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Chierici, Chierichetti
e Tabù
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di
Ettore Falconieri
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Ginevra,
2 Febbraio 2007 -
n.
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Storia
di una "i"
maliziosa
per Pico della Mirandola
Una famiglia importante della
consorteria feudale reggiana furono i Pico della Mirandola che,
su concessione di Matilde di Canossa ad Ugo nel 1115, iniziarono
il loro dominio sulla corte di Quarantola di cui faceva parte
Mirandola. Con Francesco, nel 1311, ebbero il titolo di vicari
imperiali e fu a seguito di questo importante avanzamento di
rango che la famiglia iniziò a chiedersi se il loro nome Pico,
che avrebbe iniziato ad essere conosciuto in corti e palazzi
signorili ed avrebbe sottoscritto corrispondenza diplomatica,
bandi e editti, non fosse troppo ostico, duro alla pronuncia,
sintetico, senza la musicalità che, seppure in un contesto di
pura formalità vocale, avrebbe dato al nome un suono più
gradevole.
Furono pensate in famiglia varie ipotesi di varianti ed aggiunte
di lettere che diedero luogo a prolungati ed animati dibattiti,
finché l’accordo cadde sull’aggiunta di una “i” che, pur
mantenendo sostanzialmente inalterato il nome, avrebbe aggiunto
una minore asprezza ed una maggiore musicalità alla pronuncia.
Si iniziò a predisporre tutte le iniziative per rendere
esecutivo il cambiamento, ivi inclusa una istanza all’imperatore
di cui erano vicari.
Ma quando esse furono pronte ed il processo di modifica sul
punto di essere avviato, arrivò un drammatico stop.
Un membro della famiglia, Bartolo, in missione alla corte dei
Savoia, aveva ordinato ad un suo scudiero di viaggiare giorno e
notte per far pervenire al più presto alla famiglia l’invito a
fermare tutto pena il disonore per la casata. Ne avrebbe
spiegato i motivi al suo ritorno. L’instancabile scudiero, dopo
un viaggio massacrante, arrivò poco prima che partisse altro
scudiero con l’istanza all’imperatore per la modifica del nome.
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E l’onore, per un pelo, fu salvo.
Era successo che il Bartolo, scivolando sulla neve nella città
di Torino, aveva malamente, seppur inavvertitamente, urtato un
mercante di Cuneo che, indispettito, lo apostrofò con il nome
della sua casata, ma con l’aggiunta di una “i”.
“Messere, rispose il Bartolo che non aveva capito niente, vi
sbagliate, il nome della mia casata è ancora Pico.” Ma il
mercante, sempre più seccato, non gli diede retta e continuò a
chiamarlo più volte con il suo nome modificato, lasciando
esterrefatto il Bartolo che non si rendeva conto di come quel
signore sconosciuto, per di più di rango inferiore al suo, fosse
a conoscenza del futuro cambiamento di nome.
La sera, durante un ricevimento a corte, narrò l’incidente ad
Amedeo V di Savoia che scoppiò in una fragorosa risata. E gli
spiegò cosa significasse da quelle parti ed anche in altre, il
nome della sua casata con l’aggiunta di una “i”.
Così, il Bartolo diede ordine allo scudiero di partire quella
sera stessa, fece rintracciare il mercante per dimostrargli
concretamente la riconoscenza della famiglia e, seppur
rispettoso di Santa Madre Chiesa, rivolse un pensiero
riconoscente al dio Pico che, nella tarda tradizione latina, fu
ritenuto figlio di Saturno, marito di Pomona, padre di Fauno ed
avo di Latino, re degli aborigeni del Lazio, dal quale, secondo
la leggenda, la famiglia avrebbe potuto discendere.
La vicenda piemontese, nella tradizione famigliare, passò alla
storia come - la scivolata della “i” - e tutti i discendenti
onorarono, più di ogni altro, l’antenato Bartolo.
E più di tutti l’onorò Giovanni Pico della Mirandola ( 1463-1494), il filosofo dall’intelligenza, cultura e memoria talmente
prodigiose che, dopo di lui, il nome Pico fu sinonimo di doti
intellettuali superiori.
Se nel trecento avessero modificato il nome, l’affermazione –
sei un Picio - avrebbe avuto due significati contrastanti con
conseguenze e malintesi, anche drammatici, che si possono
facilmente immaginare. Coloro ai quali fosse stato rivolto
quell’appellativo, per capire se di insulto o di elogio si
trattava, sarebbero stati costretti a pretendere ogni volta un
chiarimento: se seguito da - della Mirandola - sarebbe stato un
elogio, senza - della Mirandola - un insulto.
Ma una complicazione ulteriore vi sarebbe stata se l’appellativo
fosse stato rivolto ad un membro della famiglia che, comunque, -
della Mirandola - si chiamava ed una ulteriore precisazione
sarebbe stata, quindi, necessaria. Di conseguenza, sarebbe stato
elogio se l’appellativo fosse stato seguito da - della Mirandola
della Mirandola -, insulto se seguito da un solo - della
Mirandola -.
Un grande pasticcio evitato grazie all’esuberanza verbale di un
mercante di Cuneo.
La famiglia si estinse nel settecento con Francesco Maria Pico
della Mirandola.
Ettore Falconieri
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Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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