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A 150 Anni dalla Nascita, Giovanni Pascoli visto da molto vicino...>>
Chierici, Chierichetti
e Tabù
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di
Ettore Falconieri
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Ginevra,
15 Giugno 2006 -
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Quell'antistorica
opposizione alla Tav...
Le opposizioni
alla Tav fatte da aborigeni della Val di Susa rappresentano una
unicità storica. È la prima volta, dopo l’avvento di un minimo
di convivenza organizzata, che le popolazioni dei passi alpini e
zone viciniori si oppongono al potenziamento di strutture che ne
facilitino o ne migliorino le modalità di transito. Transito che
ha sempre rappresentato una risorsa economica per quelle
popolazioni alpine, senza la cui collaborazione, non avrebbe
potuto esistere o sarebbe stato, comunque, più arduo.
È sconosciuta ai più la microstoria dei passi alpini che pur è
così interessante e avventurosa.
I Romani, una volta
sottomessele, lasciavano una certa libertà alle popolazioni che
vivevano attorno ai passi, ma come contropartita esse dovevano
impegnarsi a mantenerli aperti ed a mettere a diposizione uomini
ed animali per aiutare chi passava. Negli anni a cavallo della
nascita di Cristo, potente fu Cottius (che diede nome alla alpi
Cozie), re della val di Susa e zone attigue, i cui sudditi
controllavano il Monginevro ed il Moncenisio. Moncenisio sul
quale si installò presto anche la chiesa con i Benedettini che
fondarono nel 726 la famosa abbazia di Novalesa.
Mentre fu San Bernardo
d’Aosta, attorno al 1050, che fondò l’altrettanto famoso
ospizio del Gran San Bernardo che prima di lui era chiamato mons
Jovis dai Romani e mont Joux successivamente. Storie e leggende
si intrecciano sulle vicende dei frati dell’ospizio (e dei loro
cani) per dare conforto materiale e spirituale a chi passava. Ma
talvolta, anche se la storia ufficiale non lo dice, si sono
anche comportati da feroci esattori imponendo gabelle non dovute
a viaggiatori solitari ed indifesi. Fece storia la traversata di
Napoleone prima della vittoria di Marengo, nell’aprile del 1800
quando c’era ancora molta neve. La Grande Armèe era certamente
grande e potente, ma senza l’aiuto dei locali non sarebbe mai
passata. Tra l’altro, i cannoni furono trascinati sulla neve
dentro tronchi d’albero scavati per la lunghezza. Ma Napoleone
non pagò mai il conto ed il comune di Orsières ai piedi del
valico si ritiene tuttora creditore dello stato francese
Oggi, i famosi cani sono
a valle, gestiti come curiosità cinofila ed all’ospizio sono
rimasti tre frati svizzeri che, con l’aiuto di colf
extracomunitarie, si dedicano anche ad ospitare e rifocillare
turisti e camminatori. D’inverno, con pelli di foca o racchette,
si sale in circa due ore.
Storicamente più
recente è l’utilizzo del Sempione, meno alto, ma con due
problematiche gole subito dopo Briga ed a Gondo sul versante
italiano. Nel 1270 emissari dei mercanti lombardi offrono al
Siniscalco del conte vescovo di Sion due denari (della valuta di
Saint Maurice nel Vallese) per balla di merce transitata dal
Sempione in cambio della manutenzione del sentiero. Il Sempione
era per i lombardi il passaggio più diretto e meno costoso per
i mercati francesi ed inglesi. A seguito di quell’accordo, dal
valico transitarono ogni anno migliaia di muli con due balle di
merce in groppa, una per fianco. Nei secoli successivi, cambiate
le prospettive economiche e l’assetto politico europeo, il
Sempione perse traffico, finchè , nel seicento, il ricco mercante
vallesano Kaspar Jodok Von Stockalper non lo rilanciò
risistemando il sentiero e costruendo torri deposito lungo la
via.
Il suo percorso, la
Stockalperweg, è tuttora utilizzato per fini turistici. In circa
dodici ore a piedi si va da una parte all’altra. Ed al valico si
puo’ pernottare all’ospizio che c’è anche lì .
Stockalper morì
ricchissimo, si stimò che il suo patrimonio valeva tante vacche
che in fila indiana avrebbero raggiunto la lunghezza di 270
chilometri.
Agli inizi
dell’Ottocento al culmine della sua potenza, Napoleone volle una
strada atta al trasporto di cannoni, così i genieri della sua
armata costruirono la strada che venne usata sino a pochi anni
fa.
