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Chierici, Chierichetti
e Tabù
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di
Ettore Falconieri
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Ginevra,
9 Marzo 2007 -
n.
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Il dottor Mieli ringrazia
ma non pubblica né risponde
[Ndr: Ettore Falconieri ha
inviato lo scorso 23 febbraio in una e-mail a Paolo Mieli,
direttore responsabile del Corriere della Sera, una articolata
lettera per sottolineare il fatto che le tematiche su religione,
stato, chiesa vengono trattate sulla stampa italiana con estrema
superficialità ed approssimazione. Naturalmente questa lettera
non ha avuto risposta dal destinatario né è stata
pubblicata dal giornale perché considerata troppo lunga come
precisato da questa cortese e-mail giunta ad Ettore Falconieri da
Francesco Faranda, Segretario di Redazione del Corriere
della Sera che dice testualmente: "Egregio dottor Falconieri,
il direttore mi incarica di ringraziarla per la sua
interessantissima lettera su Stato, Chiesa e Religione.
Purtroppo non ci è possibile pubblicarla per la sua eccessiva
lunghezza.
Cordiali saluti". L'ISTRICE fa le veci del Corriere
della Sera e pubblica qui di seguito, integralmente, la lettera inviata da
Ettore Falconieri al quotidiano di via Solferino]
Dottor Paolo Mieli
Direttore de "Il Corriere della Sera"
Milano
Caro Dottor Mieli,
so che la statistica sulle lettere al Direttore mi dà poche
probabilità che lei legga la presente ed ancor meno probabilità
che, nel caso la legga, voglia darle un qualche seguito, anche
perché non sarò breve. Ma sull'argomento Stato, Chiesa,
religioni, cattolicesimo, cristianesimo, islam mi pare si
leggano oggi in Italia tante affermazioni ed argomentazioni,
anche da parte di firme illustri, che sono in contrasto con la
realtà storica e con una serena constatazione di fatti e
situazioni. Per cui mi prendo la libertà di chiarire alcuni
aspetti relativi a tali argomenti che stanno a cuore a me come a
molti Italiani perchè riguardano le intime convinzioni interiori
di credenti e no ed il funzionamento della società civile.
Per chi ritenga di volerlo o doverlo fare, porsi il problema di
un dio, come causa prima del tutto, come spiegazione di quanto è
ignoto, come guida dei destini umani, è un momento genuino e
sublime dell'ansia a conoscere, anche se stesso, dell'uomo.
Pensando e rivolgendosi a qualcuno che si immagina al di sopra
di esseri e cose l'uomo si plasma un'anima, si immagina
l'eterno, si plasma una spiritualità che incita alla vita, che
tende al meglio. Questo ha portato l'uomo alle religioni che si
sono via via create in varie ere storiche e che sono diventate
un tessuto connettivo indispensabile alla vita ed
all'organizzazione della società, con i valori che essa si è
data, consentendo ai suoi membri di sentirsi parte di un sistema
universale coordinato e plausibile, per quanto umanamente
plausibile.
Con il passare del tempo, con il sedimentarsi su generazioni e
generazioni, con il permearsi in culture, in comportamenti, in
legislazioni, con il condizionamento che ogni individuo subisce
sin dall'infanzia, dottrine, dogmi, valori religiosi, strutture
ed uomini di chiesa, riti, liturgie e morali assurgono alla
dimensione del sacro, che è intoccabile, che attiene alla
divinità e che, quindi, non può essere discusso, pena l'ira del
dio e della casta sacerdotale che dice di rappresentarlo, cosa
che comporta spesso anche l'ostracismo del gruppo. E la
sacralità diventa la corazza che tende a resistere al progresso
della civiltà, alle conquiste della scienza, alla maturazione
civica dei cittadini, al rispetto per la donna, all'evoluzione
economica, politica, sociale ed a tanto altro. Nonché corazza
che protegge esponenti di chiese da critiche per comportamenti
impropri, e per la loro religione, e per le regole laiche della
comunità in cui vivono. E la sacralità aiuta le chiese a
mantenere la loro presa sulle coscienze e sulla società ed anche
ad espandersi come ogni altra organizzazione umana. Sono
anch'esse fatte da uomini con i loro vizi, virtù, interessi
economici, bisogno di gratificazione e riconoscimento. E' più
che normale, quindi, che la chiesa cattolica, come altre chiese,
tenda a condizionare le società in cui è presente e riesca
ancora a farlo là dove la politica è debole e la consapevolezza
civica di molti cittadini è ancora in maturazione, come in
Italia.
Italia dove si tende troppo spesso a confondere e mescolare fede
cattolica, Stato Città del Vaticano e valori del cristianesimo
che sono concetti ben distinti tra di loro. La fede cattolica si
realizza e si pratica attraverso la rappresentazione di dio e la
interpretazione delle sue volontà, osservando dogmi, dottrine,
riti e liturgie codificate nel tempo dalla oligarchia
sacerdotale cattolica.
Lo Stato Città del Vaticano, grazie anche alla sua capillare
organizzazione e presenza sul territorio in buona parte del
mondo, è una potenza terrena, non democratica, che esclude le
donne da posizioni di responsabilità al suo interno, con la sua
realpolitik, i suoi interessi, che si avvantaggia del fatto di
essere diretta da oligarchie alle quali molti accettano, almeno
spiritualmente, ma non solo, di sottomettersi.
