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Chierici, Chierichetti e Tabù >

di Ettore Falconieri                    


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Ginevra, 23 Marzo 2007 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21- 22- 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71


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"I Chierici siamo Noi" di Ettore Falconieri

Genova,
Venezia
e l'Italia di oggi

  
Le repubbliche di Genova e Venezia sono state per alcuni secoli potenze mercantili e marittime che hanno lasciato il loro segno nella civiltà mediterranea ed altrove.
   Più nota di quella di Genova è la storia di Venezia che, partendo dalle isole della laguna, si è allargata via via nell’Adriatico e nell’est mediterraneo, si è affacciata nel Mar Nero, conquistando isole, terre, città e garantendosi diritti commerciali in tanti porti appartenenti ad altri stati. Per poi conquistare un importante retroterra strategico nella pianura padana.
   Ma, seppure meno conosciuta, non è da meno la storia di Genova che, dal punto di vista economico e marittimo, è stata ben più potente di Venezia. In Portogallo ( dove hanno insegnato ai portoghesi l’arte della navigazione), in Nord Africa, Corsica, Sardegna, Mar Egeo, Medio Oriente, Mar Nero, mercanti e navigatori genovesi, trasformatisi anche in signori di isole e terre, hanno imposto la legge della loro forza e del loro denaro.
   Ma, malgrado questa superiorità economica, Genova è sempre stata politicamente più debole perché, al contrario di Venezia, non ha saputo darsi uno stato efficiente. Sintetizzando, per quanto possibile, le vicende di alcuni secoli, si può affermare che la repubblica di Genova, seppure con alti e bassi, è sempre stata travagliata da lotte intestine, da contrasti tra istituzioni, famiglie potenti, corporazioni varie perché i suoi cittadini badavano più al loro tornaconto personale, specie se abitanti in terre lontane. Mentre Venezia aveva uno stato che funzionava, eccome, nel quale anche i potenti della repubblica potevano sì mercanteggiare ed arricchirsi, ma sottostavano allo stato e guai se sgarravano, come tante vicende storiche veneziane testimoniano. Mentre i Genovesi, non riuscendo a mettersi d’accordo, chiamavano a far da doge personaggi stranieri affinché fossero super partes, ma spesso non era così, i Veneziani avevano un complesso sistema elettivo per doge ed istituzioni dello stato che garantiva una ragionevole imparzialità ed autorevolezza.
   Così, anche quando il suo potente Banco di S.Giorgio finanziava città, re ed imperatori, Genova era in balia delle altre potenze, mentre Venezia era altamente rispettata e temuta.
    Ricchezze a parte, Venezia godeva di alto prestigio, Genova no.
   Esiste oggi una nazione che, seppure con un’economia tra le maggiori del mondo, di prestigio, rispetto alle altre democrazie occidentali, purtroppo ne ha poco. L’Italia.
   Perché ci sono troppi fatti, atteggiamenti e situazioni di uno standard parecchio al di sotto di quelli di altre nazioni amiche.
   Come nella politica interna.
   Dove contrapposizioni di partiti e fazioni troppo spesso si trasformano in indecorosa lotta per bande, non per il bene del paese che passa in seconda linea, ma per la ricerca del potere. Con il risultato che possono essere nominati ministri anche clamorose nullità perché capaci di ricattare alleati con il loro orticello di voti. Da noi, partiti e fazioni prevalgono sull’interesse dei cittadini, altrove, dove lo scontro politico è spesso anche più duro che da noi, quando è in gioco l’interesse di tutti si discute ad oltranza, ma poi si trova sempre e comunque un accordo.
   Come nella politica estera.
   Che è vista troppo spesso, non come un fine per posizionare l’Italia nel mondo secondo valori ed interessi che la avvantaggino, ma come un mezzo, una scusa, una leva politica per darsi battaglia. Cosa che ci ha conferito la fama di non essere sempre affidabili.
   Nessun altro paese membro ha avuto europarlamentari che hanno usato gli organismi europei per darsi indecorosamnte battaglia tra di loro o aizzare europarlamentari di altri paesi a dare addosso al proprio governo.
   Come per certi organi e strutture di stato, regioni, comuni.
