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di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 13 Aprile 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40
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   Quella necessaria cortesia petrolifera
  verso l'Arabia Saudita...

 

  N
el suo famoso libro “The Prize“ , che è la piu’ completa storia del petrolio e degli sconvolgimenti politici, economici e sociali che ha causato dall’inizio ai giorni nostri, Daniel Yergin racconta che nel febbraio del 1945, sulla via del ritorno a casa dopo il congresso di Yalta, sia il presidente americano Roosvelt che il primo ministro britannico Churchill, uno dopo l’altro, vollero fare una visita di cortesia petrolifera ad Ibn Saud re dell’Arabia Saudita.
   L’incontro con Roosvelt ebbe luogo nel Mar Rosso a bordo della nave militare Quincy sulla quale Ibn Saud arrivo’ con un seguito di quarantotto persone e 7 montoni per i pasti reali. La notte precedente l’incontro dormirono tutti sotto tende montate sul ponte della nave, rifiutando cabine ed altre comodità accessorie.
   Per rispetto alle sue convinzioni religiose, in presenza del sovrano non si doveva né bere alcolici, né fumare e Roosvelt, che era fumatore accanito, non fumo’ né bevve, con grande sofferenza. Ma quando dalla sala dell’incontro salirono con due ascensori differenti verso la sala da pranzo, fece fermare l’ascensore a mezza strada il tempo necessario per fumarsi due sigarette.
   Meno rispettoso e piu’ spregiudicato, come era nella sua personalità, fu Churchill che nella sua lunga vita politica, contrariamente a Roosevelt, aveva avuto lunghe e varie frequentazioni con il mondo arabo e loro esponenti. Fece dire ad Ibn Saud che “era rito sacro imposto dalla sua religione di fumare sigari e bere alcolici, prima, durante e dopo i pasti“. E durante l’incontro fumo’ tranquillo il suo famoso sigaro e bevve quanto gli parve alla faccia di sua maestà.
   Abdul Aziz Ibn Saud aveva riunificato la penisola arabica sotto il dominio suo e della sua tribu’, gli Al Saud, con indubbio talento guerriero e spregiudicatezza non dimenticando di scannare Sciti, Ismailiti ed altri, tutti quelli cioè che non professavano il Wahhabismo, la versione piu’ intollerante e fondamentalista dell’Islam.
   Tutto era iniziato nel 1744 quando l’antenato Mohamed Bin Saud si era alleato con il riformatore religioso Abdul Wahhabi, della tribu’ Al Asheikh, per la conquista della penisola arabica che, dopo alti e bassi, sarebbe stata compiuta da Ibn Saud. Gli Al Saud avrebbero avuto il potere politico, gli Al Asheikh quello religioso. Poteri che tuttora detengono i loro discendenti con ferocia e determinazione. Ma la situazione è potenzialmente esplosiva.
   Una delle poche testimonianze della reale situazione del paese è quella del giornalista inglese, John R.Bradely che ha scritto – Saudi Arabia exposed - resoconto di due anni e mezzo nel paese quale giornalista nel quotidiano di lingua inglese Arab News di Jeddah. Unico giornalista occidentale che ha potuto frequentare e conoscere i vari livelli della società, ha avuto il permesso di viaggiare nel paese e, per sua scelta, non ha abitato negli insediamenti fortificati degli occidentali, ma in mezzo agli arabi.
   Nell’immenso territorio della penisola arabica abitano varie etnie e tribu’ che, malgrado l’oppressione degli Al Saud e della polizia religiosa, mantengono la loro individualità ed alcune la loro religione che non è quella wahhabita. Vicino allo Yemen vi sono anche gli uomini dei fiori, una minoranza ben protetta da valli e dalla lontananza dal potere centrale, che si adornano i capelli con fiori appunto. Ma anche nelle città come Jeddah vi sono tribu’ con tradizioni e convinzioni proprie, piu’ liberali di quelle dominanti, che si ritengono oppresse. Come, chi piu’, chi meno, si ritengono oppressi tutti coloro che Al Saud non sono. La ricchezza che tocca la gran maggioranza dei cittadini è naturalmente un freno ad iniziative di ribellione, ma altri fattori potrebbero innescarla.
