Giornalisti birichini
Sul sito dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti sono menzionati ben venti premi giornalistici nei soli primi tre mesi del 2011, per cui si può dedurre che in tutto l’anno ve ne saranno molti di più. I giornalisti italiani sono la categoria professionale più premiata d’Italia e d’Europa. Ma, forse, più che premiata, si può dire autopremiata, perchè in buona parte dei premi le giurie sono formate prevalentemente da giornalisti. Che si premiano a vicenda. Ora sono giurato e premio te, domani sarai giurato tu e premierai me. E la fausta notizia sarà data, naturalmente con gioioso rilievo, sui giornali dell’uno, dell’altro e, talvolta, di tutti gli altri.
Questo desiderio di elogio sarà forse nel Dna del giornalismo nostrano, Dna che è, talvolta, prorompente, come quello di un direttore di un giornale colorato che, recentemente, ha fatto scrivere da un suo collaboratore un articolo di elogio per sestesso per un suo intervento ad una certa manifestazione.
Ed è lecito immaginare che la pergamena, la coppa o qualsivoglia altro attestato del premio ricevuto faccia bella presenza di sè nell’ufficio del diretto interessato. Ma non è peregrino pensare che forse i premiati, più che pergamene, coppe od attestati che non si possono portare a spasso preferirebbero dei nastrini variopinti da apporre sul lato sinistro della giacca per poterli esibire, in continuazione, con orgoglio. Come fanno certi generalissimi o dittatori contemporanei che esibescono, tronfi, centimetrate di nastrini che rappresentano decorazioni autoelargite o conferitie da famigli del loro giro di potere.
D’altronde tali debolezze sono umanamente comprensibili. Mancando da queste parti un prestigioso premio come il Pulitzer, bisogna per forza accontentarsi di quanto passa l’italico convento giornalistico.
Anche se alcuni, oltremodo maligni, sostengono che, se pur esistesse un Pulitzer nostrano, non vi sarebbero giornalisti all’altezza di vincerlo nè di essere inclusi nella rosa dei candidati.
Naturalmente, senza averne colpa. Perchè sono stati formati e sono vissuti in un giornalismo provinciale abbastanza orgoglioso di sè. Giornalismo provinciale anche perchè cita con ossequio, quasi fossero oracoli assoluti, quanto dicono del Bel Paese e delle sue vicende alcuni prestigiosi giornali stranieri letti in buona parte del mondo. Con preferenza per i giornali anglosassoni perchè un poco di inglese lo biascicano tutti e trascurando di citare giornali, pur prestigiosi, di altre lingue, anche se molti lettori vorrebbero pur sapere cosa pensano di noi, per esempio, quelli tedeschi.
D’altronde , il giornalismo nostrano è anche il risultato dei giornali in cui operano. Giornali nelle cui proprietà non vi è nessun editore puro, ma solo padroni , più o meno potenti, che sanno molto bene cosa vogliono da un foglio che è costato spesso molti soldi. Così, chi vi scrive deve praticare, su certi argomenti, l’autocensura compensata, tuttavia, da stipendi che si dice siano molto interessanti. Si dice, perchè leggiamo sui giornali, come è giusto, gli stipendi di quasi tutti, dai grandi mangers agli alti funzionari pubblici, ma mai quelli di coloro che quei giornali dirigono o vi scrivono.
Ed alla soddisfazione di avere lauti stipendi si aggiunge anche una quale impunità. Come quella di poter calunniare e rovinare per sempre la vita di persone oneste con notizie non verificate sbattute in prima pagina, talvolta con la complicità di magistrati. Senza mai ritrattarle con pari rilevanza quando risulta che la persona calunniata ed umiliata nulla aveva a che fare con i sospetti e le accuse sbandierate.
E su questo argomento si può dire, senza pericolo di venire smentiti, che se come per incanto, vigessero l’etica e la deontologia professionale di altri giornalismi prendendo i provvedimenti del caso, le redazioni si spopolerebbero ed i proprietari di giornali dovrebbero commissionare articoli oltre frontiera.
Ettore Falconieri
Prima di essere Editore sono e rimango un Giornalista Professionista il quale eticamente, da sempre, ritiene che svolgere questa professione vuol dire non essere MAI legato al carro economico e politico di chicchessia ma occorrono qualità come Assoluta Indipendenza; Onestà Intellettuale; Curiosità; Essere Innanzitutto e sempre Cronista; Buona qualità di scrittura e, in una società multimediale, capacità di parlare con proprietà di linguaggio. La passione per l'editoria ed il progetto legato agli eBook sui quali ho cominciato a lavorare fin dal 1997 (lo sottolineo per gli ultimi arrivati che mal digeriscono che oggettivamente ci sia stato in Italia chi ha cominciato ad operare in questo ambito molto prima di loro e continui ad essere molto più avanti di loro che sono ancora rozzamente legati al concetto di libri elettronici copia digitale di libri già pubblicati...) non mi ha fatto dimenticare il giornalismo che avrei potuto praticare e praticherei molto più assiduamente di quanto possa se dipendesse solo da me. La dice lunga questo episodio. Quattro o cinque anni fa, a mia insaputa, il mega direttore di una grande agenzia di stampa che mi stima chiese al megadirettore di un grande quotidiano italiano perché non mi offrisse la opportunità di collaborare alla sua prestigiosa testata. La risposta fu la seguente: "Mah...sai...romperebbe certi equilibri...". Questo è il prezzo dell'indipendenza.
Luciano Simonelli
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