|
Chierici, Chierichetti
e Tabù
>
di
Ettore Falconieri
<<<AGGIUNGI
AL CARRELLOAcquista
il libro in
SeBook o in
Ex Libris se ami ancora pensare... Se clicchi sulla copertina leggi le prime pagine
Ginevra,
26 Ottobre 2006 -
n.
1 -
2 -
3 -
4 -
5 -
6 -
7 -
8 -
9 -
10 -
11 -
12 -
13 -
14 -
15
-
16 -
17 -
18 -
19 -
20 -
21-
22-
23 -
24 -
25 -
26 -
27 -
28 -
29 -
30 -
31 -
32 -
33 -
34 -
35 -
36 -
37 -
38 -
39 -
40 -
41 -
42 -
43 -
44 -
45 -
46 -
47 -
48 -
49 -
50 -
51 -
52 -
53 -
54 -
55 -
56 -
57 Un
assaggio di qualche pagina di tutti i SeBook?
Clicca qui >>>
Debolezza bellica
delle democrazie?
L’argomento è delicato e
si presta ad interpretazioni faziose, ma è di attualità e va
affrontato. Anche se le poche righe che seguono sono
insufficienti ad esporlo come meriterebbe.
Le democrazie liberali hanno ancora le capacità di fare una guerra
o il loro livello di rispetto umanitario è ormai tale da negare
loro la determinazione necessaria per portarla fino alle estreme
e necessarie conseguenze per vincerla, come sempre fatto in
passato? Tale livello di rispetto umanitario è il sintomo
dell’inizio di una decadenza perché dimostra fragilità di fronte
allo spregiudicato realismo di stati e gruppi terroristici che
democratici non sono e se ne infischiano del rispetto della vita
e di tutto quanto segue? E di conseguenza è il sintomo che il
ciclo delle democrazie è all’inizio di un declino storico, se
non reagiscono?
Un esempio di attualità: anche il più superficiale conoscitore di
cose militari non puo’ non concordare sul fatto che se gli Stati
Uniti avessero condotto la guerra in Iraq con la stessa
determinatezza e spregiudicatezza con la quale gli Alleati, ed i
loro nemici, hanno condotto la seconda guerra mondiale, l’ordine
e la pace regnerebbero da tempo in quel paese.
Fa parte delle nostre convinzioni criticare, oggi, episodi come
Mers el Kebir, Dresda, Hiroshima e tanti altri eventi simili di
quella guerra, ma, allora, era l’eliminazione dell’avversario,
nemico delle democrazie e della libertà, che contava e tutto il
resto, considerazioni umanitarie comprese, passava in seconda
linea. Perché era il sacrificio che si doveva affrontare per
vincere.
La stragrande maggioranza dei popoli democratici aveva allora la
profonda convinzione che erano in gioco la libertà di alcuni
paesi europei ed i valori fondamentali di tutte le democrazie.
Aveva chiaramente in mente cio’ che per essi era bene e cio’ che
era male. Mentre, oggi, il terrorismo e gli stati che,
direttamente od indirettamente, lo appoggiano, lo finanziano, lo
sponsorizzano non sono ancora percepiti come un pericolo
assoluto.
Malgrado gli orrori del terrorismo, raccontati, filmati,
fotografati quotidianamente su giornali, televisioni ed
internet, il cittadino qualunque lo considera ancora un fenomeno
lontano che non lo riguarda direttamente se non ne è coinvolto
nella sua persona od in quella di persone care, cosa che, per
ora, succede ad una infinitesima parte dei cittadini
democratici. Ed alcuni, in buona o cattiva fede, interpretano
ancora il terrorismo come una guerra eroica, o quasi, e sono
portati a legittimare i crimini altrui, ma non i nostri.
