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A 150 Anni dalla Nascita, Giovanni Pascoli visto da molto vicino...>>
Chierici, Chierichetti
e Tabù
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di
Ettore Falconieri
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Ginevra,
30 dicembre 2005 -
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BUON
ANNO!
Lettera aperta al presidente
dell'Abi
Dott. Maurizio Sella
E gregio Presidente,
circa tre anni fa, mi presi la libertà di scriverle una
lettera nella quale descrivevo comportamenti scorretti ed
inefficienze di alcune banche nei confronti di un’azienda
nella quale ero coinvolto ed esprimevo, in termini cortesi e
corretti, alcune osservazioni non lusinghiere sul sistema
bancario italiano. Che conosco bene, cosi’ come conosco
sistemi bancari di altri paesi. E concludevo la lettera
dicendo : « Nell’Italia che progredisce e migliora in tanti
aspetti e vicende della società, anche in campo economico,
sta maturando la consapevolezza che tanti comportamenti e
modi di essere vanno cambiati. E per quanto riguarda le
banche anche l’Abi potrà fare, e sono certo farà, la sua
parte.» Ebbi una approfondita risposta di adesione dal
presidente della Confindustria cui mandai copia, ma non ebbi
il piacere di avere una risposta da lei od un semplice
riscontro dal suo ufficio. Nulla di grave, naturalmente, ma
il guaio è che l’Abi da tempo non risponde neanche al -
grido di dolore – che sale da privati ed operatori economici
che non ritengono certo un passo avanti, per fare un
esempio, le montagne di carta, inneggianti alla trasparenza,
con le quali le banche li sommergono, trasparenza che,
spesso, è appunto solo sulla carta.
Il tessuto economico italiano è retto da iniziative
imprenditoriali di piccole dimensioni che sono in prevalenza
strutturalmente sottocapitalizzate e, di conseguenza, gli
affidamenti bancari sono determinanti per la loro
sopravvivenza. Cio’ fa si che il loro potere contrattuale
con le banche sia mediocre e debbano sottostare a tassi,
spese, oneri che non hanno pari in altri paesi. Situazione
non dissimile da quella di molti correntisti e risparmiatori
per un qual complesso di inferiorità che nasce
dall’ignoranza di usi bancari. Questo stato di cose consente
la sopravvivenza e l’equilibrio di bilancio a molte banche
italiane con strutture burocratiche e costi onerosi che non
hanno, pertanto, nessuno stimolo a ridurre. Tutto questo è
una pesante palla al piede dell’economia italiana e non è
piu’ ragionevole fare finta di niente.
La motivazione a rovesciare questa situazione, essendo
vantaggiosa per le banche, non puo’ nascere da
considerazioni economiche. Non puo’ che nascere da
considerazioni di carattere etico per rispetto a tutta la
comunità. Motivazione che non puo’ essere semplicemente una
evoluzione. Perché, data la situazione e l’indifferenza di
molti al problema, è di una rivoluzione etica che ha bisogno
il sistema bancario italiano. Rivoluzione etica, non solo
per portare i costi dei rapporti bancari italiani a livelli
di altri paesi, ma anche per fare si’ che tanti
comportamenti che altrove vengono considerati inaccettabili
non siano piu’ considerati peccatucci veniali che non è il
caso di drammatizzare. E le rivoluzioni etiche non si fanno
solo con i regolamenti e le circolari. Poiché attengono alle
responsabilità di persone ed enti si fanno soprattutto con
le parole, con le esortazioni, con i richiami alla
coscienza, all’onestà ed alla dignità di ciascuno. Ed anche
all’orgoglio di cittadini il cui paese, non è un mistero per
nessuno, è, eticamente parlando, di una spanna al di sotto
di quella di piu’ mature democrazie.
Ma su questo argomento il silenzio dell’Abi è assordante.
