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  Chierici, Chierichetti e Tabù
di Ettore Falconieri                    

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Ginevra, 7 Gennaio 2008 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85



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È possibile cacciare
l’oligarchia politica
saldamente al potere?

  Facendo il paragone con una piazza di paese in giorni di mercato, gli autorevoli commentatori politici italiani paiono curiosi che passano da un crocchio all’altro per ascoltare, che attaccano talvolta discorso con questo o quello, che guardano quanto avviene attorno ad essi per poi esprimere le loro valutazioni ed i loro vaticini sulla situazione e su quanto potrà accadere nel breve termine.
  Ma poiché sono in piazza come gli altri non hanno una visione di insieme, storica, strategica, del panorama politico italiano, come dimostrano i loro commenti che non si distaccano dall’ordinaria amministrazione, dal linguaggio politico dei politicanti, dalle formulazioni partitiche pseudoideologiche che sono prive di significati concreti, che sono fatue enunciazioni di potenziali programmi, di possibili alleanze, senza visioni che possano dare alla società una spinta verso soluzioni costruttive.
  I politologi nostrani non aiutano a risolvere gli inestricabili problemi della politica italiana e non paiono capaci di dare un contributo costruttivo perché, forse senza rendersene conto, sono essi stessi parte del sistema.
  Se salissero su un balcone dal quale si potesse vedere tutta la piazza, con una visione d’insieme della fauna sottostante, arriverebbero certamente alla conclusione che il paese è governato da una oligarchia partitica che, in tutto il suo arco politico, ha come preoccupazione prioritaria il mantenimento del proprio potere e di tutto ciò che esso comporta.
  Potere che non è solo della maggioranza che governa, ma anche di tutti gli altri attraverso le tante espressioni, manifestazioni, ramificazioni, dal centro alla periferia, dei consessi decisionali, dei poteri di controllo e di ricatto, delle erogazioni di soldi e così via.
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"I Chierici siamo Noi" di Ettore Falconieri
  Tanto è vero che, ogniqualvolta gli oligarchi si trovano confrontati a situazioni o proposte che tale potere, nelle sue numerose espressioni anche economiche, potrebbero intaccare, reagiscono come un solo uomo a fare barriera.
  L’istituto delle dimissioni, anche per compor- tamenti che in altre democrazie comporterebbero la cacciata a furor di popolo, è sparito dalla deontologia dei nostri. Dignità della carica, rispetto di certi valori e dei cittadini che li hanno eletti, coerenza, onestà intellettuale, non hanno, per la stragrande maggioranza di essi, più alcun significato.
  La poltrona è sacra, fine a se stessa. Cioè al potere che dà.
  E lo scontro tra le varie fazioni dell’oligarchia partitica per avere più potere, all’interno di essa, non verte che marginalmente su programmi e proposte concrete al servizio dei cittadini, ma su formule astratte ed astruse, su poltrone da spartire, su accuse reciproche di incapacità ed inadeguatezza, su argomenti di totale irrilevanza politica quali vicende di cronaca nera e di costume, mentre i problemi del paese diventano una scusa, un espediente per accapigliarsi e non un fine, come sarebbe ovvio in una democrazia che funziona. Il tutto sullo sfondo di un rimbeccarsi continuo tra singoli, correnti, partiti e partitini ed anche all’interno di essi.
  In un petulante cicaleccio, cui fanno da cassa armonica i giornali, che fa della politica italiana quel gallinaio politico mediatico commentato con ironia da molti osservatori di paesi amici.
  Specchio esemplare di tale atteggiamento è la pluriennale, estenuante, petulante telenovela della riforma elettorale per la quale le quasi quotidiane proposte di gruppi politici e singoli tendono a favorire privilegi e sopravvivenza propri e non una migliore governabilità e rappresentatività del paese.
  La partitocrazia della cosiddetta prima repubblica era sì degenerata, ma democristiani e comunisti, con i rispettivi alleati, avevano nel loro dna profondi ideali radicati nella loro storia e nella loro coscienza, ideali che comportavano visioni contrapposte della società, ma per i quali i più, nei due campi, si sono dimostrati pronti a sacrifici, alcuni anche a morire.
  L’oligarchia partitica attuale, invece, ha, nei suoi troppi partiti, solo una vaga sfumatura ideale, facilmente commerciabile se con adeguate contropartite, e qualche mediocre dogma, rimasuglio di passate ideologie smentite dalla storia, dogma superato dal tempo e nocivo anche per coloro nel nome dei quali viene proclamato.
  Mentre i neoarrivati, grazie a partitini costruiti a tavolino per ottenere qualche poltroncina e vantaggi economici annessi, non hanno nessun ideale, nessun contenuto politico valido. Sono solo ricerca del potere senza visioni e tanto meno capacità di contribuire a migliorare il quadro generale.
  E coloro che negli ultimi anni hanno fatto irruzione nella vita politica, con un buon patrimonio di voti, si sono adeguati al sistema, ne sono divenuti parte attiva ed integrante. Non essendo i loro leaders stati capaci di trasformarsi da capipopolo di parte in statisti.
  Senza ideali, senza valori, questa oligarchia, nella quale pullulano troppi mediocri e qualche nullità anche con cariche importanti, è incapace di rinnovarsi al servizio del paese che è allo sbando etico, funzionale e della legalità.
  Più l’oligarchia è eticamente indifferente ed inefficiente, più lo Stato perde prestigio e, di conseguenza, più i comportamenti degli Italiani diventano disinvolti, se non spregiudicati, nei loro doveri di cittadini, nel il rispetto delle leggi, non ultime quelle fiscali.
  E allora ?
  L’unico modo per inviare un segnale forte che resta a cittadini che non possono neppure scegliere gli eligendi è quello di astenersi dal voto. Sperando che poi succeda qualcosa.
  Ma sarebbe naturalmente gradito anche il parere di qualche autorevole politologo salito sul balcone sovrastante la piazza.

   Ettore Falconieri


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N. copie:

Ettore Falconieri, genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli.
Ha pubblicato Il RITORNO DEI LUPI (Lombardi), una novella filosofica e ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti (Archinto).
In I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro (SeBook ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI».

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di
Luciano Simonelli


 

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