Minareti e tolleranza
Il referendum svizzero che ha bocciato i minareti ha, inevitabilmente, suscitato clamori, ma, in troppi commenti, è stato interpretato in modo errato.
La Svizzera ha una lunga tradizione di tolleranza e di ospitalità e, in percentuale al suo territorio ed alla sua popolazione, ha accolto e dato asilo, nella sua storia, al maggior numero di rifugiati politici e di immigrati rispetto a quelli di ogni altro paese. Dai protestanti italiani o francesi al tempo delle guerre di religione a Mussolini, da Lenin agli ebrei che fuggivano il nazismo, dagli oppositori a regimi dittatoriali contemporanei ai fuggiaschi dalle recenti carneficine nei Balcani.
In Svizzera la popolazione straniera supera il 22% contro una media europea del 4,5 %. Vi sono attorno ai 400.000 mussulmani di svariate provenienze, circa il 5% della popolazione, vi sono alcune decine di moschee sistemate in locali qualsiasi trasformati a tale scopo e quattro moschee con minareto, due in progettazione.
Quindi, il voto contro i minareti, peraltro stigmatizzato dalla stragrande maggioranza della dirigenza politica, ha un significato simbolico, non è frutto di intolleranza, piuttosto della paura che l’islam prevarichi sulla società civile.
Non tanto per volontà degli islamici svizzeri che sono perfettamente integrati, ma per il condizionamnto che questi potrebbero avere in futuro dalle gerarchie sacerdotali islamiche esterne al paese. E le gerarchie islamiche più organizzate ed anche più ricche sono quelle che o difendono il terrorismo od esprimono una dottrina di conquista e di conversione degli infedeli all’islam.
Nulla di nuovo sotto il sole, la chiesa di Roma lo ha fatto per secoli finchè la società civile di molti paesi ( ma non in Italia) non ha reagito. Un esempio tra i tanti possibili sono le passate espulsioni dei gesuiti da numerosi paesi europei, Svizzera compresa. Gesuiti che tentavano di condizionare a vantaggio del loro potere e della chiesa di Roma la società di quei paesi.
E, che il pericolo del condizionamento di islamici dall’esterno sia reale, lo dimostrano tanti fatti recenti, come lo sterminio in una base militare americana fatto da un ufficiale superiore di carriera, islamico, cittadino americano nato negli Usa, plagiato da un imam criminale difensore del terrorismo. (Succede lo stesso per alcuni cattolici che si fanno plagiare da sette come l’Opus Dei anche se per fini meno cruenti).
Non solo, in Svizzera, per la prima volta, un imam ha fatto in una moschea una difesa, seppure indiretta, del terrorismo. E ne hanno parlato tutti i giornali, proprio alcuni giorni prima del referendum.
Se le preoccupazioni di alcuni che il referendum svizzero sia un inizio di intolleranza, seppure infondate, sono comprensibili, non sono ammissibili gli strilli di paesi islamici, per lo più dittature di varie configurazioni, che negano ai loro cittadini le più elementari libertà e diritti, che considerno la donna un essere inferiore, che non permetterebbero la costruzione neppure di un campanilino e dove estremisti, che spesso operano alla luce del sole, scannano non solo esseri umani di altre religioni, ma anche correligionari di sette diverse, come fanno da secoli e tuttora con esuberante entusisiasmo sciti e sunniti.
Quello che le comunità islamiche nei paesi occidentali non capiscono o fanno finta di non capire è che le timide e sommesse affermazioni di alcuni che il vero islam è tollerante e contro il terrorismo, non bastano più.
Devono strillarlo ad alta voce, devono sottoscrivere manifesti firmati da loro esponenti di prestigio, laici e religiosi, nei vari paesi, devono farsi sentire dalle comunità con un messaggio chiaro e senza ambiguità. Non dimenticando di dire che sono contro la lapidazione della donna adultera o contro le frustate alla donna che si veste come vuole. Magari sottolinenado che i tanti chierici islamici di alcune scuole islamiche, le madrasse, che indottrinano i giovani a far guerra agli infedeli ed al terrorismo non sono altro che una organizzazione criminale.
Finchè questo non succederà i sospetti e le paure dei cittadini occidentali sono legittimi e comprensibili. Come dimostrano anche sondaggi fatti dopo il referendum svizzero in altri paei europei dove una significativa percentuale se non la maggioranza dei cittadini voterebbero come gli Svizzeri.
Gli islamici nostri concittadini, od in via di diventarlo, che danno anche un contributo all’economia del paese, devono essere rispettati come tutti gli altri ed anche guardati con simpatia per le traversie affrontate per avere da noi una vita migliore. Ma deve essere loro chiaro che, se in un determinato paese occidentale certi riti, leggi e comportamenti imposti od ammessi dalla loro religione sono contro le nostre leggi, o rispettano quelle leggi o se ne tornano al paese loro.
Ma c’è anche un corollario, ignoto al di fuori della Svizzera, che ha dato certamnte una mano a votare contro i minareti. Oltre un anno fa, in un lussuoso albergo di Ginevra, un figlio di Gheddafi, teppista adulto e straricco, dà in escandescenze, massacra di botte due suoi servitori nordafricani ( che hanno ottenuto subito asilo in Svizzera mentre loro famgliari sono stati arrestati in Libia), finisce in carcere, ne esce qualche giorno dopo su cauzione e torna al suo paese.
Il padre dittatore, spesso vestito da pagliaccio, lo considera un affronto, fa partire rappresaglie anche petrolifere contro la Svizzera e fa sbattere, senza motivo, in una prigione dalle condizioni sanitarie ed igieniche inumane due dirigenti d’azienda svizzeri, non più giovani, che operavano in Libia. Dopo altre miserevoli traversie i due sono ora all’ambasciata svizzera, ma non possono tornare a casa. E, inutile sottolinearlo, gli Svizzeri sono, a dir poco, indignati.
Gheddafi dichiara ai quattro venti di muoversi sempre nell’ambito dell’Islam… ergo, se tale è l’Islam, si vota contro i minareti. Elementare Watson.
Ettore Falconieri
efalconieri@bluewin.ch
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