Il cristianesimo, nella sua accezione più ampia e genuina, è
diventato un valore laico che, nella suo lungo evolversi, dai
primi cristiani che si definivano ebrei all'affermazione dei
diritti dell'uomo, ha contribuito a plasmare la civiltà
occidentale. Il cristianesimo si è formato in secoli e secoli di
storia in tutto il suo tragico e costruttivo divenire, con
l'apporto anche contrastante di moltitudini e singoli, laici e
religiosi. E con il contributo di pensatori, filosofi ed uomini
di stato anche di fede non cristiana e non credenti. I valori
del cristianesimo sono il frutto di una coralità di individui,
di popoli, di entità religiose, non sono il parto ed ancor meno
il monopolio di questa o quella chiesa. Anzi, una chiesa, quella
di Roma, si è duramente battuta sino a circa un secolo fa contro
la democrazia che dei valori del cristianesimo è l'evoluzione
naturale. In quella terribile appendice all'Enciclica "Quanta
Cura " del 1864, il Sillabo, si sentenziava che l'uomo non è
libero di abbracciare e professare quella religione che avrò
reputato essere vera e che la religione cattolica deve essere
l'unica dello stato. Il "Non expedit " ( non conviene ) del 1874
proibì la partecipazione dei cattolici al voto ed alla vita
politica dello stato. Nell'Enciclica "Vehementer nos " del 1906
si diceva tra l'altro: " Che si debba separare lo stato dalla
chiesa è una tesi assolutamente falsa, un errore perniciosoŠ..
gravemente ingiurioso per Dio ".
Nell'enciclica "Pascendi del 1907 si legge. " E' parimenti
officio dei vescovi impedire che gli scritti infetti di
modernismo, o ad essi favorevoli, si leggano se sono già
pubblicati o, se non lo sono, proibire che si pubblichino ".
Poi la società civile prevalse e la chiesa di Roma, avendo
intuito che si stava isolando, abolì il " Non expedit" nel 1919
e si apprestò ad influenzare la vita dello stato italiano
attraverso il voto dei cattolici. Cosa che le riuscì
brillantemente anche grazie ai Patti Lateranensi e le riesce
ancora oggi per la scarsa consapevolezza di molti su cosa è uno
stato democratico di diritto ed alla piaggeria di molti
politici, anche di quelli che nei loro comportamenti di
cattolico hanno poco, ma si lanciano lo stesso con esuberanza in
baci di anelli e genuflessioni.
Mutatis mutandis, la chiesa di Roma si è comportata, né più né
meno, come si comportano ora contro le democrazie, per non
perdere il loro potere, le oligarchie sacerdotali islamiche.
Questi comportamenti della chiesa, ente terreno, nulla tolgono,
evidentemente, a tantissimi meravigliosi uomini e donne di
chiesa che hanno dedicato nei secoli e dedicano tuttora la loro
vita a lenire sofferenze e confortare infelici. E nulla tolgono
a chi vede in essa la guida spirituale del proprio credo
religioso, anche se qualcuno potrebbe chiedersi perché il
credente debba avere bisogno di intermediari per dialogare con
dio.
Pochi ricordano o sanno che, in Europa, cattolici e protestanti
di varia ispirazione si sono scannati a lungo con una dedizione
non dissimile da quella dei contemporanei Sciti e Sunniti,
prendendosi ogni tanto una vacanza che non comportava, tuttavia,
l'arresto di persecuzioni, stragi ed umiliazioni di ebrei,
costanti millenarie dei loro comportamenti religiosi. Nel 1648
il Trattato di Westfalia pose fine alle guerre di religione e fu
il primo timido passo verso una maggiore tolleranza religiosa.
Anche per queste tragedie della nostra storia, quando la
democrazia ha iniziato a fare i primi passi, non poteva non
affermare il principio che, per la serenità della convivenza e
del rispetto reciproco, tutte le religioni dovevano essere
rispettate, ma dovevano riguardare la sfera privata
dell'individuo. Perché, date le tensioni anche emotive che le
fedi religiose comportano, ogni travasamento di esse nella sfera
pubblica avrebbe comportato reazioni, desideri di rivalsa,
disagi, sentimenti di inferiorità o superiorità.
Esattamente quello che succede ora in Italia di fronte ad una
maggiore presenza islamica, verso la quale si reagisce troppo
spesso in termini religiosi e non civici.
E' banalmente evidente che, se si impone la prevalenza della
religione cattolica, per esempio con simboli cattolici in luoghi
pubblici, chi professa altra religione è tentato di esibire i
suoi. Come succede per il velo delle donne islamiche che spesso
viene portato solo per affermare la propria diversità. E'
altrettanto banalmente evidente che proclamare la superiorità
della propria fede sottintende uno svilimento di quella altrui,
causando una reazione uguale e contraria. Questi atteggiamente
sono stati e tuttora sono le premesse di ogni guerra di
religione.
La nostra ancora perfettibile maturità democratica fa sì che
ancora troppi si sentano offesi se si domanda di tenere la loro
fede nella sfera privata. Non si rendono conto che il farlo è
una limitazione che ogni cittadino democratico deve autoimporsi
così come si autoimpone tanti altri comportamenti per rispetto
degli altri e nello stesso tempo per essere rispettato, nella
tolleranza reciproca, per garantire a ciascuno la massima
libertà possibile fatta salva quella degli altri.
In una democrazia contemporanea la cittadinanza è un fatto
giuridico che prescinde da fedi, caratteristiche personali,
etnie.
Una fede intimamente e profondamente vissuta si sublima nel
colloquio con dio secondo i canoni della propria religione, non
nell'esibizione od imposizione a terzi.
Quando ci sarà in Italia una maggiore serenità ed obiettività su
questi argomenti? Molto dipenderà anche da coloro che si sono
guadagnati il privilegio di essere letti ed ascoltati.Cordialmente.
Ettore Falconieri
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Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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