Ci salveranno
le vecchie zie?
Che il gallinaio politico mediatico fosse una costante prevalente della politica nostrana, si sapeva.
Si sapeva pure che troppi attori della politica potevano assurgere a vette di inconsistenza, incapacità e stupidità degne di un guitto mediocre, penosamente incapace, che vuole far ridere, ma fa piangere.
E si sapeva anche che la difesa della poltrona e del proprio clan clientelare piazzato qua e là e ben remunerato, era al vertice dei pensieri di troppi capi, capetti e peones di questo o quel partito.
Ma che il circo Barnum della politica italiana esprimesse una tale kermesse carnevalesca quale si è manifestata nelle ultime settimane, anche il più pessimista dei cittadini non avrebbe potuto prevedere. Tanto più che alla carnevalata, oltre ai politici, hanno partecipato giornalisti, esperti di diritto, costituzionalisti, attori, prime donne dalla grammatica tentennante e così via.
E nell’alluvione di ciance c’è di tutto, tranne che una matura consapevolezza di cosa è una democrazia.
E non c’è neanche il buon senso.
Buon senso che avrebbe evitato che politicanti di lungo corso, anche quelli provvisoriamente senza incarichi di rilievo ma ansiosi di riaverli, ponzassero su cosa si deve fare per ridare slancio al Paese e migliorare il corso della politica. Come se avessero vissuto per tanti anni in eremi sperduti e non fossero invece corresponsabili della situazione attuale avendo ricoperto svariati incarichi di responsabilità.
Buon senso che avrebbe potuto suggerire, a soloni della carta stampata, a politologi, a gazzettisti che si riempiono la bocca di dotte, ma inconsistenti riflessioni, condite da ripetute citazioni di Tocqueville che probabilmente non hanno mai letto, alcune elementari riflessioni sulle regole che dovrebbero essere alla base di una democrazia compiuta. Regole che non hanno colorazione politica, che sono asettiche, indifferenti a maggioranze e minoranze.
Queste regole vorrebbero, tra l’altro, che quando un presidente della Camera dei Deputati, terza carica dello stato, fa smaccatamente ed anche rozzamente politica, non essendo più super partes, deve matematicamente dare le dimissioni e, se non lo fa, va cacciato col voto anche dei parlamentari del suo gruppo.
Che se una maggioranza, che si è presentata agli elettori ed è stata eletta con un programma e con determinati candidati non è più coesa e si sfascia, il Presidente del Consiglio ha il dovere di dimettersi ed il Capo dello Stato deve sciogliere il parlamento senza tentare i giochini di altre maggioranze non volute dagli elettori.
Elettori che, anche se questo non piace alle oligarchie partitiche, sono i sovrani del Paese.
Che è inutile blaterare sulla Costituzione, su come modificarla, in uno squallido dibattito pluriventennale nel quale ognuno tira acqua al proprio mulino e nessuno ha veramente voglia di modificarla. Per porre fine allo strapotere dei partiti e ridare un poco di dignità alla politica, la cosa più democraticamente banale, da fare subito, è quella di ridare il voto di preferenza ai cittadini.
Per fare in modo che gli eletti sentano come loro referenti gli elettori e non i partiti. Elettori che sono scomparsi dal linguaggio politico e che, se fossero loro e non le oligarchie partitiche a stabilire chi va eletto, punirebbero certamente, tra l’altro, i parlamentari assenteisti cronici e quelli che della politica hanno fatto un lucroso affare.
Ci sarebbe assolutamente bisogno, ma non si vede all’orizzonte, di una consapevolezza che far politica è servire il paese, i cui problemi non sono un mezzo per conquistare potere e scranni, per guerreggiarsi e barattare consensi, ma il fine della politica. Se ci fosse un minimo di tale consapevolezza, si capirebbe che per risolvere alcuni drammatici problemi del paese, quali, per esempio, l’economia in nero e lo stato deteriore del sistema giudiziario che è il peggiore di tutti quelli delle altre democrazie ed anche di non democrazie, maggioranze e minoranza dovrebbero collaborare per risolverli nell’interesse del paese, invece di continuare a polemizzare accusandosi a vicenda. Mentre succede che se su un determinato problema uno dice –bianco-, l’altro dice -nero- solo per ripicca, per differenziarsi, anche se su quello stesso argomento, tempo prima, aveva detto -bianco-. Che tristezza.
Non ci resta che buttarci nell’ironia di Longanesi:
"Ci salveranno le vecchie zie?".
Ettore Falconieri
efalconieri@bluewin.ch
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