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di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 31 Marzo 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38
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   ...ricreazione futurologica

  A
rcheologi e studiosi di varie branche ci danno una idea abbastanza precisa del passato, delle civiltà che ci hanno preceduto e piu’ si scava, piu’ si trova, piu’ si conosce. Sarà piu’ difficile, invece, per archeologi e studiosi che tra secoli o millenni cercheranno di capire qualcosa di noi dopo che meteoriti, disastri atomici, spaventose inondazioni, innalzamento del livello del mare per l’effetto serra avranno annientato le nostre civiltà. Si salveranno quattro gatti che, atterrati sulla cima di un monte con un elicottero in avaria, ricominceranno tutto da capo, come noi, faticosamente. E le generazioni successive si attribuiranno origini divine perché discendenti di donne e uomini venuti dal cielo con un uccello misterioso, attorno ai cui resti verrà costruito un tempio. E il manuale di bordo, che solo druidi iniziati potranno interpretare, sarà il loro libro sacro.
   Dopo qualche secolo o millennio, giunti ad un decente livello di civilizzazione, si incuriosiranno delle civiltà che li hanno preceduti. Ma sarà arduo.
   Noi scaviamo in luoghi circoscritti dove era centrata una civiltà, una città stato, luoghi che contengono tutto quanto, costruzioni, suppellettili, alfabeti, eccetera, che riguardavano quella civiltà, essendo anche le suppellettili movimentate dal commercio rintracciabili in aree non molto lontane. Le tracce, i reperti della nostra civiltà, invece, anche grazie alla globalizzazione, sono e saranno sparsi per tutto il mondo e quanto non distrutto verrà ancora di piu’ rimescolato e sparso da cataclismi, onde d’urto atomiche, spostamenti d’aria di meteore, tsunami.
   E chi cercherà di sapere qualcosa di noi farà una grande confusione.
   Per quanto riguarda l’Italia uno scenario non impossibile delle ricerche archeologiche future potrebbe essere il seguente.
   Gli archeologi avranno colto qua e là qualche indizio. Della lingua che, intuendone certe sfumature quasi musicali, faranno derivare dal Grieg (greco) lingua parlata nell’estremo nord dell’Europa. Dei primi abitatori del nord Italia, i Villanoviani il cui nome indicava l’abitudine di distruggere e ricostruire villaggi in continuazione. Di invasioni da oltre Atlantico dei Pellerossa che, quando in guerra, si toglievano le penne e mettevano in testa un copricapo d’acciaio. Di etnie chiamate indoeuropee, da indoor (espressione usata appunto dai Pellerossa che influenzeranno in vario modo il linguaggio locale) e Europa, cioè che stanno a casa in Europa. Di una presunta religione o filosofia chiamata comunismo e di tanti altri piccoli fatti e reperti. Ma avranno difficoltà a coordinare quanto scoperto in un contesto logico e temporale .
   Finché, scavando per caso dalle parti delle Alpi occidentali, non troveranno un cartello metallico, corroso ed attorcigliato, sul quale i loro esperti, dopo lunghi studi, leggeranno, comprendendone il significato, Comune di Villanova d’Asti. Sarà la loro stele di Rosetta.
   Non tarderanno a capire che la stirpe regnante si chiamava Comune, da cui comunisti i loro cittadini. Che Villanova era stata la capitale dei Villanoviani in seguito conquistata dai Comune guidati da un famoso Marx. Pareri diversi, invece, sul significato di Asti. Alcuni studiosi riterranno che la capitale era su aste, cioè palafitte, mentre altri, trattandosi di stirpe guerriera, riterranno che asti derivava da asta da guerra, giavellotto o simile. Certamente era una città stato importante, se non la capitale di un impero che occupava un buon pezzo della penisola. Approfondendo gli studi arriveranno alla ragionevole certezza che i Comunisti Villanoviani erano feroci guerrieri che suscitavano paura ad alcuni, simpatia ad altri, cosa che deve aver insanguinato la penisola per lungo tempo. Da alcune annotazioni, miracolosamente salvate, dedurranno anche che i soldati comunisti si mettevano in marcia, in onore del fondatore, all’ordine – avanti Marx -. Mentre i loro piu’ acerrimi nemici, i Rom, originari delle steppe asiatiche, ma stanziatisi a sud dei Comunisti Villanoviani, combattevano brandendo come insegna un biancofiore ( indubbiamente velenoso ) ed ebbero tra i loro piu’ famosi condottieri un Goffredo di Bugliolo (perché usava portare un singolare elmo metallico ), che si definiva crociano per rispetto del suo aio Benedetto Croce che lo aveva istruito. I rom, appena giunti dalle loro steppe, avrebbero conquistato l’Italia del sud, creando un regno chiamato delle due Sicilie. Il fatto che di Sicilia, ai futuri archeologi, ne risultasse una sola li porterà alla conclusione che una delle due fu sbriciolata in mare da potenti eventi sismici, probabilmente nel mesozoico superiore. I Rom avevano chiamato la loro capitale, sita in centro Italia, Kaputt Mundi.
   Presi dall’entusiasmo, scaveranno tutto intorno al luogo dove avranno trovato il cartello rivelatore e troveranno altre scritte che, seppur con difficoltà, riusciranno ad interpretare. Scritte come autofficina e autogrill . Appigliandosi alle poche nozioni linguistiche in loro possesso, non tarderanno a capire che l’autofficina era un luogo di culto in cui si celebrava l’officio religioso (da – office - dei Pellerossa ), ma da soli (dal Grieg – autos). Concluderanno che veniva praticata una religione individualista senza sacerdoti. Cosa che sembra non piacesse ai nemici Rom che abbondavano di sciamani, da qui, forse, uno dei motivi delle rivalità. Ma era religione crudele che comportava anche autosacrifici umani di credenti che cercavano probabilmente l’estrema catarsi con la sofferenza del fuoco. Infatti si grigliavano da soli in templi chiamati autogrill .
   Concluderanno che, tutto sommato, quegli aborigeni italici erano dei barbari selvaggi.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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