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di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 6 dicembre 2006 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60

     Una Svizzera sconosciuta...
   Si narra che agli inizi del secolo scorso, in un incontro diplomatico, il Kaiser Guglielmo II, Imperatore di Germania, re di Prussia e bellicoso notorio, abbia chiesto al presidente della Confederazione Elvetica di quanti soldati avrebbe potuto disporre il suo paese in caso di guerra ed ottenuta risposta esclamasse :
   “Noi ne abbiamo il doppio ! Che farete se decidessimo di attaccarvi “
   “Chiederemmo ai nostri soldati di sparare due colpi, Maestà “ rispose impassibile lo Svizzero.
   Perché i cittadini svizzeri, allora come oggi, tengono a casa il loro fucile di ordinanza, praticano periodicamente il tiro a segno obbligatorio e sono tra i migliori tiratori del mondo.
   Sin dal Rinascimento, gli Svizzeri, mercenari al servizio altrui, sono stati a lungo le truppe di élite di chi li ingaggiava. La guerra per conto terzi è stata una componente economica essenziale per la sopravvivenza di molte comunità specie montane, al punto che, il piu’ delle volte, non erano i singoli ad arruolarsi, ma erano gli organi elettivi di città e villaggi a sottoscrivere con governi o signorie i contratti di ingaggio nei quali si definivano, in ogni dettaglio, numero di soldati, durata del servizio, paga. Paga che se non arrivava, come succedeva spesso a quei tempi, erano guai per il debitore. Prima regola di ingaggio: non prendere per i fondelli il soldato svizzero.
   E molti fecero anche brillanti carriere militari in altri eserciti. Un esempio, piu’ fuori dalla norma di altri, è quello di Francois Jacques Le Fort, ginevrino, (1656-1699) che in Russia, al servizio dello zar Pietro il Grande, divenne addirittura il primo ammiraglio della flotta russa che egli stesso aveva contribuito a creare. Uno dei piu’ bei palazzi di San Pietroburgo tuttora esistente, il Lefortovo, era casa sua.
   Come si sa, dei mercenari di allora resta la Guardia Svizzera del papa della quale possono fare parte solo cittadini svizzeri, cattolici e di integerrima condotta. Cerimoniale ed abbigliamento di altri secoli a parte, vi sono buoni motivi per ritenere che sarebbero, se necessario, anche temibili soldati. Che servono solo il Papa? Qualcuno ritiene che, grazie a loro, il governo svizzero sia tra i meglio informati sulle segrete cose dello Stato Città del Vaticano. (Ma è sempre molto ben informato anche di quanto succede nel resto del mondo ).
   Pur ferocemente attaccati alla propria neutralità, gli Svizzeri sono da tempo tra le nazioni, proporzionalmente alla popolazione, piu’ armate del mondo, con una significativa industria degli armamenti ed una risoluta determinazione a difendersi. Devono anche a questo se durante l’ultima guerra mondiale rimasero liberi, pur essendo circondati a nord ed est dalla Germania , ad ovest dalla Francia sottomessa alla Germania ed a sud dall’Italia che qualche pensierino sull’invasione, almeno del Canton Ticino, l’aveva fatto.
   Quando scoppiarono le ostilità venne dichiarata la mobilitazione generale, fu nominato un comandante in capo nella persona del generale, Guisan, nominato tale per l’occasione ( in tempo di pace bastano i colonnelli ) ed il paese si trasformò in una temibile fortezza. Quasi tutto venne razionato, enormi scorte di generi di sussistenza vennero accantonate, ponti in posti strategici vennero minati, pianure da dove poteva venire un attacco di carri armati vennero sbarrate con grossi blocchi di cemento e si potenziarono i fortini scavati dentro le montagne, vere cittadelle invisibili al nemico, dalle quali sbucavano cannoni e mitragliatrici, la cui precisione di tiro si riteneva non inferiore a quella dei fucili dei soldati.
   Pensando ad un potenziale pericolo italiano, costruirono uno di questi forti anche in faccia al versante svizzero del passo del Gran S.Bernardo, quello di Champex, che ora si può visitare. Guardando dalle feritoie che dominano una buona parte del percorso in discesa del passo si comprende cosa avrebbe potuto costarci un’invasione.
   All’inizio, gli aerei tedeschi tentarono qualche volo di assaggio sui cieli svizzeri, ma vennero abbattuti senza esitazione, cosa che capito’ in seguito anche ad aerei inglesi ed americani che, o per errore di rotta o per ignoranza sulla determinazione svizzera, sorvolavano il paese.
   Gli aerei svizzeri decollavano anche da strade dopo essere sbucati, come oggi, da hangar sotterranei e quello che non potevano fare gli aerei per difendere il cielo patrio facevano le batterie contraeree, guarda caso, di costruzione svizzera ed esportate in tutto il mondo. Le Oerlikon, fabbrica fondata da uno dei maggiori mercanti d’armi della prima metà del secolo scorso, Herr Buehrle.
   Tedeschi ed Italiani capirono l’antifona. Se avessero attaccato ci avrebbero lasciato troppe penne. Anche perché il cittadino soldato avrebbe combattuto, in buona parte, attorno a casa sua, sulle sue montagne, conoscendo alla perfezione il terreno su cui muoversi.
   E quando, verso la fine della guerra, gli Angloamericani stavano marciando vittoriosi verso la Germania, lo stato maggiore svizzero ebbe l’impressione che avrebbero potuto voler attraversare il paese per attaccarla anche da sud e schiero’ l’esercito ad ovest ai confini con la Francia. Anche gli Angloamericani abbozzarono.
   Poi venne la guerra fredda e si può immaginare come avrebbe reagito la Svizzera in caso di tentata invasione da parte delle armate del patto di Varsavia. E fu la prima in Europa a far costruire nelle case rifugi antiatomici.
   Oggi le cose stanno, lentamente e con somma prudenza, evolvendo anche perché, cambiato il quadro geopolitico mondiale, ci si chiede se le enormi spese militari ed un esercito di cittadini sia ancora necessario. E per motivi politici l’industria militare si è in parte ridimensionata anche perchè può esportare solo se à autorizzata dalle autorità competenti.
   Forse lo spirito, la grinta e tutte le altre doti che fanno un buon soldato hanno aiutato la Svizzera, piccolo paese composto da ben quattro gruppi etnici, con scarse risorse naturali, a diventare un paese molto ricco, a creare multinazionali in vetta alle classifiche, università, centri di ricerca che sono tra i primi del mondo. Ed a gestire con buon senso e fermezza, con pochi traumi, l’integrazione degli stranieri residenti che ammontano a ben il 21,3 percento della popolazione.
   Ed ad attirare, per la neutralità, per l’ordine, per l’efficienza di tutti i pubblici servizi, organizzazioni internazionali, società estere, enti vari che portano lavoro e danno prestigio.
   Per non parlare del settore bancario: si stima che le banche svizzere, a casa loro e nei paesi dove sono presenti, gestiscano circa la metà del risparmio mondiale !

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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