Mancano statisti
di taglio europeo
Jean Monnet, grande uomo politico francese, in un discorso tenuto ad Algeri il 5 agosto del 1943, e quindi durante una guerra sanguinosa della quale non si conosceva ancora l’esito disse, tra l’altro: “ Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale…..bisogna che gli stati europei formino una confederazione o una entità europea che ne faccia una comune entità economica…”
Jean Monnet, fervente europeista, diede un contributo determinante, tra l’altro, a quella che sarà la Dichiarazione Schuman, dal nome del discorso tenuto dall’allora ministro degli esteri francese il 9 maggio del 1950, nel quale viene per la prima volta menzionata la parola Europa come entità economica. Jean Monnet divenne poi, nel 1952, primo presidente della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.
Il 18 settembre del 1946 Winston Churchill, già primo ministro britannico che aveva terminato il suo mandato da vincitore, tenne a Zurigo un famoso discorso nel quale auspicò la creazione di una unione degli stati europei per mettere fine a guerre, contrasti e rivalità che avevano insanguinato l’Europa per secoli fino alla seconda guerra mondiale, dimenticando crimini e follie con un nuovo spirito di collaborazione, nel comune interesse. Sottolinenando che “ se si vuole portare a termine la costruzione degli stati uniti d’Europa, la sua struttura dovrà essere concepita in modo tale che la potenza materiale di ogni stato vi abbia un ruolo secondario e che i piccoli stati contino come i grandi. “
Molte città europee avevano ancora i segni dei bombardamenti, milioni di famiglie erano in lutto per la morte di loro cari, gli odi ed i desideri di vendetta non si erano ancora sopiti, ma quel grande statista che fu Winston Churchill ha avuto il coraggio di guardare lontano, di avere una visione costruttiva per un futuro migliore di tutti i cittadini d’Europa.
Sono solo due esempi di uomini eccezionali che hanno contribuito a far partire, in momenti difficili, l’Unione Europea, nata come Comunità Economica con il Trattato di Roma il 25 marzo 1957, firmato da altri uomini di stato che nell’Europa credevano.
Da allora molta strada è stata fatta, ma in questo momento, anche a causa della crisi economica, vi è un momento di arresto, di incertezza, di ripiegamento di ogni stato su sestesso. E non si vede all’orizzonte un capo di stato, un primo ministro od altro che ragioni in termini europeisti, che abbia la visione dei padri fondatori e che, pur facendo il suo mestiere che è quello di occuparsi del proprio paese, sappia parlare e muoversi in una dimensione europea.
Uno statista di taglio europeo, non importa di che paese, dovrebbe creare una rinnovata tensione europeista, motivata e comprensibile ai cittadini, ricreare un ideale europeo come veicolo per risolvere comuni problemi e dare impulso al progresso economico. Ed anche auspicare un avvicinamento progressivo delle legislazioni soprattutto per quelle che riguardano la spicciola vita quotidiana affinchè i cittadini del vari paesi si sentano, tra di loro, sempre meno diversi.
Recenti incontri di capi di stato o ministri europei per risolvere questo o quel problema paiono crocchi di gente al bazar in cui si contratta, si offrono favori in cambio di contropartite, si cede su un punto per ottenere vantaggi su un altro.
Certo, una unione tra stati, una confederazione o qualsiasi altra forma di aggregazione non si raggiungono in poco tempo. Come Stati Uniti, ma soprattutto la Svizzera insegnano, ci vogliono tempi lunghi, secoli.
Ma come è appunto successo per quei due paesi ci vuole, alla base, una tensione continua verso la meta finale, una aspirazione collettiva.
Che solo statisti di alto profilo che credono in una Europa unita possono ispirare.
Ettore Falconieri
efalconieri@bluewin.ch
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