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Rileggere Prezzolini...
[ndr: Ettore Falconieri propone una pagina scritta da Giuseppe Prezzolini nel 1994 e che, a tredici anni di distanza, pare di straordinaria attualità. Una rilettura che, se vi fosse qualcuno con ancora la voglia di conversare, potrebbe essere lo stimolo, mentre l’estate sta per cedere il passo all’autunno, per numerose riflessioni da inserire su The Web Park Speaker's Corner lo Spazio di Conversazione de L’ISTRICE riservato a chi ama le buone letture e le buone maniere.]
Nella vita di ogni giorno, come nella storia, l'Italiano ha più rispetto per l'intelligenza e per l'ingegno che per le leggi.
Benvenuto Cellini come artista si considerava - al di sopra delle leggi -: e mentre non intendo insinuare che tutti gli Italiani credano di essere grandi artisti come Benvenuto Cellini e perciò al di sopra delle leggi, pure quel sentimento è comune tra loro.
Una certa rassegnazione all'ingiustizia è espressa nell'aneddoto del contadino che andò da Lorenzo de Medici coll'intenzione di protestare per certa terra che gli era stata tolta, ma prima di esporre il caso suo, scetticamente si informò dal Principe se a quel tempo fosse di moda l'andazzo di prendere le cose alla gente, perché se era così, non si sarebbe sognato di protestare. In tale aneddoto quel contadino è rappresentato come un uomo di spirito, consapevole che al mondo ci si imbatte solo per caso nella giustizia, e direi che sia una questione di momento giusto non di giusta causa, e che soltanto allora i torti possono esser riparati, altrimenti non vale la pena, perché la giustizia non è un diritto umano ma un accidente del momento, come il buono e il cattivo tempo.
Naturalmente, non voglio dire che tutti gli Italiani siano sempre stati presuntuosi come il Cellini o rassegnati come l'antico contadino, ma voglio dire che in Italia ci sono sempre stati molti come loro, e che sono simpatici al pubblico. Non ricordo di aver incontrato difensori della legge o della legalità accesi e ardimentosi, leggendo le novelle o la poesia italiana, né ricordo di averli incontrati nella vita politica piena invece di violenze personali e di personalità violente.
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Gli individui eminenti, più che la maestà della legge, mi sembra occupino la scena della civiltà italiana.
E' un luogo comune che l'individualismo è caratteristica della civiltà italiana, ed è su tale qualità che Burkhardt ha basato la sua opera classica sul Rinascimento. Più che del vigore delle idee, l'Italiano è conscio della potenza e del fascino degli individui; e spesso i movimenti stessi delle idee in Italia prendono nome dal capo, in politica come in letteratura. I Romantici furono di preferenza chiamati Manzoniani.
E' il tenore e non il coro che attira gli applausi; non l'ideale, ma chi lo personifica.
Il popolo italiano è formato di individui e di individualisti.
Anche tra i poveri, quando la miseria non ha praticamente soffocato la parola, l'espressione dell'individualità è quasi sempre forte ed attraente. Se la vita della società offre occasioni minori che in altri paesi, il piacere dato dalla personalità umana è qui maggiore che altrove.
Le energie italiane non sono mai state spese per il bene dello stato o della legge, ma lo spettacolo della varietà degli individui è straordinario.
Per secoli gli Italiani non ebbero organizzazione statale, non classe dirigente, non esercito nazionale, ma diedero origine a migliaia di artisti, statisti, sacerdoti, santi, filosofi, eroi, poeti, e altri tipi unici, strani, speciali, che non potevano assimilarsi con la popolazione, essendo nati ognuno per trionfare e comandare, e ben pochi per seguire, eseguir piani ed obbedire.
La sola organizzazione alla quale dedicarono le loro energie, e che hanno mantenuta viva, fu la Chiesa Cattolica che in un certo senso li mise a capo del resto del mondo.
In tale sforzo sembra abbiano quasi esaurito la loro capacità di disciplina e di lavoro in comune.
Non restò nulla per lo stato.
(Giuseppe Prezzolini - L'Italia finisce ecco quel che resta - 1994 - Rusconi)
Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a
Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una
filosofia di tutti» (Archinto). «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook ed Ex Libris -
Simonelli Editore)
Falconieri ritorna, sulle
riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole
sulle religioni.
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