Di conseguenza, se il terrorismo farà guasti epocali e si creerà
una consapevolezza simile a quella della seconda guerra mondiale
saranno capaci le democrazie di spazzare via terrorismi e loro
amici come hanno la capacità militare di fare? Saranno pronti ad
affrontare anche i sacrifici economici (vedi petrolio) che ne
deriverebbero? Oppure saranno frenate da quegli stessi valori
che stanno alla loro base ?
Secondo alcuni, se atrocità ed eccidi di civili della seconda
guerra mondiale fossero stati portati a conoscenza dell’opinione
pubblica, come avviene oggi per le vicende belliche
contemporanee, non ci sarebbe stata allora quella spregiudicata
determinazione che ha portato alla vittoria.
Secondo altri nulla sarebbe cambiato perché l’opinione pubblica
sarebbe venuta a conoscenza anche delle atrocità belliche del
nemico ed avrebbe prevalso il sentimento di rivalsa e vendetta,
oltre che di affermazione dei propri valori.
Cio’ che si puo’ constatare, ora, è che l’opinione pubblica è
spesso sensibile solo a vicende tragiche che sono oggetto di
attenzione dei media. Si disapprova e ci si straccia le vesti
per il sangue versato in Medio Oriente e si resta indifferenti
ad eccidi africani e di altri paesi che fanno scorrere ben più
sangue quotidiano.
Ora prevalgono reazioni emotive e di politiche interne che usano
due pesi e due misure nel giudicare eventi sanguinosi causati da
noi occidentali e da altri, ingigantendo fatti e vicende causate
da noi e minimizzando o scusando fatti e vicende causate da
altri. Ma è ragionevole pensare che le reazioni emotive
scompariranno quando l’affermazione dei nostri valori, messi in
pericolo da altri, diventerà anche la difesa della nostra
esistenza quotidiana, della società in cui viviamo, degli
spiccioli interessi di ogni cittadino e la ragione prevarrà
sulle emozioni.
Ci sono, quindi, buoni motivi per ritenere che le democrazie e le
loro pubbliche opinioni sapranno reagire energicamente, se
necessario, per difendersi.
Molti sostengono che i diritti giudiziari acquisiti dai cittadini
delle democrazie vanno rispettati anche per i terroristi in esse
catturati. Terroristi che proclamano di essere in guerra con le
democrazie, ma che non rientrano nelle categorie dei prigionieri
di guerra definite dall’articolo 4 dalla Convenzione di Ginevra
del 12 agosto 1949 e che pertanto non godono delle numerose
tutele da essa previste e tanto meno dovrebbero godere dei
diritti di ogni normale cittadino. Convenzione di Ginevra che,
peraltro, terroristi e stati sponsors si guardano bene dal
rispettare.
E’ comunque scontato che al di fuori degli stati democratici non
potrà che prevalere la legge della guerra per quanto sgradevole
essa sia.
Va aggiunto, come corollario storico, che nell’ultima guerra il
combattente non identificabile come militare dello stato nemico,
se catturato, veniva quasi sempre fucilato. Gli eroi italiani
che fecero saltare in aria con i leggendari “maiali” alcune navi
inglesi portavano sotto la tuta da sub la divisa di ufficiali di
marina. Questo aspetto della legge di guerra nasceva da una
esigenza di lealtà. Io devo poter identificare (con la divisa)
chi mi è contro, se tu non ti qualifichi come combattente
avversario, ma mi spari contro, sei un vigliacco.
Come non definire vigliacco il terrorista dei nostri giorni che non
ha nulla a che fare con il resistente partigiano che, invece, è
tutelato dalla suddetta Convenzione?
Ettore Falconieri
Hai Qualche Commento da Fare? Inseriscilo tu stesso in
The Web Park Speaker's Corner
>>
Vuoi contattare Ettore Falconieri?
Clicca qui>>
Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
|
|
|
Sei una Banca o un imprenditore e vorresti
fare un'intelligente sponsorizzazione culturale? Scrivici:
ed@simonel.com
Noi qualche
idea interessante ce l'abbiamo.
Per esempio...
CLICCA QUI
Questa rubrica è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons.
|