   Nessun’altra democrazia ha tante inefficienze nel funzionamento di pubblici uffici, enti, sanità. Non esistono altrove investimenti colossali in opere pubbliche abbandonate a metà strada o finite ma mai utilizzate per intoppi burocratici o diatribe politiche. Non esistono altrove ospedali con situazioni igieniche spaventose. E quando altrove dovesse succedere, scoppierebbe il finimondo, mentre da noi, qualche clamore passeggero a parte, non succede nulla.
   Ed opere pubbliche utili al paese ed all’Europa restano al palo per squallide guerriglie di coboldi politicanti, miopi ed incolti. Si continua a rinviare senza avere la capacità di decidere sì o no.
   Abbiamo la più altra percentuale di economia in nero ed un’etica collettiva ed anche politica che consente comportamenti inimmaginabili in altri paesi ove, se scoperti, verrebbero duramente sanzionati. L’istituto delle dimissioni o del licenziamento del pubblico notabile non fa parte della nostra cultura politica e sociale, con la conseguenza che restano imperterriti i loro posti personaggi ai quali altrove sarebbe stata indicata prontamente la porta.
   Abbiamo esempi recentissimi di maggioranze, l’attuale e quella precedente, che violano leggi da loro approvate poco prima, per far eleggere in posti di responsabilità notabili amici.
   Abbiamo zone del paese in mano alla criminalità organizzata che esiste ovunque, ma non così capillarmente integrata e di simili dimensioni.
   Abbiamo un funzionamento della giustizia, che è senza ombra di dubbio la peggiore di tutte le altre democrazie occidentali, con aspetti miserevoli di inefficienze e ritardi, per la quale la certezza del diritto è talvolta una chimera e nella quale continuano ad operare magistrati che avrebbero dovuto essere messi da tempo nelle condizioni di non nuocere.
   Tutte queste situazioni si sanno all’estero, compito dei rappresentanti diplomatici è anche quello di riferirle e talvolta ne parlano i giornali altrui.
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N. copie:
   Ogni paese ha le sue caratteristiche e diversità, meriti e difetti, ma l’Italia è più diversa di altri e non condivide né rispetta, o lo fa solo in parte, valori e comportamenti che in altre società si ritengono essenziali e irrinunciabili.
   Di questo non si rendono assolutamente conto i notabili politici. Non sanno che al di là del peso economico dell’Italia e del rispetto formale per un paese importante, vi sono striscianti e quasi tacite diffidenze, talvolta ironici giudizi. E questo è aggravato dal fatto che l’apparato partitico politico nostrano, per le sue stesse caratteristiche, esprime al vertice personaggi mediamente di caratura inferiore di quelle altrui, di taglio provinciale, di mediocre cultura, ma di grande presunzione, che, come succede in simili casi, nascondono con l’arroganza un celato senso di inferiorità nei rapporti esteri.
   In quasi tutte le democrazie, ma non da noi salvo rarissime eccezioni, vi è spesso una costruttiva rotazione di personalità tra la politica, l’industria, la finanza, l’università e ad ex ministri può essere offerta la presidenza di una grande azienda od il rettorato di una università e viceversa. Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli ad immaginare certi ministri nostrani ai vertici di tali enti.
   La politica, pur nell’alternarsi di maggioranze e minoranze, dovrebbe essere l’espressione di una nazione con la conseguenza che ogni nazione ha la politica che si merita. Ma se la politica è la gestione del potere da parte di una oligarchia partitica sostanzialmente inamovibile, non è più l’espressione del paese o lo è solo in parte.
   Si può, quindi, ragionevolmente affermare che i cittadini italiani sono migliori dei loro politici.
   Questa è la speranza.

Ettore Falconieri
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  Ettore Falconieri,
genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato «Il RITORNO DEI LUPI» (Lombardi), una novella filosofica e «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» (Archinto).
   «I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro»
(SeBook
ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti» focalizzandole sulle religioni.

 

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