Il Gottardo nasce,
secondo la leggenda, da un patto che un fabbro di Goeschenen
fece con il diavolo che lo aiutò a stendere catene per una
passerella sulla terribile gola del torrente Reuss, attorno al
tredicesimo secolo. Il “ponte del diavolo”, divenne così
famoso anche perché , sino ad allora, dal Gottardo potevano
transitare solo pedoni e fu grazie a quel ponte che inizio’ un
traffico di merci che sarebbe durato secoli e che avrebbe
contribuito a potenziare le fiere germaniche ed olandesi a
scapito di quelle francesi.
Il Brennero e gli altri
passi più a est vennero usati dai Romani quando conquistarono
Pannonia ed il nordest dell’Europa, dalla maggior parte dei
barbari invasori ed acquistarono una crescente importanza con la
crescita dell’Impero germanico e degli Asburgo, ma, essendo meno
alti e meno difficili da transitare, la loro storia è meno
“vivace”.
Ora che ci sono gallerie
ferroviarie e stradali sotto valichi che d’inverno sono chiusi
pare arduo immaginare che, in passato, a piedi ed a cavallo, si
passasse durante tutto l’anno. Papi, imperatori, mercanti e
poveracci non venivano fermati dall’inverno. I duchi d’Aosta,
che dominavano al di qua ed al di là delle Alpi, facevano su e
giù in continuazione. Nel 1077 Enrico IV passò il Natale a
Besancon in Borgogna, poi con moglie, figlio e seguito si mise
in viaggio verso l’Italia, passando da Ginevra. Si fermò
qualche giorno a Pavia per incontare i vescovi scomunicati a lui
favorevoli ed 28 gennaio arrivò a Canossa per il famoso
incontro con Gregorio VII. Che a sua volta si stava apprestando
ad andare in Germania in pieno inverno.
I signori inglesi e
francesi che nel settecento, con le loro carrozze, scendevano in
Italia per il Grand Tour culturale raccontano nei loro resoconti
di viaggio come al Moncenisio le carrozze venissero smontate e
caricate, con relativi passeggeri, su slittoni. Che erano
trainati da animali per salire e frenati e pilotati, a forza di
gambe, da montanari seduti sul davanti, nella discesa. Che
gambe!
Pur con gli alti e bassi
della storia, del clima (tra il cinquecento e metà
dell’Ottocento ci fu una piccola glaciazione) e delle vicende
economiche, il formicolio di uomini ed animali che
attraversavano le Alpi è stata una costante per secoli. E ad
organizzarlo, oltre a mercanti e banchieri prevalentemente
italiani, ci furono anche grandi impreditori del trasporto che
gestivano muli, cavalli, manovalanza relativa oltre che luoghi
di tappa e cambio, in vari paesi d’Europa. Attorno al 500 i
genovesi Rossi dell’Isola furono i piu’ importanti. Ma anch’essi
non potevano fare a meno dei montanari.
I quali erano
naturalmente, quando e se possibile, agricoltori, allevatori e
boscaioli. Alcuni, saldamente insediati fuori dai luoghi di
transito, in alta montagna. avevano una vita propria isolata dal
mondo, una loro cultura ed architettura, come i leggendari
Walser. Che dall’alto Vallese tracimarono per monti verso sud (
Alagna e Gressoney) e verso i Grigioni ad est.
Passare da una parte e
all’altra dei monti anche senza vie tracciate non era inusuale.
Alla Fenè tre Durand, valico tra la val de Bagne in Svizzera e la
bassa val Pelline sopra Aosta, ci facevano addirittura una fiera
estiva. Altezza 2797 metri. Per quel valico, relativamente
facile e fuori mano, erano scappati in Svizzera personaggi
famosi. Calvino che gli Aostani, non convinti dal suo credo,
volevano mandare al rogo e negli anni trenta il futuro
presidente della repubblica Luigi Einaudi non amato dalle
gerarchie fasciste.
Ma da una parte e
dall’altra dei monti si facevano anche razzie reciproche. Per un
certo periodo vi fu aspra rivalità tra i montanari dell’alta val
Pelline e quella di Arolla in Svizzera. Si facevano reciproche
razzie di animali, anche d’ inverno, scavalcando il col Collon
di 3081 metri ed attraversando il ghiacciaio di Arolla poco
sotto. Che gambe, che tempra, che carattere.
A confronto dei
montanari delle Alpi di quei tempi i tanto decantati sherpa
nepalesi di oggi fanno la figura dei dilettanti.
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Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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