Come lo è stato quando banche sono rientrate da affidamenti
di dubbio esito tramite obbligazioni proposte ad ignari
risparmiatori. Cosi’ come lo è in queste settimane su
vicende di pura ruberia sulle quali, se mi consente di
ricitarmi, attirai timidamente la sua attenzione con quella
lettera alludendo alle malefatte di una - banca popolare di
una ricca provincia lombarda -.
Certo, fa parte del Dna storico di molti enti e potentati
che contano nel nostro paese la tendenza a minimizzare, a
lasciar correre, a non drammatizzare, a ritenere che tutto
passerà e si dimenticherà, affinchè tutto resti come prima e
il volgo non sappia. Anche per il timore di turbare
equilibri, compromessi, interessi, consolidati o precari che
siano, o di creare reazioni a catena che coinvolgano
istituti e personalità. Ma ora sono in gioco valori ben piu’
importanti della immutabile routine di una associazione o
della prudenza di responsabili nel non agitare troppo le
acque anche pensando alla propria posizione. Ora non è
esagerato dire che è in gioco l’immagine di tutto un paese e
allora bisogna alzare la voce come si fa nelle rivoluzioni.
Bisogna dare uno scossone che lasci il segno per dare a
privati, operatori economici ed a tutto il paese la certezza
che si vuol cambiare. Non è piu’ il tempo di circolari ad
associati, di scambi confidenziali tra chi, bancariamente
parlando, conta, di riunioni riservate, di sommesse tutele.
Ora è il tempo della filippica, dell’arringa, del pane al
pane. Che non intaccherebbero la solidità ( con qualche nota
eccezione, nel complesso, trascurabile) del sistema bancario
italiano, la fiducia dei cittadini, la serenita e l’impegno
degli addetti ai lavori bancari che, nella stragrande
maggioranza, operano con impegno e dedizione, ma che
dovranno convincersi che certi peccatucci veniali sono ora
mortali e non sono piu’ ammissibili. Perché, signor
presidente, gli Italiani sono un popolo intelligente e sono
stufi di essere considerati come cittadini che non possono
essere turbati da verità anche sgradevoli, che non sanno,
che non possono capire. Sanno, capiscono benissimo e sono,
caso mai, turbati da chi li prende per dei bamba.
Tanto piu’ che, in questo momento storico tanto critico (
piu’ di quanto troppi pensino) per la collacazione e
l’immagine dell’Italia nel mondo, gli interessi di una
categoria, di una associazione, di una corporazione, di un
notabile, per quanto legittimi, comprensibili e
condivisibili, non devono prevalere sull’interesse di tutti
i cittadini e del paese, contrariamente a quanto pensava un
recente dimissionario che ha anteposto interessi particolari
a quelli dell’Italia facendo un danno che ci vorrà tempo per
far dimenticare.
Dare uno scossone etico significa anche che chi ha
responsabilità associative e di immagine deve sentirsi
impegnato a mediare in continuazione tra egoismi ed
altruismi nel comune interesse e per un ideale che tutti
unisca. Anche questo è democrazia. E questo vale non solo
per l’Abi, ma per ogni altra istituzione rappresentativa,
sindacati inclusi. I rappresentanti di enti, associazioni,
corporazioni non sono conquistatori che si dividono la torta
od ambasciatori presso una potenza rivale. Sono, devono
essere portatori di interessi legittimi, quando onesti e
condivisibili, da discutere e definire nel comune interesse
del paese.
Le vicende di questi mesi le danno, signor presidente, la
motivazione e la scusa per farsi sentire. Nell’ouverture del
Guglielmo Tell di Rossini, dopo la tempesta ( speriamo
passata) e la quiete pastorale ( attuale in cui molti si
interrogano ), squilli di tromba annunciano il famoso
crescendo che dà carica. La faccia sua. Correrà il piacevole
rischio di passare alla storia.
Con rispettosa cordialità.
Ettore Falconieri
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Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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