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Chierici, Chierichetti
e Tabù
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di
Ettore Falconieri
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Ginevra,
1 Gennaio 2007 -
n.
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Cacciare i Proci
Ci ha raccontato Omero
che i Proci si erano insediati nell’isola di Itaca in assenza di
Ulisse, suo re, la governavano a loro piacimento e sfruttavano
risorse economiche e popolazione a loro vantaggio.
E per legittimare il potere che si erano presi, volevano che
Penelope, moglie di Ulisse, sposasse uno di loro. Ma Penelope
guadagnava tempo dicendo che si sarebbe sposata una volta
terminata una certa tela che stava tessendo. Ma, di notte,
disfaceva quanto di giorno tesseva.
La melina durò a lungo finché tornò Ulisse che fece fuori tutti i
Proci.
Anzi, quasi tutti. Perché la razza dei Proci è durissima a morire e
ricompare , qua e là, in vari momenti storici. Ed ora,
purtroppo, da alcuni anni, è ricomparsa qui da noi. E prolifica.
I Proci nostrani sono i professionisti della politica partitica,
attaccati al potere come mignatte, disposti a qualsiasi
compromesso pur di mantenerlo. Incapaci di ogni ideale, pronti a
cambiare idee, programmi ed alleanze se utile a restare in
sella, sbraitano di messaggi universali che non capiscono, di
principi che calpestano ogni giorno, di vacue e retoriche
esortazioni a cittadini che trattano da sudditi. E la loro opera
politica è mediocre, contradditoria, miserrimamente di parte,
troppo spesso inefficace, disordinata, anche punitiva, per
livori politici consolidati, verso cittadini che la pensano
diversamente.
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Abbarbicati a scanni partitici, piste di lancio collaudate per
poltrone, poltroncine e sgabelli (in istituzioni, governi, enti
e società statali, parastatali, regionali, provinciali,
comunali) per sé, associati, amici, famigli e cugini della zia,
sono sempre lì da decenni. Gagliardamente impegnati a far sì che
non vi sia ricambio di classe dirigente politica, varano leggi
elettorali che negano al cittadino la scelta dei candidati da
votare. Ed escludono il cittadino qualunque dalla possibilità di
candidarsi, a meno che non sia disposto a defatiganti carriere
ed istrionismi nei partiti, dopo di che sarà, forse,
candidabile, ma non più libero perché vincolato ai diktat di
partito e, forse, un po’ meno galantuomo.
Costretti da leggi, che politici più onesti ed illuminati hanno
voluto e che essi ben volentieri abolirebbero e non è escluso
che, prima o dopo tentino di farlo, hanno indetto numerosi
referendum. Ma non hanno dato esecuzione, se non in minima
parte, a quanto i cittadini hanno deciso con il loro voto, dando
l’ennesima dimostrazione di quanto se ne infischino della
volontà popolare. Cosa che, detto per inciso, se fosse avvenuto
in altre democrazie, avrebbe causato un’indecorosa fine della
loro carriera politica.
Varano leggi faraginose di difficile applicazione, approvano oggi
una disposizione che smentiscono subito dopo, operano e parlano
in assemblee legislative e governi come se fossero luoghi di
lotte per bande, sono incapaci di esprimere valori che uniscono.
E blaterano di alleanze e coalizioni politiche, presenti e
future, che non hanno alcun contenuto programmatico concreto al
servizio dei cittadini, perché sono solo formule bizantine di
colorazioni e collocazioni politiche superate dalla soria, tutte
riferite ai loro partiti, partitini, correnti, nelle quali sono
gli interessi di bottega dei navigatori di lungo corso della
politica che contano e non quelli dei cittadini.
Si ritengono depositari di certezze democratiche, ma sono solo
relitti di regimi curiali del passato che la risacca della
storia ha sfortunatamente gettato sulle nostre spiagge.
E Penelope, cioè la Repubblica Italiana, che fa ?
Ci sono due scuole di pensiero.
Per alcuni si corica ormai da tempo con i Proci con la tela che
serve da scendiletto.
Per altri è quella di sempre in vigile e fiduciosa attesa.
Hanno ragione questi ultimi e bisogna aver fede. Perché se i Proci
hanno vita lunga e coriacea Ulisse è eterno ed è sempre in viaggio di ritorno. L’Ulisse del risveglio delle coscienze e dell’orgoglio di cittadini
stanchi di essere umiliati nei loro diritti.
Ed il risveglio delle coscienze e dell’orgoglio è più micidiale di
una mannaia.
Ci vorrà tempo, ma ce la faremo.
Gli Italiani sono maestri di sopravvivenza e chi sopravvive, vive e
chi vive, spera.
E chi spera è salvo.
Facciamoci questo augurio all’inizio del settimo anno del terzo
millennio, scambiandoci un sommesso, cordiale, viva l’Italia.
Ettore Falconieri
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Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo
alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato
«Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e
«ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto).
«I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI -
Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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