La cosa che dovrebbe maggiormente stupire, al di là della grandiosità dell’impresa, è la straordinaria puntualità. Stiamo parlando della missione Rosetta e dell’atterraggio, anzi dell’accometaggio (!), del robottino Philae sulla gobba ghiacciata della cometa che porta quel nome da scioglilingua 76P/Churyumov-Gerasimenko che però le attribuisce un fascino che sa di cielo e di mistero molto più se si fosse chiamata che so?, Rossi-Brambilla. O no?
Dicevo della puntualità.
La sonda Rosetta, infatti, è stata lanciata il 2 marzo del 2004 e già allora si sapeva che dopo un viaggio di miliardi di chilometri avrebbe incontrato la cometa nell’agosto di quest’anno e il fatto che l’evento si sia puntualmente verificato sta a significare non solo l’esattezza dei calcoli ma il fatto che il nostro universo è governato da leggi (le leggi di Newton) che non solo descrivono i fenomeni ma consentono di fare delle previsioni. Almeno limitatamente al sistema solare.
Era stato previsto anche il giorno e l’ora dell’atterraggio (o accometaggio) e anche in questo caso gli orari sono stati rispettati, magari anche con un po’ di fortuna che anche per le avventure spaziali non guasta mai. Se la sonda fosse stata colpita da un meteorite, ad esempio, addio fichi perché tutta la missione avrebbe potuto andare incontro al fallimento. E invece… ma del resto, si sa, audaces fortuna juvat, la fortuna aiuta gli audaci e l’audacia reca sempre in sé un pizzico di follia. Non a caso Enrico Flamini, responsabile dei programmi scientifici dell’Agenzia spaziale italiana, ha spiegato la missione cn na cnferenza alla qale ha dato il titolo “Rosetta e Philae: sono pazzi questi europei”.
Ormai siamo talmente abituati alle imprese spaziali che non inducono più reazioni… termiche sulla nostra pelle, insomma come si dice non ci fanno più né caldo né freddo ma questa di Rosetta è davvero eccezionale perché si tratta pur sempre di una prima volta. Nel 1969 abbiamo mandato tre uomini sulla Luna, anzi due perché uno dei tre ha seguito dal modulo la discesa dei suoi compari, e molti altri hanno impresso l’orma dei loro scarponi sulla polvere lunare, poi insoddisfatti abbiamo inviate sonde su Marte ma ancora non eravamo riusciti a prendere di mira un oggetto piccolo come una cometa.
La 76P/Churyumov-Gerasimenko è un affaretto del diametro di circa 4 Km che se ne sta sopra le nostre teste a mezzo miliardo di chilometri e dunque voi capite come tutta la faccenda abbia dello straordinario. Sui corpi piccoli, per la verità, abbiamo mandato qualcuno ma si trattava di una simpatica favoletta.
Ricordate il “piccolo principe” di Saint-Exupery che viveva solo su un asteroide, un corpo celeste che per dimensioni può essere paragonato a una cometa?
Beh il modulo “Philae” che si è staccato dalla sonda può essere considerato un “piccolo principe” di metallo. Chissà cosa diranno i poeti. O forse si saranno rassegnati ai progressi della tecnologia che riduce la poesia a semplice prosa.
Quando fu lanciato il primo satellite artificiale, lo Sputnik, che inaugurava per davvero l’era spaziale, era il 1957 e Salvatore Quasimodo scrisse una poesia intitolata “Alla nuova luna” dove diceva che in principio Dio aveva creato il cielo e la terra e “dopo miliardi di anni l’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, senza mai riposare, con la sua intelligenza laica, senza timore, nel cielo sereno d’una notte d’ottobre mise altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo. Amen”.
Per la verità l’“intelligenza laica” aveva inviato un solo luminare ma il plurale usato dal poeta (“altri luminari”) potrebbe essere letto come una profezia. Molti altri, infatti, sarebbero stati inviati e questa “Philae” è sicuramente uno di questi.
Penso sempre a Leopardi quando volgo lo sguardo al cielo. Chissà cosa avrebbe pensato il genio di Recanati di fronte a queste imprese che in qualche modo guastavano la poesia del cielo. Ma ormai dobbiamo rassegnarci a questi tempi che sempre più stanno scivolando verso la prosa. O forse dovremo abituarci a considerare poesia anche queste imprese straordinarie. Del resto il nostro Vincenzo Monti si entusiasmò di fronte al primo volo in mongolfiera e nella sua famosa ode che inneggiava al signore di Montgolfier si domandava retoricamente, rivolgendosi alla capacità umana, “che più ti resta?”.
E invece quanta acqua è transitata sotto i ponti… e quanta ancora ne transiterà… Dalla mongolfiera siamo passati ai razzi, ai missili e via via fino alla conquista della Luna e, oggi, delle comete. Dieci anni fa l’uomo ha lanciato la sua profezia e ha annunciato che il suo robottino avrebbe colpito la cometa il tal giorno, alla tal ora e minuto secondo. La puntualità è davvero straordinaria ed è lontana dal nostro mondo come lo è Rosetta.
Ricordo che una volta, mentre mi trovavo in una stazione ferroviaria svizzera, ho sentito lo speaker dare questo annuncio: “Informiamo i signori viaggiatori che il treno viaggia con tre minuti di ritardo”. Tre minuti di ritardo! Era un messaggio di scusa al viaggiatore che aveva pagato il biglietto. In Italia, dolce paese “dove il sì suona” e dove tutto non funziona, i tre minuti di ritardo avrebbero procurato una decorazione sul campo sia al macchinista che al capostazione!
Franco Gàbici
Se hai un collegamento veloce ADSL clicca sulla freccia e guarda la VideoLettura delle pagine che Franco Gàbici dedica a “Nel Blu dipinto di Blu” di Domenico Modugno e Franco Migliacci nel suo “Una Canzone al Giorno”, il libro per “riascoltare” la colonna sonora dei favolosi Anni Sessanta.
(Ravenna, 22 maggio 1943). Laureato in fisica, è stato dal 1985 al 2008 direttore del Planetario e del Museo di scienze naturali di Ravenna. Giornalista pubblicista, collabora con articoli di scienza e costume ai quotidiani Il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno - Avvenire. E' direttore responsabile della rivista Gnomonica e redattore di Nuova Civiltà delle Macchine. Presidente del comitato ravennate della "Dante Alighieri" è autore di numerosi saggi di storia locale ("Ravenna: cento anni di cinema", "Leopardi turista per caso"...), ha scritto "Didattica col Planetario" (La Nuova Italia, 1989) ed è autore dell'unica biografia di don Anacleto Bendazzi, considerato il più grande enigmista italiano ("Sulle rime del don", Ravenna, Essegì, 1996), "Gadda - Il dolore della cognizione" (Simonelli Editore, 2002; SeBook, 2004), "Buon Compleanno,ONLY YOU!" (Simonelli Editore, SeBook, 2005), Una Canzone al Giorno" (Simonelli Editore, 2007).