   Il terrorismo interno ed esterno.
   La fragilità di molti giovani che, consapevoli della loro sudditanza, ignari delle cose del mondo, senza ideali, sono bombardati nelle scuole religiose dal monotono messaggio che l’occidente è il male supremo. Sono in molti, seppure ricchi e viziati, a vedere nel saudita Bin Laden il loro Garibaldi (quindici dei diciannove attentatori alle torri gemelle erano sauditi benestanti).
   La corruzione dominante che coinvolge i grandi potenti del regime ed i semplici cittadini.
   La criminalità crescente malgrado amputazioni e tagli della testa in pubblico.
   La contraddizione tra il rispetto dei canoni religiosi in pubblico ed il non rispetto da parte di molti in privato.
   Le vessazioni della polizia religiosa.
   L’oppressione e la segregazione della donna che, malgrado qualche timido progresso, è tuttora la costante prevalente, ancora piu’ sofferta di prima perché la ricchezza consente alle donne d’Arabia di essere al corrente, piu’ di altre in paesi poveri ed arretrati, di quanto avviene nel resto del mondo non mussulmano, con televisioni satellitari, film, libri e, per alcune, viaggi all’estero. Una presentatrice televisiva, Al Baz, per il semplice fatto di essere tale e quindi di mostrare il suo volto a tutti, dopo ripetute esortazioni a smetterla, è stata sfigurata dal marito sbattendole la testa sul pavimento e quasi uccidendola. Se l’è cavata per miracolo, il marito, anche se il fatto suscito’ un certo scalpore, è restato praticamente impunito e la ex presentatrice ha ritenuto prudente fuggire in un paese europeo.
   Seppure molti occidentali abbiano ritenuto prudente tornarsene a casa dopo alcuni attacchi terroristici e relative vittime, ce ne sono ancora oltre cinquantamila in prevalenza americani che vivono tra di loro in quasi fortezze. E, tragicomica constatazione per un paese ricco ed arrogante la cui religione di stato vede l’occidente come il satana supremo, senza una buona parte di essi il paese si fermerebbe. Ne hanno bisogno l’industria petrolifera, le forze armate per l’istruzione e la manutenzione di armamenti e mezzi bellici e altre industrie in settori tecnologicamente avanzati.
   E sono indispensabili all’Arabia Saudita anche gli oltre otto milioni (gli arabi sarebbero circa ventimilioni) di immigrati asiatici, sottopagati, senza o con saltuari diritti, spesso trattati come schiavi. Il succitato giornalista racconta che anche i giovinetti ricchi, ammiratori di Bin Laden, trattano spesso i numerosi servitori asiatici di casa loro in modo indegno.
   Ma la realpolitik ed il petrolio fanno si’ che l’occidente chiuda un occhio sulle tante contraddizioni di quel paese e su tanti comportamenti barbari ed incivili. Che si accetti l’ambiguità di un potente clan corrotto che ha finanziato a lungo il terrorismo per fermarsi solo quando se l’è visto in casa. Che si faccia finta di apprezzare la politica estera parzialmente filo occidentale che, tuttavia, è tale per il solo motivo che, se è vero che l’occidente ha bisogno del loro petrolio, loro hanno bisogno ancora piu’ di venderlo e sanno che l’occidente li proteggerebbe o quanto meno proteggerebbe i loro pozzi petroliferi se necessario.
   Se saltasse in aria il caravanserraglio saudita, tanti nodi verrebbero al pettine, tante sofferenze ed ingiustizie verrebbero a cessare, satrapi corrotti finirebbero nella polvere, tante ipocrisie si rivelerebbero al mondo intero. Ma sarebbero grossi guai per tutti, anche per l’occidente ed è triste dover dire che, forse, almeno per il momento è meglio non succeda niente.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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