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Chierici, Chierichetti e Tabù >

di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 21 Gennaio 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28
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    Il bla bla etico,
   gli italiani vorrebbero...

   Il cicaleccio, il bailamme, i diktat, le asinate su stato e chiesa, laici e religiosi, atei e credenti, si erano appena spenti e le feste natalizie ci avevano portato un momento di silenzio. Ma ecco che il gallinaio riprende a starnazzare sul problema etico. Il silenzio, si sa, non si addice a tanti politicanti, gazzettieri, intellettualoidi che, incapaci di eccellere per il loro impegno o per la loro opera, strillano, sentenziano, arringano per attirare l’attenzione su di sé. Tutti hanno ora la medicina, il rimedio, il segreto affinché il paese diventi migliore ed additano al popolo i malvagi di turno con i quali, peraltro, fino a poco fa, si scambiavano pacche sulle spalle ed altro sottobanco. Ed individuano i mali del paese nel modo di intendere la politica di coloro che la pensano in modo diverso. Già si intravedono all’orizzonte, con argomento l’etica, tavole rotonde, incontri dibattito, conferenze, giornate di studio, che sono la grande specialità di troppi farniente, tanto tronfi nell’ascoltarsi sussiegosi, quanto incapaci di decisioni costruttive.
   Ma gli Italiani non capiscono. Perché quanto declamano i guitti del chiacchericcio è come se venisse detto in – ceremisso – lingua urofinnica, notoriamente poco conosciuta in Italia, - dalle alternanze consonantiche come quelle apofonetiche indoeuropee che possono anche essere solo quantitative. - Puro rumore.
   Gli Italiani vogliono fatti.
   Vorrebbero che situazioni, vicende e cifre relativi a grandi gruppi, banche, società, intrecci azionari, non proprio eticamente corretti, ufficiosamente ancora sconosciuti, ma ben noti agli addetti ai lavori e ad altri, venissero resi noti.
   Vorrebbero che i partiti politici, oltre alle striminzite informazioni che sono tenuti a dare per legge, rendessero dettagliatamente noti introiti, spese, debiti e con quale banca, patrimonio immobiliare, stipendi e rimborsi spese dei maggiori responsabili. Magari avendo il coraggio di far certificare tali dati da società di revisione.
   Vorrebbero che qualche eletto del popolo, parlamentare, consigliere regionale, provinciale, cittadino, avesse il coraggio di pubblicizzare in termini molto precisi stipendio, diarie, rimborsi spese, trasporti ed altro a condizioni di favore, costi di portaborse e quant’altro proveniente dalle tasche dei contribuenti, cosi’ come altri redditi e proprietà. Che regioni, province, comuni, uffici statali vari rendessero noti, con esternazioni che possano raggiungere la grande maggioranza dei cittadini, emolumenti e rimborsi spese di coloro che occupano posti di responsabilità in enti da loro dipendenti o collegati, posti di responsabilità spesso affidati a parenti, politici trombati, compagni di partito e cosi’ via. Solo una regione lo ha fatto. E sarebbe opportuna analoga esternazione per le consulenze che sono sanguisughe voraci del sistema.
   Sarebbe anche gradito ai cittadini che i giornali di partito scrivessero in chiare lettere sotto la testata, e tutti i giorni, la cifra annuale ricevuta dallo stato. Anche comunicando ai lettori gli stipendi del direttore, dei capi redattori, dei membri del consiglio di amministrazione della società che possiede la testata ed a chi questa appartiene.
   Ed i cittadini non sarebbero alieni dal conoscere i finanziamenti, spesso di estremo favore, che alcune banche concedono ad alcuni azionisti privilegiati.
   Nonché gli stipendi del presidente, dei consiglieri e di tutti i direttori della Rai, cosi’ come quello di strapagati giornalisti ed uomini di spettacolo, non trascurando, nominandoli, i molti che, per un motivo o per l’altro, non hanno piu’ alcun incarico, ma percepiscono, gioiosamente inattivi, lauti stipendi, con uffici non male e, talvolta, auto blu. Notizie da dare nei telegiornali, naturalmente, senza masticare le parole e con dizione chiara e precisa, magari mostrando tabelle esplicative.
   E perché lasciare all’oscuro la comunità tutta del costo del Quirinale, degli emolumenti del Presidente, nonché delle pensioni che percepisce ? E delle stesse cifre del Segretario Generale e dei massimi dirigenti della insigne struttura ?
   E che passo avanti sarebbe se i partiti smettessero di paracadutare dall’alto in collegi elettorali persone che non ci hanno mai vissuto e che hanno solo a cuore la loro elezione e candidassero solo aspiranti parlamentari che in esso vivono, che conoscono la gente, i suoi problemi come quelli del territorio. In modo che la gente possa informarsi su di loro meglio di quanto potrebbe fare per raccomandati venuti da lontano e votare con maggiore conoscenza di causa. Tenendo poi meglio sotto controllo l’operato dell’eletto. Controllo, politico ed etico, che è alla base, che è l’essenza stessa della democrazia.
   Quanto sopra è una modesta e sintetica esemplificazione, uno scialbo aperitivo di quanto potrebbe essere fatto al posto delle chiacchiere. Che certamente farà sorridere di compassione chierici e chierichetti del potere. Che mattacchioni questi cittadini, penseranno, non sanno che come si spende il denaro pubblico è cosa nostra. Che i sudditi paghino e tacciano.
   Non sanno che in altre democrazie - l’argent du contribuable - , - the taxpayer money - cioè il denaro dei cittadini è sacro e bisogna rendere conto di come si spende sino all’ultimo spicciolo.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

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