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Chierici, Chierichetti e Tabù
di Ettore Falconieri        


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Ginevra, 6 Gennaio 2009 - n. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 -  27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87 - 88 - 89 - 90 - 91 - 92 - 93 - 94 - 95 - 96 - 97 - 98 - 99 - 100 - 101 - 102 - 103 - 104 - 105 - 106 - 107 - 108 - 109




Lettera
a Silvio Berlusconi

  Signor Presidente del Consiglio,
anche coloro che non la amano e non la stimano devono ammettere che Lei ha sempre ottenuto nella vita quello che si era prefissato. Come operatore immobiliare, come gestore di risparmi, come pioniere della televisione privata ed infine in politica. Ma molti cittadini italiani auspicherebbero che Lei si prefiggesse di raggiungere ancora un’altra meta: quella di diventare uno statista.
  Che è qualcosa di molto diverso dall’essere un leader politico, per quanto di successo egli sia.
  Abbiamo varie zone del paese di fatto in mano alla malavita, un crescente distacco dei cittadini dalla politica sequestrata dalle oligarchie partitiche che hanno tolto agli elettori anche la scelta dei candidati. Abbiamo una giustizia con inefficienze, ritardi e comportamenti inaccettabili, la più alta percentuale di economia in nero e la più alta evasione fiscale d’Europa (alcuni neo arrivati dell’est esclusi), nonchè un’etica comportamentale della società, oltre che della politica, di gran lunga al di sotto di quella di altre democrazie.
  Siamo tutti corresponsabili, come collettività, di queste avvilenti situazioni che non possono essere superate solo con le leggi, perché ci vuole una presa di coscienza generale dei cittadini, comunque la pensino politicamente.
  Cittadini che, singolarmente presi, vorrebbero certamente che il loro paese fosse migliore, ma che poi, nei loro comportamenti, si rassegnano alla routine dell’è sempre stato così, anche per una secolare diffidenza verso lo stato ed indifferenza alle sue leggi. Diffidenza e indifferenza che politici, politicanti e partiti del passato e del presente non contribuiscono ad attenuare.
  Ma una presa di coscienza generale dei cittadini può essere coagulata solo da un politico che si ponga al di sopra delle parti, che parli di valori, di comune interesse, di principi ineluttabili per una democrazia ordinata e responsabile.
  Di uno statista, cioè, che, oltre alla quotidianità politica con i normali anche aspri contrasti, sappia parlare a tutti i cittadini esortandoli a comportamenti più rispettosi di valori e leggi, a maggiore diligenza nei propri doveri verso lo stato che merita, magrado tutto, maggiore fiducia. Parlando al cuore oltre che alla mente, anche cercando di risvegliare un poco di orgoglio nazionale e stimolando i singoli cittadini a comportarsi, nei loro doveri verso la collettività e verso lo stato come, nella stragrande maggioranza, si comportano nei rapporti con altri singoli.
  Perché abbiamo la tendenza ad essere disonesti od anarcoidi solo nei nostri doveri di cittadini.
  Decenni fa, nel dopoguerra, due leader politici di ideologie contrapposte seppero indicare percorsi, creare entusiasmi, commuovere folle, con le loro visioni di società future.
  Lo si può fare anche oggi, ponendoci come meta un paese più civile e rispettoso, con lo stimolo di chi sente il dovere di assumersi la responsabilità di coagulare un consenso e suscitare emozioni per realizzarlo.
  E Lei, Signor Presidente del Consiglio, con la popolarità che in questo momento ha raggiunto, lo può. Anche considerando il fatto che il Presidente della Repubblica, forse con una visione troppo restrittiva dei suoi compiti, si limita a generiche esortazioni.
  Ma, per farlo, dovrebbe assurgere alla statura di uomo di stato, distaccandosi dalle spicciole polemiche quotidiane della politica, tenendosi alla larga da quel gallinaio politico mediatico che è divenuta la politica italiana e dal teatrino della politica da Lei a suo tempo irriso, ma del quale, vorrà scusarmi, mi pare che ora Lei ne sia un attore non secondario.
  Tacendo più spesso e parlando ogni tanto con messaggi che lasciano il segno, non ai suoi elettori od ai rivali politici, ma a tutti gli Italiani.
  Astenendosi dall’offendere chi non ha votato per la sua coalizione o tentando di ghettizzare sinistra politica o comunisti, veri o presunti tali, che, come tutti gli altri cittadini, desiderano un’ Italia migliore e vanno ascoltati.
  Lasciando ai suoi avvocati di parlare nelle sedi competenti e tacendo suoi suoi problemi giudiziari senza dare l’impressione di scendere in guerra contro la magistratura. Che va certamente riformata, che ha magistrati da mettere subito alla porta, ma anche se alcuni hanno fatto politica contro di lei, è un’organismo dello stato che, in quanto tale, va rispettato nel suo insieme e nel quale tantissimi magistrati si impegnano quotidianamente, con dedizione e serietà, nei loro doveri al servizio del paese.
  I politici non se ne rendono conto, ma è una triste realtà che essi si parlino ormai solo tra di loro in polemiche, bisticci e ripicche cui un giornalismo deteriore fa da grancassa. Basta scorrere ogni giorno i quotidiani od assistere a quelle trasmissioni televisive che si chiamano dibattiti con moderatore, ma che sono invece solo squallide sceneggiate che non fanno avanzare di un millimetro la comprensione da parte dei cittadini dei problemi del paese e delle proposte per risolverli.
  Bisogna parlare agli Italiani al di sopra delle divisioni politiche, Signor Presidente, per ridare slancio al progresso civile che è importante come quello economico, per toglierci l’etichetta di democrazia di serie B che non giova al prestigio internazionale dell’Italia.
  A proposito del quale mi permetto di aggiungere un timido e rispettoso auspicio: non sono da statista gesti, affermazioni e comportamente goliardici che, visti dall’interno, possono sembrare accettabili dimostrazioni di cordialità ed amicizia, ma che, in sede internazionale e giudicati da altri con mentalità differenti, non contribuiscono a migliorare l’immagine che si ha del nostro paese. Anzi.
  Ed un qual trionfalismo nostrano sul peso dell’Italia al di fuori dai confini naufraga miseramente sol che si scorra la stampa internazionale o sol che si tenda l’orecchio a quanto si mormora e pensa nelle cancellerie di paesi anche amici.
  Con la speranza, credo condivisa dalla grande maggioranza degli Italiani, che Lei si ponga quest’ultima meta della sua vita, al servizio di tutti i cittadini e con la certezza di passare alla storia, Le auguro buon lavoro.

   Ettore Falconieri
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Ettore Falconieri, genovese, operatore finanziario a Ginevra, ha collaborato in gioventù con Giovanni Ansaldo alla redazione de Il Mattino di Napoli.
Ha pubblicato Il RITORNO DEI LUPI (Lombardi), una novella filosofica e ABBASSO I CHIERICI - Arringa di un incolto per una filosofia di tutti (Archinto).
In I CHIERICI SIAMO NOI - Le religioni dovrebbero fare un passo indietro (SeBook ed Ex Libris - Simonelli Editore) Falconieri ritorna, sulle riflessioni già sviluppate nel precedente «ABBASSO I CHIERICI».

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