 agosto. Niente da fare. Quest’anno, però, le condizioni sono pessime perché proprio in quella notte la Luna sarà piena e la luce del nostro satellite naturale guasterà inevitabilmente lo spettacolo. La Luna piena del 10 agosto, poi, è tutta speciale. Si parla infatti di super luna o qualcosa del genere. Insomma si tratterà di una luna piena che più piena non si può.
Si dà il caso, infatti, che in questo periodo la Luna sia più vicina alla Terra (si parla di perigeo lunare) e di conseguenza le sue dimensioni apparenti sono un pochino più grandi del normale. Non credo che due innamorati intenti a contemplare la Luna si accorgeranno che la regina della notte sarà leggermente ingrassata. È, infatti, roba da astronomi o da astrofili. Ma la superluna, dopo essere passata al vaglio delle agenzie, è stata sbattuta subito sulle prime pagine dei giornali.
Si dà il caso, infatti, che in questo periodo le superlune siano tre, una si è già verificata a fine luglio, una è questa del 10 agosto e la prossima ancora si verificherà in settembre.
Scommetto che molti, nel luglio scorso, saranno rimasti non poco delusi perché anziché veder salire in cielo una Luna grande come un pallone aerostatico hanno notato una Luna apparentemente normale. Le differenze fra una maxi Luna e una Luna normale sono appena percepibili e se non ci fosse stato il can can mediatico nessuno se ne sarebbe accorto. E poi c’è sempre l’incognita del tempo. I meteorologi non lasciano sperare niente di buono.
Quest’anno anche il cielo sta mettendoci del super vanificare i desideri legati tradizionalmente alla stelle cadenti d’agosto.
Siamo in crisi, no? E il cielo si adegua.
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).