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Chierici, Chierichetti e Tabù
di Ettore Falconieri        


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Ginevra, 30 Agosto 2008 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87 - 88 - 89 - 90 - 91 - 92 - 93 - 94 - 95 - 96 - 97 - 98 - 99- 100



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Che ne direste
di ABOLIRE
le OLIMPIADI?

  Per il fondatore dei giochi olimpici moderni, Pierre de Coubertin, gli atleti partecipanti alle Olimpiadi dovevano essere dei puri dilettanti e questo criterio fu applicato con grande rigidità sin dagli inizi. Molti atleti non furono ammessi o furono squalificati, pur essendo dilettanti, perché avevano ottenuto, anche in gare precedenti, qualche modestissimo rimborso spese o regaluccio.
  Nell’Olimpiade di Atene del 1896, l’iscrizione di Carlo Airoldi, maratoneta italiano che era andato ad Atene a piedi impiegando 28 giorni, fu rifiutata perché aveva ricevuto due lire come premio in una competizione dell’anno precedente.
  Poi, a partire dagli anni ottanta si prese gradatamente atto che nello sport moderno di dilettanti ce ne sono pochi e con gli anni novanta la clausola del dilettantismo fu abolita.
  Con la conseguenza che, dal punto di vista sportivo, le olimpiadi sono gare come ce ne sono tante altre nel mondo e nell’arco di tutto l’anno.
  E con la conseguenza che i pochi sportivi dilettanti non hanno più alcuno stimolo ad essere tali, per cui o la smettono di fare sport agonistico o tentano di diventare professionisti.
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"I Chierici siamo Noi" di Ettore Falconieri
  Ma uno sport praticato con puro spirito dilettantistico, anche se con prestazioni inferiori a quelle di coloro che lo fanno per mestiere, ha tuttora un suo valore educativo e, secondo alcuni, anche etico.
  Ma questo non interessa più a nessuno.
  L’accensione della fiamma olimpica ed il suo viaggio verso lo stadio nel quale vi sarà la cerimonia dell’inaugurazione non ha più alcun valore simbolico, è solo una sceneggiata propagandistica che, tra l’altro, costa un sacco di soldi di viaggio, di accompagnatori, di misure di sicurezza.
  Le vittorie alle Olimpiadi hanno risonanza, meritano medaglie consegnate con gran pompa e cerimoniali imbandierati, in città frastornate dal grande evento olimpico, ma, sportivamente parlando, hanno lo stesso valore di una vittoria ottenuta in una competizione simile a Castelrotto di Sopra od a Muskogee, Oklahoma.
  Con l’aggravante che l’atleta che il giorno della gara olimpica ha il mal di pancia non meriterà medaglie d’oro o d’argento o di bronzo e fama, anche se è il migliore.
  E ci sono alle Olimpiadi degli sport come per esempio il calcio ed il tennis che nel corso dell’anno hanno una miriade di tornei, campionati, coppe e per i quali non si sente proprio il bisogno di una ennesima competizione.
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  Il Comitato Olimpico Internazionale è diventato, di fatto, una centrale d’affari nella quale si scontrano interessi politici, sportivi, pubblicitari.
  La scelta del paese che deve ospitare le Olimpiadi è fatta dai paesi membri, ma è arcinoto che nei mesi precedenti la votazione finale si attiva un gran mercato nel quale i voti a favore di questo o quello stato o città viene cercato con lusinghe, con patteggiamenti sotto il tavolo ed anche, per paesi in via di sviluppo, con promesse di investimenti e simili.
  Le visite alle città candidate per verificarne programmi, progetti, capacità ed impegno a fare una grande Olimpiade, sono in buona parte, ipocrita formalità, se non finzione.
  Ospitare una Olimpiade significa fare investimenti colossali che, come la recente storia insegna, non si ripagano neppure indirettamente con l’afflusso straordinario di visitatori, anche considerando gli immani costi della sicurezza che mobilita polizie di tutti i tipi, servizi segreti, guardie civiche e tanto altro.
  Con l’aggravante che molti investimenti non sono solo mirati allo sport, ma, soprattutto, all’immagine, allo stupire, a mostrare di essere più bravi di coloro che hanno ospitato l’Olimpiade precedente. E molte strutture volute per il grande evento restano inutilizzate. Con un crescendo che non può durare.
  Si è stimato che il costo delle Olimpiadi di Pechino sia vicino ai trenta miliardi di Euro.
  Quanto di socialmente più utile si potrebbe fare con tutti quei soldi.
  Ed anche con i soldi che i vari paesi versano al Comitato Olimpico Internazionale ed alle varie ramificazioni delle strutture olimpiche.
  Nel mondo contemporaneo nel quale si può essere informati od assistere alla maggior parte degli eventi in tempo reale, tutta la gestione ed organizzazione dello sport andrebbe rivisto con una nuova impostazione di fondo.
  Per esempio. In alcuni sport vi sono la gara olimpica, una coppa del mondo che si vince dopo varie competizioni ed il campionato del mondo che è una singola gara che non si differenzia da quella olimpica se non per il fatto che non si fa contemporaneamente ad altri sport.
  Non ha senso. Nel ciclismo, esempio tra i tanti possibili, il campionato del mondo è una singola gara. Chi la vince si fregia del gran titolo, ma, come detto sopra, può vincere una schiappa se, quel giorno i veri campioni hanno il mal di pancia.
  Sarebbe più saggio, ma gli interessi che non lo vogliono sono colossali, che si creasse un singolo ente sportivo mondiale per ogni sport che pianificasse competizioni varie nel corso dell’anno. E chi più punti prende nelle varie gare è proclamato a fine stagione campione del mondo. Titolo che varrebbe cento volte quello olimpico che premia una singola competizione.
  Anche alla chiusura delle Olimpiadi di Pechino, ogni trionfalismo sulla vittoria dello sport, sull’incontro tra popoli, sul successo morale dello stato ospitante e tanto altro sono pura ipocrisia per nascondere colossali interessi economici e politici.
  Lo spirito olimpico, con il quale molti si sciacquano in continuazione la bocca, non esiste, non vale nulla, ora che il dilettantismo è escluso.
  Le Olimpiadi vanno abolite. Il Comitato Olimpico Internazionale, se si vuole che sopravviva, si trasformi in un ente che aiuta i paesi in via di sviluppo a promuovere lo sport ed a creare strutture sportive.
  Sarebbe molto più utile allo sport di ora.

   Ettore Falconieri
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N. copie:

Ettore Falconieri, genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli.
Ha pubblicato Il RITORNO DEI LUPI (Lombardi), una novella filosofica e ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti (Archinto).
In I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro (SeBook ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI».

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di
Luciano Simonelli

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