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di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 4 Ottobre 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55
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   Come sta il giornalismo in Italia?
  I
l mondo contemporaneo è un mondo complesso, agitato, causato e motivato da numerosissimi fattori, situazioni, decisioni, comportamenti, fenomeni. Che sono economici, politici, sociali, intellettuali, di singoli, stati, gruppi etnici, associazioni, enti religiosi e cosi’ via. E’ un mondo complicato sia nelle dimensioni geopolitiche globali che in quelle locali che, grazie all’informazione che giunge ovunque e tutto pervade, si influenzano a vicenda.
    E’ di conseguenza evidente che la conoscenza di fatti, di situazioni e di cio’ e di chi li ha motivati, per quanto complessi ed articolati essi siano, è essenziale per esprimere una valutazione, farsi un’idea su di essi. Valutazione ed idea che, su argomenti e fatti di rilevanza politica, sono la premessa che consente al cittadino di esprimere il proprio voto ragionato secondo le proprie convinzioni. Piu’ e meglio sarà informato, piu’ e meglio le sue opinioni poggeranno su una concreta valutazione di fatti e situazioni.
   Ne deriva che l’informazione, il giornalismo sono un pilastro essenziale di ogni società soprattutto se progredita ed un supporto indispensabile per la democrazia.
   E come stanno a questo proposito informazione e giornalismo italiani ?
   Non bene.
   Se la democrazia italiana è piu’ imperfetta di altre lo si deve anche ad essi.
   E’ ormai quasi una banale constatazione ricordare manchevolezze che certo non sono di tutti, ma di troppi e che vengono ormai riconosciute anche da autorevoli membri dell’Ordine.
   La prevalenza del commento sulla descrizione dei fatti. La perfettibile deontologia professionale che, tra i suoi vari aspetti, non riconosce i propri errori, i guasti causati e non se ne scusa. Le mode, intellettuali e spicciole, che prevalgono su ragionamento e storia. Le continue strizzatine d’occhio alla politica. Tanto conformismo provinciale per mancanza di adeguata preparazione e maturazione professionale, conformismo provinciale che, tra l’altro, induce a citare giornali di altri paesi come se fossero bibbie. L’allergia al giornalismo investigativo. Superficialità frettolosa nel l’esprimere giudizi facili e dozzinali. Incapacità di molti ritenuti autorevoli ad innalzarsi al di sopra della routine, ruminando i soliti banali minestroni di chiacchere su politica ed attualità. L’autocensura verso il potente o il padrone. L’inutile sensazionalismo su argomenti che non meriterebbero che una scarna notizia.
   Per non parlare dei plagiari che copiano, talvolta senza neanche modificare le parole, articoli di giornali esteri, tra i quali la palma d’oro del preferito va all’ Herald Tribune perché è tra i piu’ presenti nelle edicole italiane.
   Anche per quanto precede gli Italiani leggono poco i giornali, rispetto ad altre democrazie sono in fondo alle classifiche dei lettori ed hanno di conseguenza una informazione, una percezione sui fatti del mondo parzialmente immatura ed incompleta. Mentre, per le vicende politiche di casa loro, la sostanza, i fatti sono appannati dal sensazionalismo, dal pettegolezzo di corridoio, dal gallinaio mediatico quotidiano nel quale politici e gazzettieri vanno a braccetto. Oltre che da un’orgia di commenti su programmi, su proposte di legge, su riforme che pochi giornalisti, prima di commentare, si prendono la briga di spiegare in modo chiaro, comprensibile e dettagliato a tutti, diconsi tutti gli elettori.
   Cronaca nera e pettegolezzi vari a parte, stanno ancora peggio coloro che vengono informati solo da tele e radiogiornali che non paiono essere migliori della pagina scritta oltre ad essere necessariamente piu’ sintetici. Ne consegue che la loro percezione di fatti e situazioni che, direttamente od indirettamente, li riguardano, quando c’è, sarà ancora piu’ approssimativa, sbiadita, condizionata da informazione incompleta o di parte.
   Chi legge regolarmente un quotidiano sarà naturalmente condizionato dal giornale che ha scelto, ma neppure lui sarà certo di essere correttamente informato sui fatti. Succede spesso che, commenti a parte, i fatti vengano esposti in modo differente da un giornale all’altro. Esempio facile tra i mille possibili: quando recentemente è stato approvato l’indulto, su tre quotidiani, tra i piu’ letti, erano menzionate, a titoloni, tre cifre diverse, e di molto, sul numero di coloro che sarebbero stati scarcerati. Serietà avrebbe voluto che, se neanche il ministero conosceva la cifra esatta, si citassero solo stime approssimative e non a titoloni. Non per nulla il direttore di uno di quei tre giornali in una recente intervista ha dichiarato, testuale: “ L’obiettività è una cosa assolutamente poco credibile. “ Evviva.
   La realtà è che non esiste piu’ in Italia un giornale autorevole ed indipendente, esistono vari quotidiani che stanno tra il giornale di informazione ed il tabloid, tutti non resistendo alla tentazione, di mettere ogni tanto in prima pagina le mutande. Tutti essendo anche condizionati dalle simpatie politiche, dichiarate o tacite, e naturalmente dai desideri e dagli interessi di chi li possiede.
   Ben venga il giornale di parte quando chi lo ha scelto ne è consapevole e se non va a verificare altrove fatti e notizie politicamente sensibili sarà lui stesso il responsabile della sua ignoranza.
   Ma è colpa del giornale fintamente indipendente se i suoi lettori conosceranno solo parzialmente ed in modo distorto fatti e situazioni, senza rendersene conto.
   A seguito di tali carenze informative, la società italiana percepisce ed affronta i propri problemi in modo non sempre coerente con la realtà.
   Poiché l’opinione pubblica sull’argomento non conta niente, una reazione, soprattutto etica, dovrebbe venire dall’interno dal giornalismo stesso. E alcuni di coloro che sono certi di essere letti con attenzione, sfidando la potenziale censura dei loro fogli, dovrebbero prendere l’iniziativa, fare il mea culpa collettivo, strillare, fare proposte di miglioramento, tirare sassi in piccionaia, peraltro facendo quello che spesso dicono, ma solo in privato.
   Pensando piu’ agli Italiani che ai loro spiccioli interessi e superando quella artefatta solidarietà di casta, che in Italia non è solo del giornalismo. Solidarietà di casta che non accetta mai critiche, che tenta di screditare chi le esprime accusandolo di incompetenza, fini reconditi o interessi nascosti. E strillando contro l’attentato alla libera informazione.
   La professione giornalistica, pilastro della democrazia, è la quintessenza della indipendenza e della libertà, si comportino quindi di conseguenza.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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