"Come feci medico
in Calicut"
Tra i tanti viaggiatori italiani del 500 è immeritatamente poco noto Ludovico de Vartema, avventuriero dalle mille esperienze tra Medio ed Estremo Oriente.
I racconti dei suoi viaggi raccolti in un libro “Itinerario” sono molto interessanti e divertenti, meritano di essere letti.
Data di nascita incerta, originario forse di Bologna, parte verso la fine del Quattrocento e rientra dopo circa dieci anni in Italia via Portogallo perchè, avendo dato aiuto in una vicenda bellica in India ai Portoghesi, viene nominato Cavaliere dal re Emanuele I del Portogallo. Sarà poi a Roma ed a Venezia, ricevuto ed ascoltato con attenzione e meraviglia da autorità varie.
Uomo furbo, intraprendente, spregiudicato, pronto a tutto ed abile a trattare con il prossimo, racconta nel suo libro come riuscì a guarire un “ mercadante moro” che da “tri giorni non andava del corpo “, avvalendosi di qualche ricordo di suo padre medico.
“ Allora io deti ordine al serviziale (clistere) in questo modo. Pigliai zucaro, ova e sale e per la decozione pigliai certe erbe le quale fecero più male che bene; le ditte erbe como foglie de noce; e a questo modo per uno dì e una notte li feci 5 serviziali e nullo giovava per respetto delle erbe che erano contrarie, a tal che volentieri averia voluto non me essere impazato de far tal exercizio. Alla fine vedendo ch’el non poteva ire de corpo per defetto della erba trista, pigliai un bon fascio de porcachie e feci circa mezzo bocale de succo e misi in quello molto sale e zuccaro e poi collai ogni cosa molto bene. E qui feci un altro errore, che me se scordò de scaldarlo, ma così freddo ce lo misi. Fatto che fu el serviziale li attaccai una corda alle piedi e lo tirammo suso alto tanto che lui toccava terra con le mani e con la testa e lo tenessemo così alto per spazio de mezo quarto de ora. El povero malato gridava e diceva: - matile, matile, guancia tupoi, guancia tupoi -, zoè: -non più, non più,ch’io son morto, io son morto -. E cossì stando nui a confortarlo, o che fosse Dio o la natura, comminciò a far del corpo suo como una fontana e subito lo calammo giuso e lì andò de corpo veramente mezo barile de robba e rimase tutto contento. Lo dì seguente non aveva nè febre nè doglia de testa, nè de stomaco e da poi andò molte volte del corpo. L’altra matina disse che li doleva un poco li fianchi. Io feci pigliare butiro vaccino o vero buffalino e fecilo ongere e fasciare con stoppa de cannape e poi li dissi, che se lui voleva sanare, bisognava che mangiasse doe volte al giorno e inanti mangiare ch’el caminasse un miglio a piedi. Lui me respose: - o nonal irami tino biria biria gnancia tupoi -, zoè - se voi non volete ch’io mangi doe volte al dì, presto presto io sarò morto-. Perchè loro mangiano 8 o 10 volte al giorno, pareva a llui (sic) questo ordine molto forte. Pur tandem lui sanò benissimo e questo dete gran credito alla mia ipocrisia. Dicevano poi che io era amico de Dio. Questo mercante me volse dare 10 ducati e io non volsi cosa alcuna, anci io deti tri ducati che aveva alli poveri e questo feci publicamente, perchè essi conoscessero che io non voleva robba, nè dinari. Da questo in poi beato quello che me posseva menare a casa sua a mangiare, beato era chi me basava le mani e li piedi. E quando alcune me basciava le mani, io stavo saldo in continenzia, per darli ad intendere che faceva cosa che meritava essere santo. “
Un gran furbacchione il Ludovico de Vartema.
Ettore Falconieri
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