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di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 19 Maggio 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44
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    ...lo sapete che stiamo per essere colonizzati?

   Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso la Cina di Mao Tze Tung era isolata dal resto del mondo, pochi paesi oltre alla Russia avevano relazioni diplomatiche con essa, poco si sapeva di cosa succedeva al suo interno. Si fantasticava sull’opprimente regime di Mao, su cosa succedeva in quel paese e nascevano anche le leggende metropolitane su fatti e misfatti dei cinesi che allora si aggiravano sul miliardo. Si favoleggiò, per esempio, che Mao aveva stabilito di decimare le mosche ed ordinò ai cinesi, un dato giorno, di concentrarsi sulla caccia ai poveri insetti uccidendone quanti piu’ possibile, con ottimi risultati. Mentre uno studioso americano burlone ipotizzò che se Mao avesse ordinato a tutti i cinesi di spostarsi verso la costa del Pacifico e saltare tutti insieme da un metro d’altezza, avrebbero causato un onda d’urto tale da distruggere, oltre quanto trovato sul suo percorso, California e regioni attigue. Per difendersi, gli americani, appena saputolo, essendo in meno, avrebbero dovuto saltare subito dopo da tre metri, creando un contro onda d’urto che avrebbe arrestato la prima…
    Alla base di queste fantasticherie c’è anche il misterioso fascino che esercitano le moltitudini orientali su noi occidentali, che siamo così pochi. Circa un miliardo e tre i cinesi, oltre il miliardo gli indiani, poco meno di mezzo miliardo tutti gli altri. Si stanno muovendo verso di noi, impercettibilmente, da tempo. E se il movimento si accelera ?
   Il tema prevalente sul futuro del mondo è, attualmente, la globalizzazione, cioè, semplificando, l’apertura di ogni stato, società, economia e cultura alle influenze altrui. Ma non si parla di un futuro, altrettanto possibile, nel quale le grandi masse orientali si muovano per motivi economici o altro, come è successo tante volte nella storia per altri popoli. Quando gli animali uomini si sono comportati quasi come gli uccelli migratori che, per istinto, non possono sottrarsi al partire.
   Si potrebbero fare tanti esempi, dalle invasioni barbariche all’arrivo degli extracomunitari in Europa dei nostri giorni. Ma l’esempio piu’ calzante è la storia recente del nostro paese.
   Tra la fine dell’ottocento e la prima parte del novecento milioni di Italiani sono emigrati soprattutto verso le Americhe. Nei primi vent’anni del secolo scorso all’impressionante ritmo di due- trecentomila all’anno, contribuendo a potenziare con i loro miseri risparmi o con i debiti contratti, tutti investiti in un biglietto di viaggio, la flotta passeggeri italiana. Armatori varavano navi solo per trasportarli, alcuni disonesti si comportavano come gli attuali scafisti trasportandoli in condizioni igieniche e di affollamento inumane. Nel 1893 una vicenda piu’ drammatica di altre fece grande scalpore. La nave Carlo R. salpò verso il Brasile con 1400 emigranti, scoppiò il colera a bordo, il Brasile rifiutò lo sbarco e la quarantena e la nave tornò a Genova dove sbarcarono solo circa quattrocento infelici, gli altri essendo stati gettati a mare cadaveri. Anche a seguito di quella tragedia vennero fatte varie leggi per imporre agli armatori regole precise per garantire un trasporto decente.
   Ma quello che colpisce è che, quasi improvvisamente, milioni di Italiani, in prevalenza contadini del sud legati da generazioni alla loro terra, alle loro usanze, ai loro santi, che nella stragrande maggioranza non si erano allontanati dalle loro case che di pochi chilometri, si muovono verso terre lontane, sconosciute, di cui non conoscono la lingua, affrontando viaggi e disagi inimmaginabili. Perché è nata la speranza di una vita migliore, di maggiore libertà, di piu’ soldi. Perché hanno intravisto, al di là del mare, un miraggio che li avrebbe riscattati da secolari sofferenze, umiliazioni, fami, povertà. Come se fosse apparsa una cometa con su scritto America. E sono partiti. Senza certezze sul loro futuro, solo sulla base di notizie vaghe, frammentarie, di passa parola dai primi partiti.
Ma allora, appunto, c’erano solo notizie vaghe, passaparola, mentre ora televisioni, internet e tutto il resto fanno conoscere a tutti coloro che lo desiderino com’è una meta potenziale. Se, per un motivo qualsiasi, economico, ideale, sociale od anche politico, scatta nella testa di cinesi od indiani il clic del partire in massa, noi europei, pochi come siamo, avremo armi molto spuntate per fermarli.
   In molte città europee ci sono già quinte colonne di cinesi poco visibili, silenziosi, attivissimi. E non è irragionevole pensare che tra loro ci siano occhi attenti che riferiscono a qualche ufficio riservato di Pechino. Dove qualcuno potrebbe decidere di risolvere i molti problemi interni, presenti e futuri, anche in chiave di espansione nazionalista, esortando alla partenza.
   Non solo verso di noi, ma anche verso la Russia spopolata, la cui popolazione sta addirittura decrescendo.
   O verso l’Africa, Africa dalle sempre vantate, ma mai realizzate potenzialità. Dove la Cina moltiplica iniziative diplomatiche ed economiche.
   Se sceglieranno quest’ultima il colonialismo europeo passerà alla storia come un gioco da ragazzi.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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